una macchia grigia.
— Di nuovo una buca piena di fumo, — disse.
Era esattamente uguale a quella di prima. I bordi erano coperti di neve, su di essa ondeggiava pesantemente lo stesso fumo grigiastro, e dal fumo, come un torrente inesauribile, uscivano le macchine.
— Mi aspettavo di vedere qualcosa del genere, — disse Anton.
— Ma qui non c’e nessuno, — disse Vadim interdetto. — Ne sappiamo quanto prima.
Uno strano pensiero lo colpi. Guardo la bussola e impugno il binocolo. Rovine lungo i bordi della buca non ce ne erano. Non era la stessa.
— Impressionante, — disse Saul. — Escono dal fumo e rientrano nel fumo.
— Torniamo indietro, — disse Vadim impaziente. Fisso Anton. Sul viso di Anton c’era di nuovo quella detestabile espressione indecisa.
— Scusi, — disse Saul, — ma come si fa ad ignorare un fenomeno tanto straordinario!…
— Ma dov’e il fenomeno! — esclamo Vadim. — Che cosa c’e da ammirare tanto? Un ingegnere privo di talento trasferisce le sue macchine attraverso il subspazio… Ha trovato il posto giusto per il trasporto-zero! Ha distrutto una citta, questo scemo incapace… Ma si puo sapere cosa stai a rimuginare, Anton?
— Mi pare che alzi un po’ troppo la voce, — disse Anton, guardando altrove.
— Beh, e allora? Cos’e, ti interessano i processi produttivi locali?
— Ma no… — rispose fiaccamente Anton. — Cosa vuoi che mi interessino?
Vadim giro insieme al suo sedile, si strofino le mani sulle ginocchia e si mise a guardare alternativamente Anton e Saul. Anton aveva una faccia come se stesse per addormentarsi. Teneva addirittura le mani sullo stomaco e le dita incrociate. E Saul fissava Vadim con un’espressione di commossa ammirazione e di sorpresa. Teneva la bocca mezza aperta.
— Di che si tratta? — disse Vadim. — Che cosa avete subodorato tutti e due?
Saul trasali.
— Ma certo! — esclamo. — Come ho fatto a non pensarlo subito! E tutto chiaro: abbiamo due buche ad una distanza di ottanta chilometri. Da una buca escono le macchine, percorrono ottanta chilometri su un’ottima autostrada e senza alcun effetto visibile entrano nella seconda buca. Dalla seconda buca attraverso un passaggio sotterraneo tornano alla prima…
Vadim sospiro con aria afflitta.
— No, non tornano nella prima, — disse. — Si tratta di un trasferimento adimensionale, capisce? — Ad ogni parola Saul faceva cenni affermativi col capo. — Un elementare trasporto adimensionale. Qualcuno utilizza questo posto per far percorrere alle macchine le distanze maggiori per la via piu breve. Forse migliaia di chilometri, forse migliaia di parsec. Possibile che non sia chiaro?
— Ma no, perche, e tutto chiarissimo! — esclamo Saul. Aveva un’aria un po’ intontita. — Cosa c’e di incomprensibile? Un tipico trasferimento adimensionale…
— Si, — assenti Vadim. — Ed a noi non interessa affatto. E la gente che dobbiamo cercare!
— Va bene, — disse Anton. — Cercheremo la gente. Torna indietro e segui la traversa.
Vadim giro il bioplano e ritorno indietro lungo la strada.
— Anton, ti senti male? — chiese dopo una pausa.
— Si, mi sento male, — disse Anton. — Non dimenticare di confermarlo, se te lo chiedono…
— Chi lo deve chiedere?
— Lo chiederanno, — disse Anton. — Ci sara… gente che si interessera…
Vadim non insiste, era chiaro che tutto questo non aveva senso. Guardo le macchine in basso e poi il contachilometri.
— Sono degli automi primitivi, — borbotto. — Procedono sempre alla stessa velocita, sempre alla stessa distanza… Valeva la pena di spedirli attraverso il subspazio…
Apparve la strada trasversale.
— Come volo? — chiese Vadim. — Seguo il sentiero o taglio le curve?
— Segui il sentiero, — rispose Anton. — E scendi a bassa quota.
Vadim scese con piacere fin quasi a terra e segui esattamente la strada. Gli piaceva molto andare veloce con brusche svolte. Di fianco, saltellando sulle asperita, correva sulla neve l’ombra affusolata del bioplano.
— Ecco di nuovo gli uccelli, — disse Saul furioso.
Davanti a loro, proprio sul sentiero, si trovavano alcuni mostri dalle zampe lunghe, simili a quelli visti prima. Scavavano delle fosse e raspavano nella neve smossa. Quando il bioplano si avvicino, subito si accovacciarono sulle zampe, piegarono indietro i lunghi colli e spalancarono i becchi neri. Dai becchi pendevano dei brandelli.
— Che bestiacce schifose! — disse Saul con ribrezzo. Si giro sul sedile per guardare indietro. — Che cosa staranno disseppellendo?
Vadim capi all’improvviso cosa stessero disseppellendo, ma la cosa gli fece tanto orrore che preferi non credervi.
— Lei, Saul, non ha visto i Tachorg, — disse con allegria forzata. — In confronto ai Tachorg questi non sono che pulcini appena nati. Bisognerebbe ammazzarne uno, vero Anton?
— Si, si puo fare, — disse Anton.
Saul sedeva dritto.
— Non mi piace che stiano la a scavare, — disse cupo.
Nessuno rispose. Volarono in silenzio ancora per una decina di minuti. La neve sul sentiero era di uno schifoso color letame. Vi si vedevano delle tracce che non erano ne di cingoli ne di ruote, e a destra e a sinistra, sulla superficie innevata a tratti, si stendevano lunghe file di orme umane. Le colline tondeggianti che lo fiancheggiavano erano deserte. Qua e la dai cumuli di neve spuntavano esili arbusti e nere radici contorte, che sembravano mani adunche.
— Eccone un altro, — disse Saul.
Sulla sommita di una collina stava un uccello. Notato il bioplano, si slancio impetuosamente in avanti, per tagliare loro la strada. Correva, agitando vertiginosamente le zampe, teneva aperte le piccole ali, tendeva il collo magro e con il becco quasi sfiorava la neve. Il piccolo occhio ardente fissava il bioplano.
— Non fara in tempo! — esclamo dispiaciuto Vadim.
Ma l’uccello fece in tempo. — Forza! — grido Vadim soddisfatto. Il bioplano si scosse. Nell’aria volteggio una zampa dagli artigli protesi. Anton e Saul si voltarono all’istante.
— Sta ancora ruzzolando! — comunico Saul. — Un animale schifoso come pochi… Ma guarda… — esclamo meravigliato.
Vadim accese subito lo schermo retrovisore posteriore. L’uccello caduto si era gia rimesso in piedi e, zoppicando, correva dietro al bioplano. Aveva l’aria furiosa. Presto rimase indietro e spari dietro la curva.
— Se incontreremo della gente, — disse Vadim, — proporro di sterminare queste bestiacce in tutta la vallata. Visto che da soli non ce la fanno… Che ne pensi, Toska?
— Si vedra, — disse Anton.
IV
Le colline divennero via via piu basse e all’improvviso si apri davanti a loro un alto terrapieno coperto di neve. Anton noto subito le minuscole figure nere che si muovevano sul crinale. Beh, ci siamo, penso, e disse:
— Fermati.
— Perche? — obietto Vadim. — Non lo vedi che la c’e gente!
— Fermati, ti dico!
— Ecco, — brontolo scontento Vadim, ma obbedi.
Ora si gira e mi guarda con disapprovazione, penso Anton. Che mi tocca fare…
Era in una situazione difficile. La possibilita di imbattersi in una civilta sconosciuta era estremamente bassa,