era meraviglioso! Per me, almeno. Per la gente contro cui andavo a sbattere, inciampavo, o che costringevo a deviare, forse non tanto. Non mi importava! Mi gridavano dietro, e non ho alcun dubbio che fossero insulti, ma io galleggiavo in una fuligginosa, soffocante, fredda estasi. Slogan pubblicitari a cristalli luminosi scorrevano sui muri, i piu recenti luminosi come il sole, i piu vecchi sporchi e resi irriconoscibili dai graffiti. Sul marciapiede i chioschi fornivano campioni gratuiti di Fuma-Godi e Caffeissimo, e tagliandi di sconto per mille prodotti. Nell’aria nebbiosa apparivano immagini olografiche di cucine miracolose e di viaggi fantastici ed esotici della durata di tre giorni; da ogni parte si sentivano canzoncine pubblicitarie… Ero a casa. Ero felice. Certo pero che era un po’ difficile farsi strada in mezzo alla folla, e quando vidi un tratto di marciapiede miracolosamente sgombro, mi ci buttai.

Chissa perche, il vecchietto che spinsi da parte per arrivare al marciapiede mi lancio una strana occhiata. — Attento, capo! — mi grido, indicando un segnale, ma naturalmente era coperto di graffiti. Non ero dell’umore adatto a badare a qualche divieto comunale. Andai oltre…

E WOWP una mazzata sonora mi piombo sul cranio, e FLOOP una vampata accecante di luce mi brucio gli occhi, e caddi a terra mentre mille vocette piccole piccole urlavano come aghi nelle mie orecchie Mokie-Koke, Mokie-Koke, Mokie-Mokie-Mokie-Koke!

E continuo cosi, con qualche variazione, per un centinaio di anni o piu. Odori fetidi mi assalivano il naso. Brividi subsonici mi scuotevano il corpo. E un paio di secoli dopo, mentre le orecchie mi ronzavano e gli occhi mi bruciavano per quella terribile esplosione di suono e di luce, mi rimisi in piedi.

— Te l’avevo detto — mi grido il vecchietto da una distanza di sicurezza.

Non erano passati secoli. Il vecchietto era ancora li, sempre con quell’espressione strana, per meta avida, per meta di compassione. — Te l’avevo detto. Non mi sei stato a sentire, ma io te l’avevo detto!

Indicava ancora il cartello, cosi mi avvicinai barcollando e riuscii a decifrare la scritta, sotto i graffiti:

ATTENZIONE! ZONA PUBBLICITARIA ENTRATE A VOSTRO RISCHIO

Evidentemente c’era stato qualche cambiamento, mentre ero via. L’uomo allungo cautamente una mano oltre il segnale e mi tiro per un braccio. Non era poi cosi vecchio, vidi. Piu che altro era consumato. — Cos’e la Mokie-Koke? — chiesi.

Lui disse prontamente: — La Mokie-Koke e una miscela dissetante e vistosa delle migliori essenze di cioccolato, estratto di caffe sintetico e analoghi della cocaina. La vuoi assaggiare? — Volevo. — Hai dei soldi? — Ne avevo, il resto di quelli che mi ero procurato alla fine dalla cassa automatica. — Me ne offri una, se ti faccio vedere dove la vendono? — mi propose.

Be’, che bisogno avevo di lui per trovarla? Ma non potevo fare a meno di sentir compassione per quel povero disgraziato, cosi lasciai che mi accompagnasse dietro l’angolo. C’era un distributore automatico, uguale a tutti quelli che avevo gia visto sulla Luna, allo spazioporto, per le strade della citta. — Non conviene la lattina singola — mi avverti impaziente. — Prendine una confezione da sei. — Quando gli diedi la prima lattina, tiro la linguetta e la trangugio tutta sul posto. — Poi tiro un gran sospiro. — Mi chiamo Ernie, capo — disse. — Benvenuto nel club.

Stavo bevendo la mia Mokie-Koke con curiosita. Il sapore era discreto, ma niente di speciale, e non riuscivo a capire il perche di tutta quell’agitazione. — Quale club? — chiesi, aprendo un’altra lattina, per semplice curiosita.

— Sei stato campbellizzato. Avresti dovuto darmi retta — disse con aria severa, — ma visto che non l’hai fatto, ti dispiace se ti accompagno?

Poveretto! Mi faceva tanta pena che divisi a meta la confezione da sei mentre camminavamo verso l’indirizzo che mi aveva dato l’Agenzia. Tre lattine a testa. Mi ringrazio con le lacrime agli occhi, ma della seconda confezione gliene diedi solo una.

L’Agenzia mi aveva trattato bene. Quando arrivammo alla mia nuova casa, mi liberai di Ernie e corsi al mio appartamento. Era un condominio galleggiante, appena arrivato dal Golfo Persico (era un’ex petroliera), quasi nove metri quadrati di superficie, con cucina incorporata, tutti per me, ed era vicinissimo agli uffici dell’Agenzia, essendo ancorato sulla Baia di Kip, nella terza fila di navi.

Il lato negativo, naturalmente, era il costo. Tutti i risparmi che avevo accumulato su Venere se ne andarono con l’anticipo, e dovetti ipotecare tre anni di stipendio. Ma non c’era da preoccuparsi. Avevo servito bene la mia Agenzia, su Venere, e non c’era alcun dubbio nella mia mente che mi aspettava un aumento di stipendio… non solo un aumento, ma una promozione… non solo una promozione, ma forse un ufficio d’angolo! Tutto sommato, ero soddisfatto del mondo (a parte un paio di dubbi che non avevo ancora risolto, come quella faccenda della causa per danni), mentre mi bevevo una Mokie-Koke e contemplavo la mia nuova dimora.

E adesso al lavoro! Avevo un sacco di cose da fare. Fino a quando non avessero localizzato il mio bagaglio, ammesso che mai ci riuscissero, avevo bisogno di vestiti, cibo, e tutte le altre cose necessarie alla vita. Cosi passai il resto della giornata a fare acquisti e a trasportare pacchi nel mio nuovo appartamento sul mare, e per l’ora di cena mi ero praticamente sistemato. Ritratto di G. Washington Hill sul letto pieghevole. Ritratto di Fowler Schocken sulla scrivania a scomparsa. Vestiti in un posto, articoli da toilette nel mio armadietto personale, chiuso a chiave, nel bagno… mi ci volle tutto il giorno, e alla fine ero in un mare di sudore, anche perche il riscaldamento andava al massimo, e non avevo scoperto nessun sistema per spegnerlo. Mi presi una Mokie e mi sedetti per ripensare alla giornata, godendomi tutto quel lusso e quello spazio. Sul video c’era una banda riservata al condominio, e mi guardai le molte attrazioni riservate ai fortunati inquilini. C’era anche una piscina esclusiva, con posti a sedere per sei persone contemporaneamente, e un campo da golf. Mi annotai di iscrivermi, non appena mi fossi procurato le mazze. Il futuro si preannunciava radioso. Telefonar alla piscina… litri e litri di pura acqua scintillante, profonda fin quasi alle ascelle… e nella mia mente cominciarono a prender forma pensieri sentimentali: io e Mitzi seduti vicino nella piscina… io e Mitzi insieme nel grande letto pieghevole… io e Mitzi… Ma anche se Mitzi avesse deciso di dividere la sua vita con me, con sei megadollari in tasca, probabilmente avrebbe preferito dividerla in qualche posto ancora piu elegante del mio condominio marino…

Bene, rivediamo il sogno. Lasciamo da parte Mitzi, per il momento: il futuro si presentava sempre luminoso. Anche se le rate per il condominio erano piuttosto pesanti, mi dovevano rimanere sempre un po’ di soldi da spendere. Una nuova macchina? Perche no? E di che tipo? Un modello a trazione diretta, dove si sta inginocchiati sul sedile con una gamba, e con l’altra si spinge, oppure una vettura sportiva superaccessoriata?

Faceva un gran caldo. Cercai ancora una volta di spegnere il riscaldamento, e ancora una volta non ci riuscii.

Mi misi a bere Mokie una dopo l’altra. E per un momento pensai seriamente di tirar fuori il etto e di mettermi a dormire.

Stanco o no, non potevo passare la mia prima sera a casa in quella maniera. Bisognava festeggiare.

Pero ci voleva anche qualcuno con cui festeggiare. Mitzi? Ma quando chiamai l’ufficio personale dell’Agenzia, mi dissero che non avevano ancora il suo numero di casa, e che lei aveva gia lasciato l’ufficio. E tutte le altre conoscenze femminili erano o vecchie di anni, o lontane milioni di chilometri. Non sapevo piu neanche quali fossero i posti alla moda dove andare a festeggiare!

A questo comunque c’era rimedio. L’appartamento aveva in dotazione una fantastica Omni-V, a duecentoquaranta canali. Consultai l’indice… pubblicita di articoli casalinghi, pubblicita di fioristi; pubblicita di vestiti (per uomini), pubblicita di vestiti (per donne, notizie, pubblicita dei ristoranti… quello era il canale che cercavo. Scelsi un posto carino, a soli due isolati dal condominio: non potevo desiderare di meglio. Avendo prenotato, dovetti aspettare al bar solo un’ora, bevendo gin-and-Mokie, e chiacchierando con i miei vicini; la cena comprendeva cotolette di soia e passato di verdure ricostituite della miglior marca; il caffe mi venne servito col brandy, e c’erano due camerieri che mi svolazzavano intorno aprendomi le confezioni e le bottigliette. Una cosa sola mi lascio perplesso. Quando arrivo il conto vi diedi un’occhiata di sfuggita, poi guardai meglio e chiamai il cameriere. — Cos’e questo? — chiesi indicando la colonna delle ordinazioni.

Mokie-Koke, § 2,75

Mokie-Koke, § 2,75

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