sensazione di intensa chiarezza.
So ch’e una sorta di segnale d’avvertimento del subcosciente, e ora, invece di aspettare che il ricordo torni a me, chiudo gli occhi e mi protendo verso di esso. In ultimo riusciro a dominare completamente questa capacita di rievocazioni, a esplorare non soltanto la somma delle mie trascorse esperienze ma anche tutte le mie facolta mentali alle quali non ho ancora attinto. Anche adesso, mentre ci penso, sento il silenzio tagliente. Vedo la vetrina della panetteria… mi sporgo e la tocco… gelida e vibrante, e poi il cristallo diventa caldo… ancora piu caldo… mi scotta le dita. La vetrina che rispecchia la mia immagine diviene luminosa e il cristallo si tramuta in uno specchio. Vedo il piccolo Charlie Gordon, ha quattordici o quindici anni, contemplarmi attraverso la finestra di casa sua, ed e doppiamente strano constatare quanto era diverso…
Ha aspettato che sua sorella tornasse da scuola, e quando la vede voltare all’angolo in Marks Street, saluta con la mano e la chiama e corre fuori sulla veranda per andarle incontro.
Norma agita un foglio. «Ho preso dieci all’esame di storia. Ho saputo rispondere a tutte le domande. La signora Baffin ha detto ch’era il compito migliore di tutta la classe.»
E una graziosa ragazza con i capelli castano chiaro intrecciati con cura e avvolti intorno al capo come una corona, e mentre alza gli occhi sul fratello maggiore il sorriso si tramuta in un cipiglio ed ella se la svigna lasciandoselo alle spalle nel correre in casa su per gli scalini.
Lui la segue sorridendo.
La mamma e il babbo sono in cucina e Charlie, traboccante d’entusiasmo per la buona notizia datagli da Norma, l’annuncia prima che possa farlo lei.
«Ha preso dieci! Ha preso dieci!»
«No!» strilla Norma. «Non te. Non dirglielo. Il voto e mio e glielo dico io.»
«Ehi, un momento, signorinetta.» Matt posa il giornale e si rivolge a lei con severita. «Non e questo il modo di parlare a tuo fratello.»
«Non aveva il diritto di dirlo!»
«Lascia stare.» Matt la fissa iroso al di sopra del dito ammonitore. «Non voleva farti un dispetto e tu non devi mai alzare la voce con lui in questa maniera.»
Norma si rivolge alla madre per averne l’appoggio. «Ho preso un dieci… il piu bel voto della classe. Ora posso avere un cane? Me lo avevi promesso se avessi preso un bel voto all’esame. E mi sono meritata un dieci. Voglio un cane marrone a chiazze bianche. E lo chiamero Napoleone perche questa e la domanda alla quale ho risposto meglio all’esame. Napoleone rimase sconfitto nella battaglia di Waterloo.»
Rose annuisce. «Va’ sulla veranda a giocare con Charlie. Sta aspettando da un’ora che tu tornassi da scuola.»
«Non voglio giocare con lui.»
«Va’ sulla veranda», dice Matt.
Norma guarda suo padre, poi Charlie. «Non sono obbligata. La mamma dice che non devo giocare con lui se non voglio.»
«Ehi, signorinetta», Matt si alza e va verso la figlia, «chiedi subito scusa a tuo fratello».
«Non sono obbligata», grida Norma correndo dietro la sedia di sua madre. «E come un bambino. Non sa giocare a monopoli ne agli scacchi ne a niente… confonde tutto. Non voglio piu giocare con lui.»
«Allora va’ in camera tua!»
«Adesso posso averlo un cane, mamma?»
Matt batte il pugno sul tavolo. «Non ci sara nessun cane in casa mia fino a quando assumerai questo atteggiamento, signorinetta.»
«Le ho promesso un cane se avesse avuto bei voti a scuola…»
«Un cane marrone a chiazze bianche!» aggiunge Norma.
Matt addita Charlie in piedi accanto alla parete. «Hai dimenticato di aver detto a tuo figlio che non potevamo tenere un cane perche non c’era posto e nessuno poteva badargli? Te ne ricordi? Quando chiese un cane? Adesso vorresti rimangiarti quello che gli hai detto?»
«Ma al mio cane posso badarci io», insiste Norma. «Gli daro da mangiare, lo lavero e lo portero fuori…»
Charlie, che e rimasto in piedi accanto al tavolo, giocherellando con il grosso bottone rosso all’estremita dello spago, fa sentire a un tratto la sua voce.
«L’aiutero io a badare al cane! L’aiutero a dargli da mangiare e a spazzolarlo e non lascero che gli altri cani lo mordano!»
Ma prima che Matt o Rose possano rispondere. Norma strilla: «No! Il cane sara mio. Soltanto mio!»
Matt annuisce. «Vedi?»
Rose siede accanto a Norma e le accarezza le trecce per calmarla. «Ma le cose dobbiamo dividerle con gli altri, cara. Charlie puo aiutarti ad averne cura.»
«No! E soltanto mio!… Sono stata io a prendere dieci in storia… non lui! Lui non prende mai bei voti come me. Perche dovrebbe aiutarmi a 'badare al cane? E poi il cane gli si affezionera piu che a me e sara piu suo che mio. No! se non posso averlo tutto per me non lo voglio!»
«Allora e deciso», dice Matt, riprendendo il giornale e rimettendosi sulla sedia. «Niente cane.»
A un tratto Norma salta giu dal divano e afferra il compito di storia che soltanto pochi minuti prima aveva portato a casa con tanto entusiasmo. Lo strappa e getta i pezzi di carta sulla faccia stupefatta di Charlie. «Ti odio! Ti odio!»
«Norma, finiscila immediatamente!» Rose l’afferra ma, contorcendosi, lei riesce a sottrarsi alla stretta.
«E odio anche la scuola! La odio! Smettero di studiare e diventero una scema come lui. Dimentichero tutto quello che ho imparato e cosi saro proprio come lui.» Corre fuori della stanza, strillando: «Incomincia gia a succedermi. Sto dimenticando tutto… Sto dimenticando… non ricordo piu niente di quello che ho imparato!»
Rose, atterrita, le corre dietro. Matt rimane seduto fissando il giornale che ha in grembo. Charlie, spaventato da quegli isterismi e dalle grida, si fa piccolo su una sedia, piagnucolando sommessamente. Che cosa ha fatto di male? E sentendo il bagnato nei calzoni e il rivoletto che gli scende giu per la gamba, rimane li in attesa dello schiaffo; sa che gli tocchera non appena tornera sua madre.
La scena svanisce, ma a partire da quel momento Norma trascorse tutto il suo tempo libero con le amiche, oppure gioco sola in camera sua. Teneva chiusa la porta della sua stanza e a me era proibito entrare senza il suo permesso.
Ricordo di aver udito una volta Norma e una delle sue amiche giocare nella stanza di lei. Norma grido: «Non e il mio vero fratello! E soltanto un ragazzo che abbiamo preso in casa perche ci faceva compassione. La mamma me lo ha detto, e ha soggiunto che ormai posso rivelare a tutti come non sia il mio vero fratello».
Vorrei che questo ricordo fosse una fotografia, per poterla strappare e gettargliela in faccia. Vorrei poterle parlare al di la degli anni e dirle che non ebbi mai l’intenzione di impedirle di avere il cane. Avrebbe potuto tenerlo tutto per se. e io non gli avrei dato da mangiare ne l’avrei spazzolato e neppure ci avrei giocato… e non mi sarei mai sognato di fare in modo che volesse piu bene a me che a lei. Volevo soltanto che Norma continuasse a giocare con me come aveva sempre fatto. Non avevo l’intenzione di fare nulla che potesse addolorarla.
Dopo l’operazione non ero piu stato al Centro per adulti ritardati e il pensiero di rivedere quel luogo mi eccitava. Si trova nella Ventitreesima Strada, a est della Quinta Avenue, in una vecchia scuola che e stata impiegata in questi ultimi cinque anni dalla clinica dell’universita Beekman come centro di istruzione sperimentale… corsi speciali per i tardi di mente. La targa sulla porta, incorniciata dall’antico cancello con le punte di ferro, una targa di ottone lucente, annuncia:
La lezione di Alice terminava alle otto, ma io volevo rivedere l’aula dove, fino a poco tempo fa, faticavo soltanto per imparare a leggere e a scrivere e a contare il resto di un dollaro.
Sono entrato, sono salito furtivamente di sopra fino alla porta e poi, senza farmi vedere, ho guardato