Invasori. Cosi, ne siete usciti vivi.
Il Macellaio si spinse in avanti e prese il microfono. — Il Macellaio e vivo, capo.
— Certe persone hanno tutte le fortune. Capitano Wong, mi aspetto che scriviate un’elegia per me.
— Jebel? — chiese lei sedendosi al fianco del Macellaio. — Siamo diretti al Quartier Generale dell’Alleanza. Torneremo con i soccorsi.
— Quando vorrete, capitano. Per ora siamo soltanto un pochino stretti.
— Stiamo partendo adesso.
Ottone era gia uscito.
— Lumaca, tutti i ragazzi stanno bene?
— Tutti presenti e pronti alle manovre. Capitano, voi non avete dato nessun permesso per portare a bordo dei fuochi d’artificio, vero?
— No, che mi ricordi.
— Era quello che volevo sapere. Ratt, vieni qui…
Rydra scoppio a ridere. — Navigazione?
— Pronti in ogni momento — rispose Ron. In sottofondo si udiva la voce di Mollya: — Nilitaka kulula, nilale milele…
— Mollya ci sta insegnando una poesia in Swahili, — spiego Ron.
— Oh. Sensorio?
—
— Diro a Lumaca di mandare giu un ragazzo con una scopa. Sei collegato, Ottone?
— Tutto okay, ca’itano.
I generatori di stasi furono accesi e lei si distese sullo strapuntino della poltrona. Dentro di lei, qualcosa si rilasso lentamente. — Non credevo che ce l’avremmo fatta ad uscirne. — Si giro verso il Macellaio, che sedeva sull’orlo del suo sedile e la stava fissando. — Sono nervosa come un gatto. E non mi sento troppo bene. Oh, diavolo, sta cominciando… — Con il senso di rilassatezza anche quell’oscuro malore che aveva tenuto indietro fino ad allora stava avanzando nella sua mente. E si arrampicava in tutto il suo corpo. — Tutta questa storia mi fa sentire come se stessi cadendo a pezzi. E come quando dubiti di ogni cosa, non credi piu alle tue sensazioni, e incominci a pensare che tu non sei piu tu… — Il respiro le si strozzo in gola.
— Io sono — disse lui dolcemente — e tu sei.
— Non lasciare mai che io ne dubiti, Macellaio. Ma c’e una spia fra il mio equipaggio. Te lo avevo detto, non e vero? Forse e Ottone e ora ci sta portando direttamente in un’altra nova! — Accompagnata dalla stanchezza saliva una bolla di isterismo. La bolla scoppio, e lei strappo la bottiglia dalle mani del Macellaio. — Non berlo! D- D-Diavalo potrebbe avvelenarci! — Si alzo incerta sulle gambe. C’era una nebbia rossa che avvolgeva ogni cosa. — …oppure uno dei m-m-morti. Come… come posso c-c-combattere un fantasma? — Poi la paura le colpi lo stomaco, e lei arretro come sotto un pugno. Con la paura venne il dolore. … per uccidere… uccidere
Lui le aveva detto, «Se ti troverai mai in pericolo… allora entra pure nella mia mente e guarda cosa contiene. Usa qualsiasi cosa contiene. Usa qualsiasi cosa ti serva».
Una immagine nella sua mente senza nessuna parola: una volta si era trovata, con Muels e Fobo, invischiata in una rissa. Qualcuno l’aveva colpita con un pugno alla mascella e lei aveva barcollato all’indietro, senza ancora perdere i sensi, ed era stato come se qualcuno avesse tolto lo specchio da dietro il banco del bar e glielo avesse posto di fronte. Il suo stesso viso terrificato si era avvicinato a lei, si era infranto contro la sua mano spalancata. E mentre lei fissava il volto del Macellaio attraverso il dolore e la paura e Babel-17, tutto successe come quella volta…
PARTE QUARTA
Il Macellaio
1
— Siamo a’’ena usciti dalla Fessura, ca’itano. Voi due siete gia sbronzi?
La voce di Rydra: — No.
— Come volete. Comunque state bene, vero?
La voce di Rydra: — Il cervello bene. Il corpo bene.
— Uh? Ehi, Macellaio, ha avuto un altro di quei suoi malori?
La voce del Macellaio: — No.
— Non mi sembrate molto allegri. Devo mandare giu Lumaca a darvi un’occhiata?
La voce del Macellaio: — No.
— Va bene. Ora la navigazione e ’iu facile, e ’osso abbreviare il viaggio di un ’aio d’ore. Cosa ne dite?
La voce del Macellaio: — Cosa c’e da dire?
— ’rovate con “grazie”. Non fa mai male.
La voce di Rydra: — Grazie.
— Meglio di niente, immagino. Vi lascero in ’ace.
Ehi, scusate se ho interrotto qualcosa.
2
“Macellaio, non lo sapevo! Non potevo saperlo”
E nell’eco le loro menti si fusero in un solo grido: Non potevo saperlo… non potevo. Questa luce…
“L’ho detto a Ottone, gli ho detto che tu parlavi una lingua priva della parola
Sinapsi concordanti vibrarono leggere finche le immagini non si incastrarono, e creando da se stessa quelle immagini Rydra lo vide…
… nel minuscolo cubicolo di isolamento su Titin, lui stava tracciando con lo sperone una mappa sulla vernice verde della parete, ingombra delle oscenita graffite da sue secoli di prigionieri; era una mappa che le guardie avrebbero seguito dopo la sua fuga, e che le avrebbe portate nella direzione sbagliata. Lei lo vide misurare per tre mesi quella gabbia di un metro e venti di lato, finche il suo corpo robusto non fu ridotto a pesare una cinquantina di chili e crollo sotto i morsi del digiuno.
Su una tripla fune di parole lei risali dal pozzo: digiuno, fuga, puntata; crollare, correre, incassare; morsi, mutamento, azzardo.
Lui incasso le sue vincite alla cassa e si avvio sopra la folta moquette rossastra verso l’uscita della casa da gioco, quando il croupier negro gli si paro davanti, sorridendo con gli occhi puntati sulla valigetta piena di banconote. — Non vorreste sfidare ancora la sorte, signore? Con qualcosa di piu adatto a un giocatore della vostra abilita? — Fu accompagnato dinanzi a una splendida scacchiera tridimensionale con le pedine in ceramica smaltata. — Giocherete contro il computer della casa. Ogni pezzo perduto vi costera mille crediti. Ogni pezzo vinto vi fara guadagnare la stessa cifra. Per ogni scacco inferto o subito, la vincita o la perdita sara di cinquecento crediti. Lo scacco matto portera al vincitore cento volte la posta ancora in gioco sulla scacchiera. — Era una partita preparata apposta per ingoiare le sue vincite esorbitanti, perche lui aveva appunto vinto cifre esorbitanti. Ora vado a portare a casa questi soldi — lui disse al croupier. Il croupier sorrise e disse: — La casa insiste perche voi giochiate. — Rydra osservo, affascinata, mentre il Macellaio scrollava le spalle, si voltava verso la scacchiera… e
