Fleming, cosi pensava Geers, era l’elemento piu dubbio dell’intero gruppo, e vennero date a Judy istruzioni ben precise di sorvegliarlo. Non avevano quasi mai parlato, dalla primavera precedente. Lui aveva fatto a malincuore uno sgarbato tentativo di scusarsi, ma lei aveva tagliato corto e da allora quando si incontravano alla base si ignoravano reciprocamente. Almeno, si diceva Judy, non lo aveva spiato: il fatto che lui si fosse staccato dall’esperimento della Dawnay al quale lei era stata assegnata dopo la morte di Bridger, significava che lui non era la sua principale occupazione. Qualsiasi rimorso di coscienza sentisse per il passato, era nascosto dall’anestetico di un’indifferente apatia, ma adesso era diverso. Prendendo il coraggio a due mani, ando a cercarlo nella sala del calcolatore, sentendosi le gambe stranamente fiacche. Gli passo la lettera di istruzioni che le era arrivata.

«Ti spiacerebbe leggerla?» disse senza preamboli.

Fleming vi getto uno sguardo e gliela riconsegno. «E su carta intestata del Ministero della Difesa: leggila tu. Sono pignolo riguardo a quello che tocco.»

«Sono preoccupati per la sicurezza della nuova creatura,» spiego Judy rigidamente, ritirandosi di fronte all’attacco di lui. Fleming rise.

«Ti diverte?» gli chiese. «Ne saro io responsabile.»

«E chi sara responsabile di te?»

«John!» Il viso di Judy si imporporo: «Dobbiamo sempre stare con i fucili puntati?»

«Pare di si, vero?» disse in un tono a meta tra comprensione e indifferenza. «Ho paura di non andare pazzo per la tua preziosa creatura.»

«Non e mia. Io non faccio altro che il mio dovere. Non ti sono nemica.»

«No. Sei proprio il tipo che si lascia trascinare dalle situazioni.» Fece scorrere lo sguardo per il locale, disperato. «Oh, finalmente l’ho detta!»

Judy fece un ultimo tentativo per avvicinarglisi. «Sembra che siano passati dei secoli da quando ce ne andavamo in barca a vela.»

«Sono passati davvero dei secoli.»

«Siamo ancora gli stessi.»

«In un mondo diverso.» Si mosse come se se ne volesse andare.

«E ancora lo stesso mondo, John.»

«E va bene, diglielo, a quelli.»

Passo Hunter. «La stiamo tirando fuori.»

«Chi?» Fleming distolse con sollievo lo sguardo da Judy.

«La ragazzina… Fuori dalla sua tenda a ossigeno.»

«Possiamo venire anche noi?» chiese Judy.

«Questa e un’occasione speciale: una festa d’inaugurazione.» Hunter le rivolse un sorriso stereotipato e allusivo. Poi entro nell’altra stanza. Fleming lo guardo con amarezza.

«In ogni pacchetto, omaggio di mostri viventi, grandezza naturale.»

Judy si sorprese a ridacchiare. Sentiva che d’improvviso si erano riavvicinati di chilometri.

«Detesto quell’uomo, e cosi adulatore.»

«Spero che la uccida,» disse Fleming. «Forse come medico vale abbastanza poco.»

Passarono insieme nel laboratorio. Hunter, sorvegliato dalla Dawnay, stava dando istruzioni per l’apertura della parte inferiore della tenda a ossigeno. Sotto la tenda c’era una stretta lettiga, che due assistenti spinsero fuori delicatamente. Tutti gli altri si disposero in cerchio mentre il lettino scivolava fuori con la creatura, la fanciulla ormai adulta, su di esso: prima i piedi, coperti da un lenzuolo, poi il corpo, pure coperto. Giaceva supina, e quando il suo volto venne scoperto, Judy rimase senza fiato. Era un volto forte e bello, dagli alti zigomi e dai larghi lineamenti baltici. I suoi capelli, lunghi e chiari, erano sparsi sul cuscino, gli occhi chiusi, e respirava placidamente come se dormisse. Sembrava un’edizione bionda e purificata di Christine.

«E Christine!» sussurro Judy. «Christine!»

«Non puo essere,» disse Hunter bruscamente.

«C’e una rassomiglianza superficiale,» ammise la Dawnay.

Hunter l’interruppe. «Abbiamo fatto un’autopsia sull’altra ragazza. Inoltre, quella era bruna.»

Judy si rivolse a Fleming.

«Ma che scherzo e?»

Fleming scosse il capo. «Non lasciatevi ingannare. Non lasciate che inganni nessuno di voi. Christine e morta. Christine era solo uno schema.»

Per un momento nessuno parlo; la Dawnay prese il polso della ragazza e si chino a guardarla in viso. Gli occhi della ragazza si aprirono, guardarono vacuamente il soffitto.

«Che vuoi dire?» chiese Judy. Le sembrava di rivedere Christine, morta, eppure quella creatura aveva qualcosa di simile a lei, viva.

«Voglio dire,» spiego Fleming, come se rispondesse a tutti loro, «che la macchina ha preso un essere umano e ne ha fatto una copia. Si e solo sbagliata nel registrare alcune cose, il colore dei capelli, per esempio ma, in linea di massima, ha fatto un buon lavoro. Si puo tradurre in cifre l’anatomia umana. Ed e quanto ha fatto; e poi si e servita di noi per ritradurle.»

Hunter guardo la Dawnay e accenno agli assistenti di portare la lettiga in un’ala adiacente.

«Ad ogni modo, ci ha dato quello che volevamo,» disse la Dawnay.

«Davvero? E il cervello che conta, il corpo non ha importanza. Non ha creato un essere umano… Ma una creatura straniera che sembra un essere umano.»

«Il dottor Geers ci ha detto la sua teoria.» Hunter si allontano per assistere al risveglio della ragazza. La Dawnay esito un attimo prima di seguirli.

«Puo essere che lei abbia ragione,» ammise, «e in tal caso sara ancora piu interessante.»

Fleming si controllava con sforzo visibile. «Cosa intendete farne?»

«La educheremo.»

Fleming si volse e usci dal laboratorio, per tornare alla sala del calcolatore; Judy lo seguiva.

«Ma cosa c’e di male?» chiese Judy. «Chiunque altro…»

Si volse verso di lei. «Ogni volta che un’intelligenza superiore ne incontra una inferiore, la distrugge. Ecco cosa c’e di male. Gli uomini dell’eta del ferro hanno eliminato quelli dell’eta della pietra; i Visipallidi hanno sterminato gli Indiani. E cosa accadde di Cartagine quando i Romani decisero di farla finita?»

«Ma e male, questo, a lungo andare?»

«E male per noi.»

«E perche questa creatura dovrebbe?…»

«I forti sono sempre spietati con i deboli.»

Judy gli poso timidamente una mano sul braccio. «Allora i deboli farebbero bene a unirsi.»

«Avresti dovuto pensarci prima,» rispose lui.

Judy penso che era meglio non insistere; torno alla sua vita lasciandolo alle sue preoccupazioni e ai suoi dubbi.

Quell’anno non si ebbe una primavera precoce. Il cupo grigiore continuo per tutto aprile, intonandosi agli umori neri della base. A parte l’esperimento della Dawnay, non c’era nulla che andasse dritto. Il personale permanente di Geers e la squadra per lo studio dei missili lavoravano indefessamente, senza alcun risultato apprezzabile: non c’erano mai stati tanti lanci di prova come allora, ma non ne venne fuori nulla di soddisfacente. Dopo ogni tentativo fallito le nuvole dell’Atlantico tornavano a gravare sul promontorio, a mostrare che nulla sarebbe mai migliorato.

Solo la fanciulla fioriva come una pianta esotica in una serra. Un’ala del laboratorio della Dawnay venne attrezzata a nursery, con un appartamento per la ragazza. Qui si occupavano di lei e la preparavano per la sua parte, come la principessa di una fiaba. La chiamarono Andromeda, dal nome del suo luogo di origine, e le insegnarono a mangiare, a bere, a star seduta eretta e a muoversi. In principio era piuttosto lenta a imparare come usare il suo corpo: come diceva la Dawnay il suo sviluppo fisico non era come nei bambini normali. Ma fu presto evidente che poteva apprendere a una velocita prodigiosa. Non era mai necessario ripeterle due volte la stessa cosa: una volta comprese le possibilita di qualcosa, le padroneggiava senza esitazione e senza sforzo.

Fu lo stesso per quel che riguardava il parlare. All’inizio sembrava che non ne sapesse assolutamente nulla: non aveva mai pianto, come fanno i bambini, e bisogno insegnarle a parlare come a un bambino sordo,

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