E vivi e morti pian piano la neve ha coperto E tutto e ora deserto.

La neve cadeva sempre piu fitta, e quando arrivarono all’astronave Saul disse:

— Presto tutto sara ricoperto. Non sarebbe male fare l’autopsia.

— Perche, — disse Anton. — Ormai sono morti.

— Appunto. Bisognerebbe chiarire perche siano morti.

— Sono assiderati, — disse Anton. — E non abbiamo bisogno di nessuna autopsia.

— Mi sembrerebbe… — inizio Saul, ma tacque e si infilo nell’oblo. Nel quadrato Anton disse:

— Cerchi di capire, io non sono un medico. Non… non voglio.

— Capisco, — disse Saul.

— Vadim, — disse Anton, — impacchetta le vettovaglie. Tutte le provviste disponibili. Saul, lei ha detto che sa cucire. Bisogna adattare le tute. Io prendero i medicinali.

Le tute erano di misura unica, ma la differenza di altezza fra Saul e Anton era troppo grande. Bisognava accorciare la tuta di Anton e allungare quella di Saul. E fu subito chiaro che Saul non sapeva cucire. Si passava smarrito l’ago ultrasonico da una mano all’altra, gualciva e lisciava le tute, e guardava Anton con aria mortificata. Evidentemente, gli storici, seduti nei loro comodi studi, non avevano idea di cose cosi semplici. Probabilmente, quello che principalmente li interessava era come si faceva una volta. Tocco a Vadim prendere l’ago di Saul e mostrargli come funzionava. Con sua meraviglia, lo storico si dimostro perspicace, e qualche minuto dopo ognuno assolveva il suo compito.

Saul disse, senza alzare la testa dal lavoro:

— Perche pensa, capitano, che ci siano ancora dei vivi?

— Non lo penso, — rispose Anton. — Lo spero.

Vadim fini di riempire il sacco, lo chiuse e sedette al tavolo.

— E quegli altri quattro, sono giovani pure loro? — chiese.

— Si, — disse Saul. — Proprio dei ragazzi. Quasi degli adolescenti. Molto piu giovani di voi.

— Cinque anni fa, — disse Vadim, — io e degli altri ragazzi volevamo prendere un’astronave e volare su Tagora. Naturalmente, non ce lo permisero… Forse, questi ci sono riusciti?

— Assurdo, — disse Anton. — L’astronave la puo avere solo un pilota esperto. E che esperienza hanno questi… Dei ragazzini! Del resto e tutto assurdo. Hanno le unghie dorate! E delle strane camicie sul corpo nudo.. E la cosa piu importante e: come hanno fatto a finire qui?

— Molto semplice, — disse Vadim. — Qualcuno si preparava a partire, ha lasciato l’astronave davanti a casa, loro si sono radunati di notte e sono partiti. Volevano fare gli esploratori. E qui sono scesi e si sono persi. E sopraggiunto il gelo. Ecco tutto.

— Quello che stai dicendo — disse Anton freddamente — e assolutamente impossibile. Anche se le cose fossero andate cosi, io lo avrei saputo certamente. Sono morti da qualche giorno. Sulla Terra avrebbero dato inizio a delle ricerche globali.

— E se fossero arrivati qui con qualcuno piu anziano?

Anton tacque.

— Allora andiamo a cercare gli anziani, — disse alla fine.

— C’e una cosa che mi lascia perplesso, — disse Vadim. — Queste strane camicie…

— Non sono camicie, — disse Saul inaspettatamente.

I due si girarono verso di lui.

— Sono sacchi. Con dei buchi per la testa e le mani. Sono dei rozzi sacchi di juta. Ora non ce ne sono piu, — sogghigno sinistramente. — Vede, Vadim, quei ragazzi avrebbero potuto procurarsi piu facilmente uno skorcer od una batisfera, piuttosto che uno di quei sacchi. Perche c’erano molto, molto tempo fa. E non mi piace affatto che andassero in giro nudi e che invece dei vestiti avessero dei sacchi.

Vadim senti che il cuore aveva smesso dibattere. Gli sembrava strano e terribile questo fatto dei sacchi di juta che erano esistiti tanto, tanto tempo fa. Aveva una sensazione non di pericolo, ma proprio di terrore. Come se all’improvviso davanti ai suoi occhi una persona cominciasse a invecchiare repentinamente, invecchiasse, invecchiasse e si mutasse in un vecchio rugoso e avvizzito. Si scrollo e la sensazione scomparve. Saul rivolto la tuta, se la sollevo davanti con le braccia tese e la osservo.

— E percio io non sono d’accordo con voi, — continuo. — Penso che siano indigeni. E… non so se mi capite… Al tempo dei sacchi di juta avvenivano delle strane cose. Mi pare che questi giovani siano stati spogliati e abbandonati qui nel deserto. Provi, Anton.

Anton prese la tuta.

— Dunque, secondo lei, su Saul esiste una civilta? — chiese incerto. — Ed e ancora al tempo dei sacchi di juta?

— Come faccio a saperlo, capitano? Parlo solo di quello che vedo. Vedo dei sacchi di juta, so che sacchi di juta sulla Terra ai nostri tempi non ce ne sono. Dunque non sono dei terrestri. Forse, sono stati rapinati, o forse sono dei pellegrini. Dei fanatici. Andavano a venerare le sante reliquie, vestiti, secondo il voto, con dei sacchi, hanno smarrito la strada, sono capitati in una bufera di neve… Non so.

Tutto questo Vadim lo capiva poco. Tutte queste parole — «fanatici», «reliquie», «voto» — le conosceva, erano in qualche modo legate ai rituali religiosi, ma non avevano per lui nessun significato reale. Penso di sfuggita, con ammirazione, che Saul evidentemente era un vero specialista. Ma non fu questo a colpirlo.

— Una civilta, dunque? — disse. — Allora… Siamo venuti a fare una passeggiata e, fra una cosa e l’altra, abbiamo scoperto una civilta! Non ci credo! — annuncio.

— Fra una cosa e l’altra, — disse Anton pensieroso. — Fra una cosa e l’altra? EN 7031 era nel programma di ricerca…

— Si, l’hai detto. Ma la spedizione non ha avuto luogo.

— La spedizione non ha avuto luogo, ma, fra l’altro, EN 7031 si trova nell’elenco delle stelle situate sull’ipotetica rotta dei Nomadi dello Spazio.

— Non ho mai sentito parlare di un elenco simile, — disse Vadim.

— Esiste invece. L’elenco di Gorbovskij-Bader. Per cui, le possibilita di scoprire una civilta c’erano, caro Vadim. E forse Saul ha ragione, sono dei ragazzi indigeni. Ma quale rapporto abbiano con i Nomadi dello Spazio, questo e un altro problema…

Vadim sedeva, con i gomiti appoggiati sul tavolo e tenendosi la testa con le mani. Ma che civilta! Va bene, pensava, mettiamo pure che siano stati vittime dei banditi. Ma questa e una sciocchezza: dei ragazzi di sedici anni in buona salute si fanno spogliare senza opporre resistenza e, buoni buoni, muoiono congelati. Ma non sono certo dei fanatici! Si immagino un fanatico. Era un vecchio calvo e macilento, con gli occhi da pazzo, e un’enorme catena arrugginita al collo. No, pensava. Ma che fanatici! Forse sono loro stessi dei Nomadi dello Spazio? Si. Con dei sacchi di juta. Gli vennero in mente le costruzioni ciclopiche, lasciate dai Nomadi sul pianeta Vladislav, e fu colto da malumore, come gli accadeva sempre, quando si trovava alle prese con un problema per lui insolubile.

— Anton, — disse. — A che punto e il bioplano?

Anton guardo l’orologio.

— E ora, — disse. — Andiamo. Vestitevi e prendete uno zaino per uno.

— Vorrei una precisazione —, intervenne Saul. — Cosa dobbiamo cercare?

A Vadim parve che Anton tentennasse.

— Cercheremo altri infortunati.

Saul si abbottono la tuta.

— E se, per fortuna, qui non c’e piu nessun infortunato? Mi riferisco all’ipotesi dei rapinatori.

— Se ci trovassimo di fronte a questa ipotesi, non staremo certo a far cerimonie, — borbotto Vadim.

— In qualsiasi altro caso, — disse Anton chiaramente, — vi prego di non fare un movimento senza mio ordine.

Ando verso la porta.

— Non prendete un’arma? — chiese Saul.

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