Mokie-Koke, § 2,75

Mokie-Koke, § 2,75

— Sono Mokie-Koke, signore — mi spiego. — una miscela rinfrescante e saporita delle migliori essenze…

— Lo so cos’e una Mokie-Koke — lo interruppi. — Solo che non mi ricordo di averne ordinate.

— Spiacente signore — rispose quello tutto deferente. — In effetti le avete ordinate. Posso farvi risentire la registrazione nastro, se desiderate.

— Non importa — dissi. — Non le voglio piu. Me ne vado.

Lui mi guardo esterrefatto. — Ma signore… le avete gia bevute!

Nove del mattino. Splendida giornata. Pagai il taxi a pedali, mi tirai fuori dalle narici i filtri anti-smog, e feci il mio ingresso nell’atrio principale della grande torre dove aveva sede la Taunton, Gatchweiler and Schocken Agency.

Invecchiando si diventa cinici, ma dopo tutti quegli anni di assenza provai un brivido quasi mistico, entrando. Immaginate di metter piede, duemila anni fa, alla corte di Cesare Augusto, sapendo che li era il centro che controllava e ispirava gli affari del mondo. Lo stesso era per l’Agenzia. E vero, c’erano altre Agenzie… ma era anche un mondo piu grande! Qui era il Potere. L’intero immenso edificio era consacrato ad una missione sublime: il miglioramento dell’umanita attraverso l’ispirazione a comprare. Vi lavoravano piu di diciottomila persone. Redattori di slogan e apprendisti giocolieri di parole; specialisti in media, capaci di far risuonare un comunicato dall’aria che respirate, o di imprimere un messaggio sulla vostra retina; ricercatori che ogni giorno inventavano nuove e piu vendibili bevande, nuovi cibi, aggeggi, vizi, manie di ogni genere; artisti; musicisti; attori; registi; compratori di spazio e compratori di tempo… la lista continuava all’infinito. E al di sopra di tutti, al quarantesimo piano e oltre, c’era il Regno Esecutivo, dove i geni che dirigevano il tutto meditavano e concepivano i loro divini disegni. Oh, e vero. Ho scherzato a proposito della missione civilizzatrice di noi che dedichiamo la nostra vita alla pubblicita… ma sotto lo scherzo, c’e la medesima reverenza e impegno che avevo provato come lupetto nei Giovani Inventori di Slogan, alla ricerca dei miei primi distintivi al merito, e intuendo appena dove avrebbe potuto condurmi la mia vita…

Bene. E adesso, eccomi qui, nel cuore dell’universo. Pero c’era una cosa strana. L’atrio me lo ricordavo immenso e coperto da una volta. La volta c’era… ma era proprio immenso? In effetti sembrava piu piccolo, e piu affollato della stazione dei tram alle Colline Russe; a tal punto i miei anni su Venere mi avevano pervertito il gusto. Anche la gente sembrava piu mal vestita, e la guardia al metal detector mi lancio un’occhiata sospettosa mentre mi avvicinavo.

Nessun problema. Appoggiai semplicemente il polso sulla piastra e la memoria elettronica riconobbe immediatamente il mio Codice Sociale anche se erano passati dieci anni da quando l’avevo usato l’ultima volta. — Oh — disse la guardia, leggendo il mio grado mentre si accendeva la spia verde, — siete il signor Tarb. Piacere di rivedervi! — Non era vero, naturalmente. A occhio e croce, doveva frequentare le superiori quando io ero entrato per l’ultima volta nell’edificio dell’Agenzia, ma quello che contava era il sentimento. Le diedi una pacca amichevole sul sedere, e marciai verso l’ascensore. E la prima persona che vidi, quando mollai la maniglia al quarantacinquesimo piano, fu Mitzi Ku.

Avevo avuto ventiquattr’ore per farmi passare la rabbia per la faccenda della causa. Non erano state abbastanza, in effetti, ma almeno la punta del rancore si era smussata un po’, e lei aveva proprio un ottimo aspetto. Non perfetto. Anche se non aveva piu le bende, c’era attorno alla bocca e agli occhi qualcosa che indicava come alle ferite ancora non rimarginate fosse stata sovrapposta della plasticarne. Ma mi sorrise con una certa esitazione, salutandomi. — Mitzi — dissi, senza riuscire a trattenere le parole (non mi ero neppure accorto di averle pensate) — non avrei dovuto fare anch’io causa alla compagnia dei tram?

Lei sembro imbarazzata. Quello che avrebbe potuto dire non lo so, perche alle sue spalle apparve Val Dambois. — Troppo tardi, Tarb — disse. Non mi fecero tanto male le parole, quanto il tono di disprezzo e il sorriso. — Mai sentito parlare dei termini di prescrizione? Te l’ho detto, hai perso il treno. Vieni Mitzi, non facciamo aspettare il Vecchio.

Quella mattina non faceva che riservarmi sorprese. Anch’io dovevo vedere il Vecchio. Mitzi lascio che Dambois la prendesse per un braccio, ma si volto a guardarmi. — Tutto bene, Tenny? — mi chiese.

— Benissimo. — Be’, era piu o meno vero. A parte l’orgoglio ferito. — Ho sete, fa un gran caldo qui. Non sapete dove ci sia un distributore automatico di Mokie-Koke su questo piano?

Dambois mi lancio un’occhiata velenosa. — Certi scherzi — sibilo, — sono di cattivo gusto.

Lo guardai allontanarsi, trascinandosi dietro Mitzi nel sancta sanctorum del Vecchio. Mi sedetti ad aspettare, cercando di avere l’aria di chi e capitato li per riposarsi un momento.

Il momento si trascino per piu di un’ora.

Naturalmente nessuno ci fece caso. Nel suo angolo, la Terza Segretaria del Vecchio armeggiava col telefono e con lo schermo dati, alzando di tanto in tanto gli occhi e sorridendomi, com’era pagata per fare. La gente che aspettava solo un’ora prima di vedere il Vecchio di solito ringraziava il cielo per la fortuna che gli era toccata. La maggior parte non lo vede mai. Il Vecchio Gatchweiler era una leggenda vivente: un povero ragazzo, nato da una famiglia di consumatori, che venuto dal nulla era riuscito a mettere a segno un colpo tale che se ne mormorava ancora nei bar del Regno Esecutivo. Due delle piu grandi Agenzie di una volta erano precipitate nello scandalo: il vecchio B. J. Taunton condannato per rottura di contratto, Fowler Schocken morto e la sua Agenzia in rovina. Le due Agenzie sopravvivevano come gusci vuoti, cancellate ormai dalla scena. Poi dal nulla era apparso Horatio Gatchweiler, aveva raccolto i cocci e li aveva trasformati nella T.G.&S. Nessuno poteva cancellare Taunton, Gatchweiler e Schocken! Eravamo i primi nelle Vendite e nei Servizi. I nostri clienti detenevano i record delle vendite nei rispettivi campi, e quanto ai Servizi… be’, mai nessuno stallone da un milione di dollari aveva servito le sue puledre in maniera cosi completa quanto noi i consumatori. Un nome da pronunciare con reverenza quello di Gatchweiler! E questo era vero in senso quasi letterale, poiche era come il nome di Dio, Nessuno lo pronunciava mai. Quando non c’era, era chiamato «il Vecchio», di fronte a lui solo «Signore».

Percio, starmene seduto nel piccolo ufficio della Terza Segretaria, mentre fingevo di osservare le ultimissime di Era Pubblicitaria sullo schermo da tavolo, non era un’esperienza nuova per me. Era perfino un onore. O almeno, lo sarebbe stato, se fossi riuscito a liberarmi dell’irritazione per il fatto che Mitzi e Dambois mi avevano preceduto.

Quando finalmente la Terza Segretaria del Vecchio mi porto dalla Seconda Segretaria, che mi passo alla Prima Segretaria, che mi introdusse nel suo ufficio privato, il Vecchio mi diede perfino il benvenuto. Non si alzo, ne fece niente di particolare, ma tuono con aria gioviale: — Entrate, Tarb. Piacere di rivedervi, ragazzo mio!

Mi ero quasi dimenticato di quanto fosse grandioso il suo ufficio: aveva ben due finestre! Naturalmente entrambe avevano le tende tirate; non si puo rischiare che qualcuno punti un raggio-spia sui vetri, per captare le vibrazioni delle conversazioni segrete. — Mi chiamo Tarb, signore — lo corressi.

— Ma certo! E siete appena tornato da un giro su Venere… buon lavoro. Naturalmente — aggiunse, sbirciandomi maliziosamente, — non e stato tutto buono, vero? C’e una noticina sulla vostra scheda personale, e suppongo che non abbiate corrotto nessuno per mettercela.

— Posso spiegarvi tutto su quella festa all’ambasciata, signore… — Ma certo, si capisce! Non dovete preoccuparvi. Voi giovani che vi offrite volontari per Venere meritate tutta la nostra stima… nessuno puo fare una vita del genere senza un po’ di stress. — Si appoggio allo schienale, con lo sguardo perso nel vuoto. — Non so se lo sapete, Tarb — disse rivolto al soffitto, — ma anch’io sono stato su Venere, tanto tempo fa. Ma non ci sono rimasto. Ho vinto la loro lotteria.

Rimasi sorpreso. — Lotteria? Non immaginavo che i Venusiani avessero mai fatto una lotteria. Sembra del tutto in contrasto con il loro carattere.

— Non l’hanno piu rifatta — disse scoppiando a ridere, — visto che un Terrestre aveva vinto la prima! Ci rinunciarono subito… oltre a dichiararmi persona non gradita. Cosi sono stato rispedito a casa. — Ridacchio per qualche minuto, pensando all’inefficienza venusiana. — Naturalmente — disse tornando serio, — ho continuato a esercitarmi mentre stavo su Venere. — Da come mi guardo capii che era una domanda.

Avevo pronta la risposta giusta. — Anch’io, signore — dissi subito. — Ad ogni occasione! Sempre! Per

Вы читаете Gli antimercanti dello spazio
Добавить отзыв
ВСЕ ОТЗЫВЫ О КНИГЕ В ИЗБРАННОЕ

0

Вы можете отметить интересные вам фрагменты текста, которые будут доступны по уникальной ссылке в адресной строке браузера.

Отметить Добавить цитату
×