che riguarda T’Ufficio del Personale.

Lo fissai negli occhi per un momento. — Danny — dissi, — devo averti torchiato peggio di quanto pensassi, quando eri il mio tirapiedi.

Lui non mi rispose. Mi diede solo una lunga occhiata strana. Uscii da quella stanza, presi l’ascensore fino al quinto piano, Ufficio personale — Sezione Assunzioni, e fu solo allora, aspettando il mio turno fra giovani inesperti appena usciti dall’universita e individui di mezza eta in cerca di un lavoro part-time, che riuscii a decifrare quell’occhiata. Non era antipatia e neppure trionfo. Era pieta.

La dottoressa Mosskristal non mi aveva parlato di uno degli effetti collaterali della campbellizzazione. Depressione. Non mi aveva preavvertito, e quando mi capito, non la riconobbe per quello che era. Suppongo che l’essenza della depressione stia qui. Quando uno ce l’ha, gli sembra che sia il mondo ad essere cosi. Non lo considera un problema, solo un modo d’essere.

Io avevo un sacco di ragioni per essere depresso. Mi avevano trovato un lavoro, e vero. Portare bozzetti, recapitare fiori alle stelle dei nostri filmati, correre in strada a chiamare un taxi per qualche pezzo grosso, ordinare soyaburger e Caffeissimo per le segretarie… oh, avevo un milione di cose da fare! Lavoravo di piu come Fattorino Addetto ai Servizi Generali di quanto non avessi mai fatto come redattore, ma naturalmente per un lavoro del genere non ti pagano un sacco di soldi. Avevo dovuto rinunciare al condominio marino. Non me ne importava molto. A cosa poteva servirmi un posto cosi lussuoso, se non per riceverci gente, e chi potevo riceverci adesso? Mitzi si era innalzata a sfere piu elevate. Tutte le mie amichette di una volta si erano trasferite, o sposate, o erano state promosse, e quelle nuove non sembravano intenzionate a immischiarsi con uno messo in ibernazione.

A proposito di ibernazione, una delle cose che mi ero quasi dimenticato, a proposito di New York, era il freddo. Voglio dire Freddo con la F maiuscola. Freddo al punto che il fiato dei taxisti formava nuvolette attorno alle loro teste, mentre scivolava e ricadeva sulle strade gelate. Freddo al punto che quasi avrei voluto mettermi al loro posto, per scaldarmi a tirare il veicolo, invece di starmene fermo sul sedile duro a battere i denti. Be’, ho detto «quasi». Anche fare il fattorino e meglio che tirare un taxi.

Specialmente adesso che faceva freddo. Quei quattro anni su Venere mi avevano rammollito. Anche se avessi potuto uscire piu spesso, non ne avevo nessuna voglia. Cosi passavo le mie giornate nella saletta dei fattorini, e le mie serate a casa, guardando la pubblicita sull’Omni-V, parlando con i miei compagni di stanza, quando c’erano, standomene seduto. Di solito standomene seduto. E fu per me una sorpresa quando suono il campanello, e qualcuno era venuto a trovarmi, e quel qualcuno era Mitzi.

Se era venuta per tirarmi su, aveva una strana idea di come farlo. Si guardo intorno storcendo il naso e la bocca come se sentisse puzza di fogna. Sembrava che i due solchi fra le sopracciglia li avesse in permanenza, adesso. — Tenn — disse duramente, — devi tirarti fuori da questo stato! Guardati! Guarda questa topaia! Guarda come hai ridotto la tua vita!

Mi guardai attorno, cercando di capire cosa volesse dire. Naturalmente, dopo aver lasciato l’appartamento sul mare, avevo dovuto arrangiarmi. Non era stato facile. Rompere il contratto mi era costato quasi tutti i risparmi, e questa stanza in comproprieta era il massimo che potessi permettermi, E vero, i miei compagni erano piuttosto disordinati. Uno era intossicato da cibo, l’altro si era imbarcato in una di quelle interminabili collezioni di Mini-Busti Presidenziali in Similargento della Zecca di San Jacinto. Ma Insomma! — Non e poi cosi brutto — protestai.

— Fa schifo. Non le butti mai via queste lattine di Moke? Senti, Tenn, lo so che e dura, ma so di gente che ogni anno riesce a curarsi, a disintossicarsi…

Mi misi a ridere. Mi faceva davvero pena, perche non riusciva proprio a capire cosa volesse dire rimanere accalappiati. — Mitzi — dissi, — sei venuta qui per questo? Per dirmi che mi sono rovinato la vita?

Lei mi guardo per un momento in silenzio. — Be’, immagino che la cura sia piuttosto pericolosa — disse, cercando con gli occhi un posto per sedersi. Sgombrai da una sedia gli Imperatori Ittiti di Nelson Rockwell e gli involucri di tortilla di Charlie Bergholm da un’altra. — Non lo so bene neanch’io perche sono venuta — disse lei, guardando bene la sedia prima di sedersi.

Amaramente dissi: — Se era per divertirti, scordatelo. — Indicai l’involucro-letto chiuso, dove Rockwell, il mio compagno di stanza dalle due alle dieci, stava prendendola sua razione di sonno. Lei… stavo per dire che arrossi, ma penso che «scuri» sia una parola piu adatta. — Credo che orse mi sento un po’ responsabile — disse.

— Per non avermi detto della causa per danni? Per avermi lasciata andare in malora mentre facevi i milioni? Per qualcosina del genere?

Lei alzo le spalle. — Qualcosa del genere, forse. Tenny, ascolta. E vero che non puoi piu far carriera nell’Agenzia, adesso che sei un mokomane, ma ci sono un sacco di altre cose che potresti fare. Perche non torni a scuola? Impara un nuovo mestiere, comincia una nuova professione: dottore, avvocato, per esempio.

La guardai esterrefatto. — E abbandonare la pubblicita?

— Mio Dio, cosa c’e di cosi sacro nella pubblicita?

Be’, ci rimasi davvero di sasso. Tutto quello che riuscii a dire fu: — Di sicuro sei cambiata un sacco, Mitzi. — E lo dissi come un rimprovero.

Lei disse tristemente: — Forse ho fatto un errore venendo qui. — Poi il viso le si illumino. — Ho trovato! Cosa ne dici degli Intangibili? Penso che potrei farti entrare… non subito, certo, ma appena si libera un posto…

— Gli Intangibili! — Le risi in faccia. — Mitzi, io mi occupo di prodotti. Io vendo merci. Gli Intangibili sono per i rassegnati e i falliti… e poi, come speri di poterci riuscire?

Lei esito, poi disse: — Oh, credo di potere. Cioe… be’, tanto vale che te lo dica, anche se per il momento e segreto. Ho preso i soldi dei danni, e ho comprato diverse azioni dell’Agenzia.

— Cosa? Vuoi dire che sei un’azionista?

— Si, azionista. — Lo disse quasi con un’aria di scusa… come se ce ne fosse ragione! Un azionista dell’Agenzia era la cosa piu vicina alla Divinita che si potesse immaginare. Non mi era mai venuto in mente che qualcuno di mia conoscenza potesse mai possedere i capitali per fare una cosa del genere.

Ma scossi la testa. — Io vendo — dissi orgogliosamente.

— Hai forse qualche offerta migliore?

Naturalmente non ne avevo. Mi arresi. — Prenditi una Mokie-Koke — dissi, — e parliamone.

Quella sera andai a letto da solo, come sempre, ma con qualcosa che prima non avevo avuto: la speranza. Mentre scivolavo nel sonno, sognai sogni impossibili: tornare all’universita per prendere quella laurea in Filosofia della Pubblicita che avrei voluto da ragazzo, specializzarmi in qualcos’altro, provare con gli Intangibili… smettere con la Mokie.

Sembravano tutte delle buone idee. Se ne poteva restare qualcosa, alla fredda luce dell’alba, non lo sapevo, ma ebbi un potente alleato. Mi svegliai sentendo bussare sul letto; con un grugnito lamentoso Nelson Rockwell, il mio compagno di stanza dalle due alle dieci, mi disse che aveva scambiato il turno con Bergholm, e che era la sua ora.

Per quanto fossi assonnato, vidi subito che era parecchio malconcio: aveva un’ecchimosi rossa sulla guancia destra, e zoppicava nel tirarsi indietro per farmi uscire dal letto. — Cosa ti e successo, Nelson? — chiesi.

Mi guardo come se l’avessi accusato di un delitto. — Un piccola divergenza — farfuglio.

— A me sembra una grossa divergenza. Ti hanno pestato perbene!

Alzo le spalle, e fece una smorfia, per i muscoli doloranti. — Sono rimasto un po’ indietro con i pagamenti, e la San Jacinto ha mandato un paio di esattori alla fabbrica dove lavoro. Senti, Tenny, non potresti prestarmi cinquanta dollari fino al giorno di paga? Perche la prossima volta, mi hanno detto che mi rompono le gambe.

— Non ce li ho cinquanta dollari — dissi… il che era quasi vero. — Perche non ne vendi qualcuno?

— Venderli? Vendere qualcuno dei miei busti? — grido. — Tenn, questa e la cosa piu cretina che abbia mai sentito! Questa collezione rappresenta un investimento! Devo solo tenermeli stretti fino a quando non avranno mercato… e allora, ragazzo mio, vedrai! Sono tutti a tiratura limitata. Fra vent’anni potro farmi una casa in Florida, ma devo tenere duro fino ad allora… Solo — aggiunse tristemente, — se non mi metto in regola con i pagamenti, se li riprendono tutti. E mi rompono le gambe.

Uscii dall’appartamento e mi rifugiai nel bagno, perche non ce la facevo piu a sentirlo. Collezionismo da investimento! Tiratura limitata! Buon Dio, era una delle prime campagne di cui mi fossi occupato: tiratura limitata, significava tutte le copie che riuscivano a vendere, cinquantamila come minimo; e collezionarle voleva dire che una

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