Si stava fissando le mani, voltava da una parte e dall’altra un foglio di carta, come se sperasse di trovarvi qualcosa che non vi era stato prima. «Mi dispiace, Charlie.»
«Ma dove andro?»
Ha alzato gli occhi e mi ha sbirciato per la prima volta da quando ero entrato in quel cubicolo di ufficio. «Sai bene quanto me che non hai piu
«Signor Donner, non ho mai lavorato in nessun altro posto.»
«Affrontiamo la realta. Tu non sei piu il Charlie che venne qui diciassette anni fa… non sei neppure lo stesso Charlie di quattro mesi fa. Non hai parlato della faccenda. E affar tuo. Forse si tratta di una specie di miracolo… chi lo sa? Ma ti sei trasformato in un giovane intelligentissimo. E far funzionare l’impastatrice e consegnare pacchi non e lavoro per un giovane molto intelligente.»
Aveva ragione, naturalmente, eppure qualcosa dentro di me voleva convincerlo a cambiare idea.
«Lei deve lasciarmi restare, signor Donner. Mi dia un’altra opportunita. Ha detto lei stesso di aver promesso allo zio Herman che avrei avuto lavoro qui fino a quando ne avessi avuto bisogno. Bene, ne ho ancora bisogno, signor Donner.»
«No, non e vero, Charlie. Se fosse cosi, allora direi agli altri che non m’importa un corno delle loro delegazioni e petizioni e mi batterei per te contro tutti. Ma cosi come stanno le cose adesso, hanno tutti una paura da morire di te. Io devo pensare anche alla mia famiglia.»
«E se cambiassero idea? Mi permetta di convincerli.» Gli stavo rendendo la cosa piu difficile di quanto si fosse aspettato. Sapevo che avrei dovuto tacere ma non riuscivo a dominarmi. «Faro loro capire come stanno le cose», ho supplicato.
«E va bene», egli ha sospirato infine. «Fa’ pure, prova. Ma riuscirai soltanto a fare del male a te stesso.»
Mentre uscivo dal suo ufficio, Frank Reilly e Joe Carp mi sono passati accanto, e io ho capito che quanto Donner mi aveva detto era vero. Avermi tra i piedi a osservarli era troppo per loro. Li mettevo tutti a disagio.
Frank aveva appena sollevato un vassoio di panini e tanto lui quanto Joe si sono voltati quando li ho chiamati. «Senti, Charlie, ho da fare. Magari piu tardi…»
«No», ho insistito. «Ora… subito. Mi avete evitato tutti e due. Perche?»
Frank, il piu loquace, il conquistatore di donne, quello che sa sempre arrangiarsi, mi ha studiato per un momento, poi ha posato il vassoio sulla tavola. «Perche? Te lo dico io perche. Perche tutto a un tratto sei diventato un pezzo grosso, un so-tutto-io, un cervellone! Ormai sei un vero e proprio genio, un intellettuale. Sempre con un libro… sempre con tutte le risposte pronte. Be’, ti diro io una cosa. Credi di essere migliore di tutti noi qui dentro, eh? Okay, allora vattene in qualche altro posto.»
«Ma che cosa vi ho fatto?»
«Che cosa ci ha fatto? Lo hai sentito. Joe? Te lo dico io che cosa ci hai fatto, caro il mio
«Sicuro.» Joe ha annuito, voltandosi per sottolineare la cosa con Gimpy ch’era appena sopraggiunto alle sue spalle.
«Non vi chiedo di essermi amici», ho detto io. «ne di avere qualcosa a che fare con me. Lasciate soltanto che conservi il posto. Il signor Donner dice che dipende da voi».
Gimpy mi ha fissato con ira, poi ha scosso la testa disgustato. «Hai una bella faccia tosta», si e messo a urlare. «Puoi andare all’inferno!» Poi mi ha voltato le spalle e se n’e andato zoppicando piu del solito.
Ed e finita cosi. Quasi tutti loro la pensavano come Joe e Frank e Gimpy. Tutto era andato bene finche avevano potuto ridere di me e apparire scaltri a mie spese, ma ora si sentivano inferiori all’idiota. Ho cominciato a capire che con i miei stupefacenti progressi li avevo sminuiti, ponendone in risalto le incapacita. Li avevo traditi e mi odiavano per questo.
Fanny Birden era la sola a non pensare che si sarebbe dovuto costringermi ad andarmene, e nonostante le pressioni esercitate su di lei e le minacce non aveva firmato la petizione.
«Il che non significa», mi ha fatto osservare, «ch’io non pensi che in te c’e qualcosa di molto strano, Charlie. Quanto sei cambiato! Io non so… eri un brav’uomo fidato… un tipo comune, non troppo sveglio, magari, ma onesto… e chissa che cosa hai combinato per diventare cosi intelligente tutto a un tratto. Come dicono tutti, non e giusto».
«Ma che cosa c’e di male se una persona vuole diventare piu intelligente, istruirsi e capire se stessa e il mondo?»
«Se avessi letto la Bibbia, Charlie, sapresti che non e bene per l’uomo sapere piu di quanto gli e stato concesso dal Signore, in primo luogo. Il frutto di quell’albero fu proibito all’uomo. Charlie, se hai fatto qualcosa che non avresti dovuto… sai, un patto con il demonio o che so io… forse non e ancora troppo tardi per pentirtene. Forse potresti tornare ad essere l’uomo buono e semplice che eri un tempo.»
«Non si puo tornare indietro, Fanny. Non ho fatto niente di male. Sono come un uomo nato cieco al quale sia stata data la possibilita di vedere la luce. Questo non puo essere un peccato. Presto ci saranno milioni di uomini come me in tutto il mondo. La scienza puo compiere questo miracolo, Fanny.»
Lei ha fissato la sposa e lo sposo sulla torta nuziale che stava decorando e io ho veduto le sue labbra muoversi appena mentre bisbigliava: «Fu male quando Adamo ed Eva mangiarono il pomo dell’
Non rimaneva piu nulla da dire, ne a lei ne a tutti gli altri. Nessuno di loro voleva guardarmi negli occhi. Ne sento ancora l’ostilita. Prima avevano riso di me, disprezzandomi per la mia ignoranza e la mia ottusita; ora mi odiavano per la mia cultura e la mia capacita di capire. Perche? Che cosa volevano da me, in nome di Dio?
L’intelligenza ha conficcato un cuneo tra me e tutti coloro che conoscevo e amavo e mi ha scacciato dalla panetteria. Ora sono piu solo di prima. Mi domando che cosa accadrebbe se rimettessero Algernon nella grande gabbia insieme ad alcuni altri topi. Gli si rivolterebbero contro?
«Sta piovendo. Meglio per i fiori.»
«Su, entra. Aspetta che vado a prenderti un asciugamano. Ti buscherai la polmonite.»
«Lei e la sola con la quale possa parlare», ho detto. «Mi lasci rimanere qui.»
«Ho appena fatto il caffe, e sulla cucina economica. Continua ad asciugarti e poi parleremo.»
Mi sono guardato intorno mentre Alice andava a prendere il caffe. Era la prima volta che mi trovavo in casa sua; ho provato una sensazione di piacere, ma nella stanza c’era qualcosa che mi turbava.
Tutto era in ordine. Le statuine di porcellana si allineavano geometricamente sul davanzale della finestra, tutte voltate dalla stessa parte. E i cuscini sul divano non erano disposti affatto a casaccio, ma intervallati con regolarita sulle fodere chiare di plastica che proteggevano la stoffa. Sui tavolinetti ai due lati del divano si trovavano riviste disposte in pile ordinate, in modo che i titoli fossero ben visibili; su un tavolinetto
Sulla parete opposta, di fronte al divano, figurava una riproduzione della «Madre con il bambino» di Picasso entro una cornice scolpita e di fronte a essa, sopra il divano, v’era un dipinto che rappresentava un impetuoso cortigiano del Rinascimento, mascherato, con la spada in pugno, intento a proteggere una spaventata fanciulla dalle gote rosee. Nell’insieme era tutto sbagliato. Come se Alice non riuscisse a decidere chi fosse e in quale mondo volesse vivere.
«Non ti fai vedere al laboratorio da alcuni giorni». ha gridato dalla cucina. «Il professor Nemur e preoccupato a causa tua.»
«Non potevo affrontarli», ho risposto. «So che non ho nessuna ragione di vergognarmi, ma e una