spingendo a tutta forza. Dopo circa trenta secondi dal momento in cui il modulo si era staccato dalla nave madre, Sandy inizio a vomitare. Non pote farne a meno. Non si era mai sentito male in vita sua per il movimento. In verita, non aveva mai provato un movimento del genere, almeno non in uno spazio chiuso.
I sei hakh’hli, il cui orecchio interno era strutturato in maniera completamente differente, non soffrivano di mal di mare. Alla lunga, pero, questo particolare anatomico non li aiutava piu di tanto, poiche dal momento in cui la navetta avrebbe fatto il suo ingresso nell’atmosfera, i loro corpi sarebbero stati sballottati piu velocemente di quanto i loro stomaci potessero sopportare.
Come se tutto cio non bastasse, all’interno della navetta vi era anche una certa animosita generale nei confronti di Sandy. — Cerca di controllarti, Mingherlino! — sbotto Demmy. — Woof! Augh! — si lamento Elena.
— Maledizione, Sandy, perche non usi un sacchetto, o qualcosa del genere? — domando Polly dal suo sedile di pilotaggio. Poi pero Polly tacque, poiche erano appena entrati nella fascia dei relitti. Grazie all’approccio programmato erano riusciti a evitare gli oggetti piu grandi in orbita intorno alla Terra, ma non vi era la certezza di evitarli tutti. Fortunatamente, la navetta era dotata di un radio localizzatore in grado di individuare qualsiasi oggetto che si trovasse sulla loro traiettoria e di azionare automaticamente i propulsori laterali per evitare la collisione. Quando anche questa misura non risultava sufficiente per l’elevata velocita, entravano in funzione i repulsori magnetici, che attutivano notevolmente l’impatto.
Cio nonostante, tutti potevano sentire una serie di piccoli ma preoccupanti colpi, come se qualcuno stesse lanciando dei ciottoli sulla superficie esterna della loro navetta. Si trattava di frammenti metallici che colpivano la navetta a bassa velocita. Poi vi erano anche altri suoni, tonfi piu deboli e secchi, dati da frammenti ancora piu piccoli che riuscivano a perforare la pellicola esterna fissata attorno allo scafo. Un’ape-falco passo davanti alla faccia di Polly, facendola sbottare: — Toglietemi di torno quest’ape! Come cavolo posso pilotare questo arnese se ci sono insetti che mi volano negli occhi?
L’ape-falco pero volo via da sola, non appena la navetta compi una secca virata per evitare un altro relitto. Un attimo dopo, si ritrovarono fuori dalla fascia di relitti pericolosi; il modulo di atterraggio imbocco la lunga traiettoria discendente che lo avrebbe portato fino alla pianura la cui immagine radioriflessa era gia evidenziata sugli schermi. Per quanto frastornato e nauseato, Sandy percepi che Polly continuava a sibilare con fare agitato. Strano, penso, poiche quella doveva essere la parte piu facile del volo. La loro velocita era gia diminuita notevolmente, e i rilevatori automatici avrebbero dovuto compensare tutti i vuoti d’aria e le variazioni di pressione in prossimita della superficie. Solo che, apparentemente, non stavano funzionando. — Per essere solo un piccolo, stupido pianeta — ringhio Polly — questa tua maledetta Terra ha un clima realmente pessimo! — La navetta sussulto ancora una volta con violenza, come per sottolineare le sue parole. La velocita del modulo di atterraggio hakh’hli era scesa a poco piu di cento chilometri orari, ma i venti esterni erano ancora piu veloci, e facevano ballare il piccolo velivolo come se fosse un giocattolo.
Piu che far atterrare la navetta, Polly la fece praticamente schiantare al suolo. Tuttavia, la navetta hakh’hli era stata costruita per resistere. Non appena tocco terra, i propulsori anteriori si accesero automaticamente per frenarne la corsa, schiacciando tutti i passeggeri contro le reti protettive dei sedili. La navetta si fermo nel giro di poche centinaia di metri, a una certa distanza dalla barriera di alberi spogli e striminziti.
— Siamo arrivati — annuncio Polly.
Non sembrava, pero. Anche da fermo, infatti, il velivolo continuava a oscillare nel vento. Polly emise un paio di rutti preoccupati mentre premeva i pulsanti di accensione degli schermi per la visione esterna, che si illuminarono immediatamente sopra il pannello dei comandi. Uno mostrava una simulazione ripresa dallo spazio del punto dove erano atterrati, mentre l’altro mostrava le immagini dal vivo del paesaggio all’esterno della navetta. L’immagine virtuale era glaciale, completamente bianca e statica, mentre quella dal vivo mostrava una scena alquanto movimentata, caratterizzata da una forte pioggia quasi orizzontale e da un bosco di abeti in balia del vento.
La stella a sei punte che indicava la loro posizione si trovava nello stesso punto in entrambe le immagini, e appariva e scompariva a intermittenza per segnalare che l’atterraggio era avvenuto nel punto programmato. — Perche siamo in mezzo a una tempesta? — domando Obie un po’ intimorito. — Sei atterrata nel punto sbagliato?
— Il punto e quello giusto — borbotto Polly con un tono a meta fra il perplesso e l’irritato. — Ma non capisco dove sia andata a finire tutta la “neve”.
Circa due ore dopo, Sandy si ritrovo davanti allo sportello aperto della navetta con indosso il pesante giaccone e gli stivali da neve. Si tocco la tasca dove aveva riposto la fotografia di sua madre, ma Polly non era certo in vena di sentimentalismi. — Datti una mossa, Mingherlino! — lo sprono, dandogli una leggera spinta.
Sandy si mosse. Mentre usciva si aggrappo alla ringhiera della scaletta. Il dislivello dallo sportello della navetta al suolo era di soli tre o quattro metri, ma nonostante la debole gravita terrestre avrebbe potuto comunque farsi male se si fosse lasciato cadere. Una volta a terra si incammino verso il retro della navetta, sentendo una leggera zaffata di alcol proveniente dai propulsori. Si oriento, stabilendo la direzione in cui avrebbe dovuto trovarsi la strada piu vicina, quindi inizio a incamminarsi attraverso il fango e la pioggia.
La situazione non era come avrebbe dovuto essere.
Vi era qualcosa di decisamente sbagliato rispetto ai piani originali della missione. Del resto, non vi potevano essere dubbi sul fatto che la regione della Terra sulla quale erano atterrati fosse effettivamente l’Alaska; il dato era stato confermato dagli strumenti di navigazione della navetta. Ma allora perche il paesaggio non era quello previsto? L’Alaska, assieme a tutto il resto del pianeta, era stata osservata e studiata a fondo dagli esperti hakh’hli nel corso della loro prima visita a quel sistema solare. Secondo i risultati di quegli studi doveva trattarsi di una regione fondamentalmente fredda, a parte forse nel corso di un brevissimo periodo estivo o in certi punti particolarmente bassi. Gli studiosi hakh’hli avevano garantito loro che vi sarebbe stata “neve”, ma se una cosa del genere esisteva sulla Terra — e le migliaia di programmi televisivi ai quali avevano assistito sembravano testimoniare che fosse effettivamente cosi — non si trovava certamente in quel luogo.
In quel luogo infatti non vi era altro che un mare di fango, una temperatura abbastanza elevata da far sudare copiosamente Sandy nei suoi pesanti abiti e una tempesta terribile, accecante e spaventosa.
Una tempesta del genere non poteva essere una cosa di tutti i giorni, si disse Sandy. Nella sua ansiosa ricerca della strada, fu costretto a scavalcare e ad aggirare decine di alberi sradicati; si trattava di alberi enormi, lunghi anche fino a 30 metri dalla cima alle radici incrostate di terra che veniva lavata via costantemente dalla forte pioggia. I crateri lasciati dagli alberi sradicati sembravano essere freschi.
Sandy dovette anche lottare con le piccole bestie volanti che sembravano in grado di penetrare tutti i suoi abiti per pizzicarlo (che si trattasse di “zanzare”?) e a un certo punto inizio ad avere dei seri dubbi sul suo destino. La situazione era decisamente preoccupante.
Come se non bastasse, Sandy trovava anche che tutto cio non fosse affatto giusto. Nulla di cio che gli era stato insegnato nel corso di quegli anni lo aveva preparato a una simile esperienza. Certo, aveva sentito parlare di “condizioni meteorologiche”; si erano tenute intere lezioni in proposito, e i vecchi programmi televisivi registrati erano pieni di informazioni al riguardo, con tanto di mappe con le “isobare”, le “perturbazioni” e cosi via. Trovarcisi in mezzo, pero, non era esattamente la stessa cosa. Ne Sandy ne nessun altro fra i 22.000 hakh’hli a bordo della grande nave aveva mai provato un’esperienza del genere.
E non si trattava certo di un’esperienza emozionante o interessante per lui. Com’era possibile orientarsi in simili condizioni? Quando aveva studiato il percorso sull’astronave, gli era sembrato piuttosto facile da seguire. Vi erano le montagne, e vi era una valle che vi passava in mezzo. La strada alla quale avrebbe dovuto giungere si trovava esattamente in mezzo alla valle. Ma come poteva stabilire dove si trovavano le montagne se la pioggia gli impediva di vedere alcunche al di sopra degli alberi? Naturalmente, aveva gia perso di vista la navetta, che doveva trovarsi alle sue spalle. Sandy si fermo ed estrasse faticosamente la radio dalla tasca interna del suo giaccone. — Sono Sandy — disse nel microfono. — Datemi la mia posizione.
Rispose immediatamente la voce di Tania. — Sei fuori strada — disse seccato. — Devi andare a sinistra di tre dodicesimi. Come mai ci stai mettendo tanto? Dovresti gia essere sulla strada asfaltata.
— Credevo di esserci — rispose Sandy amareggiato chiudendo il contatto. Penso che avrebbe avuto nuovamente bisogno di usare la radio per stabilire la sua posizione, quindi decise di fissarsela al collo con la cinghia, piuttosto che infilarla nuovamente nella tasca interna. Continuando a sudare e borbottando fra se, riprese il suo faticoso cammino fra il fango, la pioggia e i rami inzuppati d’acqua che gli frustavano il volto in