— Ci faccia passare, Saul, — chiese Anton.
Saul finalmente si fece da parte e Anton usci all’aperto. Tutt’intorno c’era la neve. E altra neve cadeva a grossi fiocchi pigri. La navicella si trovava in mezzo a colline rotonde tutte uguali, che si notavano appena nella pianura bianca. Dalla neve spuntavano fuori l’erbetta corta di un verde pallido e molti fiorellini azzurri e rossi. Ma, a dieci metri dall’oblo, giaceva un uomo che la neve andava lentamente ricoprendo.
III
Vadim usci per ultimo dall’astronave e subito si rivolse a Saul:
— La cosa piu semplice sarebbe di controllarlo sulle pagine di qualche antico vocabolario, Dal’ o Usakov, per esempio. Ma a bordo…
A questo punto si accorse che Saul non lo ascoltava. Saul teneva lo
— Guarda un po’, — disse, interdetto.
Anton si avvicino all’uomo sdraiato a terra, mentre Saul rimaneva al suo posto. Possibile che l’abbia travolto con l’astronave durante l’atterraggio? — pensava Vadim atterrito. All’idea si senti contorcere le viscere. Corse dietro Anton e si piego anche lui sul corpo. Gli getto solo un’occhiata, poi subito si alzo e comincio a guardarsi in giro. Tutt’attorno si allungavano tetre colline ricoperte di neve e tutte uguali; il cielo era coperto di nuvole basse, e all’orizzonte si indovinavano i pallidi contorni di una catena di monti. Che pianeta triste, penso.
Anton si inginocchio e con cautela tocco la mano dello sconosciuto. La mano era piccola, bianca, con delle dita sottili che parevano di porcellana, le unghie lunghe avevano un riflesso d’oro.
— Allora? — disse Vadim e inghiotti.
Anton si alzo e con cura si levo la neve dalle ginocchia nude…
— E morto assiderato da qualche giorno. E anche molto deperito.
— Non c’e piu speranza.
Anton annui.
— Ormai e una pietra.
— Una pietra… — ripete Vadim. — Come e possibile? Guarda, e solo un ragazzo… — si costrinse a guardare il viso del morto.
— Guarda, assomiglia a Valerij! Te lo ricordi Valerij?
Anton gli mise una mano sulla spalla.
— Si, gli assomiglia.
— Mi sono cosi spaventato. Ho pensato di averlo urtato durante l’atterraggio.
— No, giace qui da almeno un paio di giorni. E caduto per la debolezza ed e morto assiderato.
— Ascolta, Anton, ma perche porta solo la camicia?
— Non lo so. Torniamo all’astronave.
Vadim non si mosse.
— Non capisco. Vuoi dire che non siamo i primi?
Si guardo intorno, cercando con gli occhi Saul. Saul non si vedeva.
— Anton, forse ti sei sbagliato? Forse si puo ancora fare qualcosa?
— Andiamo, andiamo, Dimka.
— Ma, e lui…?
— Come faccio a saperlo? Andiamo.
Videro Saul. Scendeva lentamente lungo il pendio della collina, scivolando sulla neve bagnata. Rimasero fermi ad aspettare che si avvicinasse. Aveva un’aria tetra, sulle guance gli si scioglievano grossi fiocchi di neve. La neve gli arrivava alle ginocchia. Si avvicino, si tolse di bocca la pipa spenta e disse:
— E una brutta faccenda, ragazzi. La ce ne sono ancora quattro, — guardo il morto. — Pure loro seminudi. Che cosa pensate di fare?
— Torniamo all’astronave, — disse Anton, — e riflettiamo con calma.
Nel quadrato sedettero in poltrona e tacquero per un po’. Vadim tremava di freddo e, chissa perche, aveva molta voglia di parlare.
— Guarda un po’ che pianeta! — disse, serrando i muscoli delle mascelle. — Non ne avevo mai sentito parlare. Non si capisce niente. Chi sono? Da dove vengono? Eppure dicevano che qui non c’era mai stato nessuno. E soprattutto… un ragazzino. Un ragazzino qui come c’e finito? Tacque e chiuse gli occhi, cercando di scacciare la visione della faccia coperta di neve.
Anton si alzo e comincio a girare intorno al tavolo, a capo chino. Saul riempi la pipa.
— Posso fumare? — chiese.
— Si, prego, — disse Anton distratto. Si fermo. — Ora ecco cosa facciamo, — disse deciso. — Abbiamo un bioplano. Prendiamo cibi e vestiti e compiamo una perlustrazione intorno alla navicella. Sulle colline puo essere che ci siano ancora dei vivi.
Nella voce gli risuonavano delle note dure sconosciute a Vadim. Vadim lo guardo con curiosita e Anton noto il suo sguardo.
— Vedete, compagni, — disse in tono piu morbido, — la gita turistica non siamo riusciti a farla. Le circostanze, secondo me, sono eccezionali. Probabilmente mi tocchera dare ordini e a voi tocchera obbedire, — guardo Saul e allargo le braccia con aria colpevole. — Vede, Saul, non si puo far altro…
— Si, — disse Saul. — Si. Certo. Sono pronto, capitano. Ordini pure.
— Ma hai gia capito qual e la situazione? — chiese Vadim.
— Ne parliamo dopo, disse Anton. — Prima bisogna mettere in incubazione il bioplano. Vieni, Vadim.
Saul poso la pipa e si alzo pure lui, aggiustandosi sulla spalla la cintura della pistola.
— Grazie, Saul, ce la caviamo da soli, — disse Anton.
— Vorrei venire con voi, — disse Saul. — Non vi daro fastidio, capitano.
Tirarono fuori l’ovocellula e la misero sulla sommita della collina piu lontana. La neve cadeva sempre piu fitta, i fiocchi di neve solleticavano le guance, e Vadim se le strofinava nervosamente. Il vento soffiava e si sentiva freddo a star fermi a guardare Anton che senza fretta e con cura piazzava gli attivizzatori sulla superficie liscia dell’embrione meccanico. Il vento bruciava le braccia e le gambe nude, e Vadim penso all’improvviso che, forse, chissa dove, al di la delle colline c’era altra gente che vagava a piedi nudi, incespicando nella neve alta, vestita solo di lunghe tuniche grige.
Anton si raddrizzo e soffio sulle mani arrossate.
— Sembra che vada, — disse. — Controlla, Dima.
Vadim controllo la posizione degli attivizzatori. Era tutto in ordine. Ritornarono all’astronave. Saul veniva per ultimo; si teneva sempre dietro di loro. La navicella gia accumulava energia, come una montagna nera si stagliava sul bianco, la cuspide inclinata seguiva l’invisibile EN 7031. Per la strada Vadim raccolse dei fiori che gli fecero pena, tanto erano miseri e pallidi.