sensazione di vuoto non andare al lavoro ogni giorno… non vedere il negozio, i forni, la gente. E troppo per me. Stanotte e l’altra notte ho avuto incubi, ho sognato di annegare.»
Alice ha posato il vassoio al centro del tavolino da caffe… i tovagliolini piegati a triangolo e i pasticcini disposti circolarmente. «Non devi prendertela cosi a cuore, Charlie. Non ha niente a che vedere con te.»
«Ripetermi questo non mi giova. Quelle persone, per tanti anni, sono state la mia famiglia. E come se mi avessero scacciato da casa mia.»
«Precisamente», ha detto lei. «La cosa si e tramutata in una ripetizione simbolica di esperienze che hai fatte da bambino. L’essere respinto dai tuoi genitori… l’essere mandato via…»
«Oh, Cristo! Lasci stare, non stia ad applicare alla cosa una bella e linda etichetta! L’importante e che prima di sottopormi a questo esperimento avevo amici, persone che si occupavano di me. Ora sono spaventato…»
«Hai ancora amici.»
«Non e la stessa cosa.»
«La paura e una reazione normale.»
«E qualcosa di piu. Avevo paura anche prima. Paura di essere preso a cinghiate per non aver voluto cedere con Norma, paura di passare in Howells Street dove la banda di monelli si burlava di me e mi maltrattava. E avevo paura anche della maestra, la signora Libby, che mi legava le mani per impedirmi di giocherellare con gli oggetti sul banco. Ma tutte quelle cose erano reali… e io mi sentivo giustificato nell’averne paura. Questo terrore per essere stato scacciato dalla panetteria e vago, e una paura che non capisco.»
«Controllati.»
«
«Ma, Charlie, era prevedibile. Sei un novellino in fatto di nuoto costretto a tuffarti da una zattera e atterrito dall’idea di perdere l’appoggio di solido legno sotto i piedi. Il signor Donner
«L’esserne consapevole intellettualmente non serve a nulla. Non posso piu rimanere tutto solo in camera mia. Mi aggiro per le strade a ogni ora del giorno e della notte, senza sapere quello che sto cercando… camminando finche non mi smarrisco… e ritrovandomi davanti alla panetteria. Stanotte sono andato a piedi da Washington Square al Central Park e ho dormito nel parco. Che diavolo sto cercando?»
Quanto piu parlavo, tanto piu Alice sembrava turbata. «Che cosa posso fare per aiutarti, Charlie?»
«Non lo so. Sono come un animale che e stato chiuso fuori della sua gabbia bella e sicura.»
Alice e venuta a sedermi accanto sul divano. «Ti stanno facendo progredire troppo rapidamente. Sei confuso. Vuoi essere un adulto, ma dentro di te c’e ancora un bimbetto. Solo e spaventato.» Mi ha appoggiato il capo sulla spalla cercando di consolarmi. e mentre mi accarezzava i capelli mi sono reso conto che aveva bisogno di me come io di lei.
«Charlie», ha bisbigliato dopo qualche momento, «qualsiasi cosa tu voglia… non aver paura di me…»
Una volta, durante una consegna per conto della panetteria, Charlie era quasi svenuto quando una donna matura, appena uscita dal bagno, si era divertita ad aprirsi la vestaglia mostrandoglisi nuda. Aveva mai veduto una donna senza niente indosso? Sapeva come si fa all’amore? Il suo terrore, i suoi gemiti dovettero spaventarla, poiche si riallaccio la vestaglia e gli diede un quarto di dollaro perche dimenticasse quel ch’era accaduto. Aveva voluto soltanto metterlo alla prova, gli disse, per vedere se era un bravo ragazzo.
Lui le disse che cercava di essere buono e non guardava le donne, perche sua madre lo aveva sempre picchiato quando gli succedeva quella cosa nei calzoni…
A questo punto vide con chiarezza l’immagine della madre di Charlie che strillava con il ragazzo, stringendo in pugno una cinghia di cuoio, e di suo padre che tentava di trattenerla. «Basta, Rose! Lo ammazzerai! Lascialo stare!» Sua madre si getta in avanti per frustarlo, appena fuor di portata per cui la cinghia gli sibila accanto alla spalla mentre lui si contorce e si sottrae ad essa sul pavimento.
«Ma guardalo!» sbraita Rose. «Non riesce a imparare a leggere e a scrivere, ma la sa lunga abbastanza per guardare in quel modo una ragazza. Certe porcherie gliele tolgo di mente a furia di botte.»
«Non puo farci niente se ha un’erezione. E normale. Non ha fatto nulla.»
«Non deve pensare in quel modo alle ragazze. Un’amica di sua sorella viene in casa e lui si mette in testa queste idee! Gli daro una lezione che non dimentichera piu. Mi senti? Se tocchi una ragazza ti chiudo in gabbia come una bestia per il resto dei tuoi giorni. Mi hai sentito?…»
La sento ancora. Ma forse ero stato liberato. Forse la paura e la nausea non erano piu un mare in cui affogare ma soltanto una pozza d’acqua che rispecchiava il passato insieme al presente. Ero libero?
Se avessi potuto prendere Alice in tempo, senza pensarci, prima che la cosa mi schiacciasse, forse non sarei stato afferrato dal panico. Se soltanto avessi potuto svuotarmi la mente. Sono riuscito a dire con voce soffocata: «Tu… fallo tu! Stringimi!» E prima che potessi rendermi conto di quel che accadeva lei mi stava baciando, mi stringeva contro di se come nessuno mi aveva mai tenuto tra le braccia. Ma nel momento in cui sarei dovuto arrivare al culmine dell’intimita la cosa e ricominciata: il ronzio, il gelo e la nausea. Mi sono scostato da lei.
Ha cercato di consolarmi, di dirmi che non aveva importanza, che non avevo alcun motivo di rimproverarmi. Ma vergognoso e non piu capace di dominare la mia angoscia, sono scoppiato in singhiozzi. Li, tra le sue braccia, ho pianto fino ad addormentarmi e ho sognato il cortigiano e la fanciulla dalle gote rosee. Ma nel mio sogno era la fanciulla a impugnare la spada.
12° RAPPORTO SUI PROGRESSI
I nostri rapporti stanno diventando sempre piu tesi. Mi irritano gli incessanti riferimenti di Nemur a me come a un esemplare di laboratorio; egli mi da l’impressione ch’io non sia stato in realta, prima dell’esperimento, un essere umano.
Ho detto a Strauss ch’ero troppo impegnato nel pensare, nel leggere e nello scavare in me stesso, tentando di capire chi sono e che cosa sono, e che scrivere e un processo cosi lento da spazientirmi quando devo esporre le mie idee. Ho seguito il suo suggerimento di imparare a scrivere a macchina, e ora che riesco a battere quasi settantacinque battute al minuto mi e piu facile trascrivere tutto sulla carta.
Strauss ha accennato di nuovo alla necessita ch’io parli e scriva con semplicita e immediatezza, per farmi capire alla gente. Mi ricorda che il linguaggio e talora un ostacolo, anziche un sentiero. E un’ironia il fatto ch’io sia venuto a trovarmi dall’altro lato della barricata intellettuale.
Mi trovo di quando in quando con Alice, ma non parliamo di quel ch’e accaduto. I nostri rapporti rimangono platonici. Tuttavia per tre notti, dopo che me n’ero andato dalla panetteria, ci sono stati gli incubi. Stento a credere che sia accaduto due settimane fa.
La notte sono inseguito per le vie deserte da figure spettrali. Per quanto seguiti a correre alla panetteria, la porta e chiusa a chiave e le persone li dentro non si voltano neppure a guardarmi. Dietro la vetrina, la sposa e lo sposo sulla torta nuziale mi additano e ridono (l’atmosfera diventa satura di risate finche io non reggo piu) e i due cupidi agitano le loro frecce fiammeggianti. Grido. Picchio contro la porta ma non si ode alcun suono. Vedo Charlie fissarmi dall’interno. E soltanto un riflesso? Cose mi s’avvinghiano alle gambe e mi trascinano lontano dalla panetteria, nelle ombre del vicolo, e proprio mentre cominciano a colarmi addosso dappertutto mi sveglio.
Altre volte la vetrina della panetteria si apre sul passato e guardando attraverso ad essa vedo altre cose e altre persone.
E stupefacente constatare come vada sviluppandosi la mia capacita di ricordare. Non posso ancora dominarla del tutto, ma talora, quando sono assorto nella lettura o nella soluzione di un problema, provo una
