«Tieni.» Il Marchese le allungo un fazzoletto.

«Grazie.» Si asciugo il viso e si soffio energicamente il naso. Poi si mise a fissare il vuoto. Alla fine, disse, «Islington.»

«Non ho mai avuto niente a che fare con Islington» disse il Marchese.

«Pensavo fosse solo una leggenda» commento Porta.

«No di certo.»

Il Marchese si allungo sulla scrivania per prendere l’orologio d’oro da taschino e lo apri. «Ottima lavorazione» commento.

Lei annui. «Era di mio padre.»

Richiuse il coperchio con un click. «E ora di andare al mercato. Comincia presto. Il Signor Tempo non ci e amico.»

Lei si soffio di nuovo il naso, quindi affondo le mani nelle tasche della giacca di pelle. Poi si volse verso di lui, il faccino da elfo accigliato, gli occhi dallo strano colore e luminosissimi. «Sei davvero convinto che possiamo trovare una guardia del corpo in grado di affrontare Croup e Vandemar?»

Il Marchese le indirizzo uno sfolgorio di denti. «Dopo Hunter non c’e piu stato nessuno con la benche minima possibilita. No, cerchero qualcuno che possa darti il tempo di scappare.»

Assicuro la catena dell’orologio al panciotto, lasciando scivolare l’orologio nell’apposito taschino.

«Cosa stai facendo?» chiese Porta. «Quello e l’orologio di mio padre.»

«Ma non lo usa piu, vero? Ecco fatto. Piuttosto elegante, direi.» Osservo le emozioni alternarsi sul viso di lei: dolore, rabbia, rassegnazione.

«Andiamo» disse la ragazza.

«Il Ponte della Notte non e molto lontano da qui» disse Anestesia.

Richard si auguro che fosse vero. Erano alla terza candela, e si stupiva che fossero ancora sotto Londra: era pressoche convinto di aver percorso quasi tutta la strada per la Fine del Mondo.

«Ho proprio paura» continuo lei. «Non ho mai attraversato il ponte.»

«Mi pareva avessi detto che c’eri gia stata al mercato.»

«E il Mercato Fluttuante, sciocco. Te l’ho gia detto. Si sposta. Zone diverse. L’ultimo a cui sono andata si teneva in quella grande torre con le campane. Il Big… qualcosa. E quello dopo era…»

«Il Big Ben?»

«Forse. Eravamo all’interno dove girano tutte quelle ruote enormi, ed e stato li che ho preso questo…»

Gli mostro la collana. Alla luce della candela i quarzi luccicanti mandarono bagliori giallastri. Lei sorrise, come una bambina.

«Ti piace?» chiese.

«E bellissima. L’hai pagata molto?»

«Ho dato della roba in cambio. E cosi che funzionano le cose qui sotto. Ci scambiamo la roba.»

Poi svoltarono un angolo e videro il ponte.

Avrebbe potuto essere uno dei ponti sul Tamigi, penso Richard; un enorme ponte di pietra che si estende sopra un baratro, nella notte. Ma non c’era cielo sopra quel ponte, e non c’era acqua sotto.

Si innalzava nell’oscurita.

Richard si chiese chi l’avesse costruito e quando. Si chiese come era possibile che qualcosa del genere potesse esistere sotto la citta di Londra, senza che nessuno lo sapesse.

Alle spalle di Richard si udi un brusio di voci.

Qualcuno gli diede uno spintone mandandolo lungo e disteso per terra. Alzo gli occhi. Un uomo gigantesco, rozzamente tatuato, vestito con abiti improvvisati di pelle e di gomma, che parevano ritagliati da un interno di automobile, lo osservava dall’alto in basso. Dietro a lui c’erano dozzine di persone, uomini e donne: persone che parevano dirette a una festa mascherata con costumi di infima qualita presi a nolo.

«Qualcuno» disse Varney, che non era dell’umore migliore, «mi stava tra i piedi. Qualcuno farebbe bene a guardare dove va.»

Una volta, da piccolo, mentre tornava da scuola, Richard aveva incontrato un ratto in un fosso a lato della strada. Vedendolo, il ratto si era sollevato sulle zampe posteriori, soffiando e saltando, e spaventando a morte Richard, che aveva indietreggiato, stupito che un essere cosi piccolo fosse pronto a lottare contro qualcosa tanto piu grande.

Anestesia si mise in mezzo, tra Richard e Varney. Lancio un’occhiata furiosa al gigante e comincio a sibilare come un ratto arrabbiato messo alle strette. Varney fece un passo indietro.

Sputo sulle scarpe di Richard, dopo di che giro sui tacchi e il manipolo di persone si diresse sul ponte e nel buio.

«Tutto a posto?» chiese Anestesia, aiutando Richard a rimettersi in piedi.

«Sto bene» rispose. «Sei stata coraggiosissima.»

Lei guardo in basso, con aria timida. «Non sono davvero coraggiosa» disse. «Ho ancora paura del ponte. Anche quelli avevano paura. Ecco perche sono andati tutti insieme. L’unione fa la forza. Dei veri bulli!»

«Se dovete attraversare il ponte, vengo con voi» disse una voce femminile.

Richard non riusci mai a capire che accento avesse. In quel momento penso fosse canadese o americano. In seguito ritenne che potesse essere africano, australiano o persino indiano. Non riusci mai a individuarlo.

Era una donna alta, con lunghi capelli color bruno fulvo e la pelle scura, come lo zucchero caramellato. Indossava indumenti di pelle chiazzata, grigia e marrone. Sulla spalla portava una sacca da viaggio in pelle alquanto vissuta.

Teneva in mano un bastone, aveva un pugnale alla cintura e una torcia elettrica legata al polso con una cinghia.

Era, senza alcun dubbio, la donna piu bella che Richard avesse mai visto.

«L’unione fa la forza. Se desidera venire con noi, e la benvenuta» disse, dopo un istante di esitazione. «Mi chiamo Richard Mayhew, e questa e Anestesia. E quella di noi che sa cosa sta facendo.»

La ragazza-ratto gongolava.

La donna vestita di pelle lo osservo dalla testa ai piedi. «Vieni da Londra Sopra» gli disse.

«Si.»

«E vai in giro con una parla-coi-ratti. Perbacco!»

«Sono il suo guardiano» disse Anestesia con aria feroce. «E tu chi sei? A quale signore devi fedelta?»

La donna sorrise. «Non devo fedelta a nessun uomo, ragazza-ratto. Qualcuno di voi due ha gia attraversato il Night’s Bridge, il temibile Ponte della Notte?»

Anestesia scosse il capo.

«Bene. Allora ci divertiremo, giusto?»

Procedettero verso il ponte.

Anestesia diede a Richard la lampada-candela. «Tieni» disse.

«Grazie.» Richard guardo la donna vestita di pelle. «C’e davvero qualcosa da temere? Cosa c’e sul Knightsbridge, o Night’s Bridge che sia cosi pericoloso?»

«Solo quello che hai detto.»

«Intendi un tipo in armatura?»

«Intendo quel tipo di armatura che cala quando finisce il giorno. Questo c’e da temere.»

La mano di Anestesia ando in cerca di quella di Richard, che la afferro con forza, una piccola mano in una piu grande. Lei gli sorrise e ricambio la stretta.

Quindi misero piede sul ponte, e Richard inizio a comprendere il buio: il buio come qualcosa di solido e reale.

Richard sentiva che gli sfiorava la pelle, cercando, spostandosi, esplorando: gli scorreva nella mente. Poi gli scivolo nei polmoni, dietro gli occhi, in bocca…

A ogni passo la luce della candela diventava piu fioca. Si accorse che la stessa cosa stava accadendo anche alla torcia della donna vestita di pelle.

Buio, totale e assoluto.

Rumori. Un fruscio, un movimento inconsulto. Richard sbatte le palpebre, accecato dalla notte.

I suoni erano sempre piu cattivi, piu affamati. A Richard parve di udire delle voci: un’orda di giganteschi troll deformi, sotto il ponte…

Qualcosa nell’oscurita scivolo accanto a loro e li supero.

«Cos’e?» squitti Anestesia. La piccola mano tremava in quella piu grande.

«Shh!» sussurro la donna. «Non attirare la sua attenzione.»

«Che succede?» bisbiglio Richard.

«Il buio» spiego con calma la donna vestita di pelle. «Tutti gli incubi che emergono al calare del sole, fin dai tempi delle caverne, quando ci si rannicchiava gli uni accanto agli altri alla ricerca di calore e sicurezza. Questo e il momento di avere paura dell’oscurita.»

Richard si rese conto che qualcosa gli stava strisciando sul viso. Chiuse gli occhi: tanto non faceva alcuna differenza rispetto a cio che vedeva o sentiva. La notte era assoluta.

E fu allora che cominciarono le allucinazioni.

Vide una figura cadere verso di lui nella notte, in fiamme, le ali e i capelli che andavano a fuoco.

Sollevo le mani: li non c’era nulla.

Jessica lo guardo, il disprezzo negli occhi.

Avrebbe voluto gridarle qualcosa, dirle che gli dispiaceva.

Metti un piede dopo l’altro.

Era un bambino, piccolo, che tornava a casa da scuola, di notte, lungo una strada senza lampioni. Non importava quante volte l’avesse fatto, non diventava mai piu facile, mai piu piacevole.

Era in fondo alla fognatura, perso in un labirinto. La Bestia lo stava aspettando.

Poteva sentire un lento sgocciolio d’acqua. Sapeva che la Bestia aspettava. Afferro saldamente la lancia… Poi un rombo, dal profondo della gola della Bestia, da dietro di lui. Si volto. Con lentezza, con angosciante, terribile lentezza, l’animale carico, nell’oscurita.

E carico.

Mentre lui moriva. Continuo a camminare.

Con lentezza, con angosciante, terribile lentezza, l’animale carico, ancora e ancora, nell’oscurita…

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