d’oro di enorme valore!»

«Capisco. Stai parlando di curiosita scientifica. Be’, le forme di vita non scapperanno, immagino. Si potranno studiare comodamente in seguito. La precedenza alle cose importanti.»

«Che c’e di piu importante dello studio di una forma di vita completamente nuova?»

«Eugenia, ragiona. Dobbiamo stabilirci qui. Dobbiamo costruire altre Colonie. Dobbiamo creare una societa ordinata, molto piu omogenea e cosciente e pacifica di tutte le societa del Sistema Solare.»

«Per farlo avremo bisogno di materiali, il che ci riporta su Eritro… dove dovremo studiare le forme di vita…»

«No, Eugenia. Atterrare su Eritro e poi decollare in presenza del suo campo gravitazionale sarebbe troppo dispendioso adesso. L’intensita dei campi gravitazionali di Eritro e di Megas… non dimenticare Megas… e abbastanza grande, anche qui nello spazio. Uno dei nostri uomini l’ha calcolata per me. Sara gia un problema rifornirci nella fascia degli asteroidi, ma sara sempre piu facile che scendere su Eritro. E se ci insedieremo nella fascia degli asteroidi, la situazione sara ancor piu vantaggiosa. Sara nella fascia degli asteroidi che costruiremo le nostre Colonie.»

«Vorresti ignorare Eritro?»

«Per un po’, Eugenia. Quando saremo forti, quando disporremo di molta energia, di riserve energetiche molto piu consistenti, quando la nostra societa sara stabile e avra raggiunto un buon livello di sviluppo, allora avremo tutto il tempo che vorremo per studiare le forme di vita di Eritro o, forse, i suoi processi chimici insoliti.»

Pitt rivolse un sorriso bonario e rassicurante a Eugenia. La questione secondaria di Eritro doveva essere rimandata il piu a lungo possibile. Se su Eritro non esisteva nessuna civilta tecnologica, le forme di vita e le risorse del pianeta, quali che fossero, potevano aspettare. Il vero nemico erano le orde inseguitrici del Sistema Solare.

Perche gli altri non riuscivano proprio a capire quali fossero le cose indispensabili? Perche gli altri si lasciavano distrarre con tanta facilita perdendosi in cose superflue?

Con che coraggio sarebbe morto, abbandonando quegli sciocchi a se stessi?

10 Persuasione

XVIII

Cosi adesso, dodici anni dopo avere scoperto che su Eritro non esistevano civilta tecnologiche, un intervallo di tempo durante il quale nessuna Colonia terrestre era arrivata all’improvviso a rovinare il nuovo mondo in fase di costruzione, Pitt poteva apprezzare quei rari momenti di riposo. Eppure, anche in quei rari momenti, il dubbio si insinuava nella mente di Pitt. Chissa? Forse la situazione di Rotor sarebbe stata migliore se lui non avesse abbandonato la sua posizione iniziale… se non fossero rimasti in orbita attorno a Eritro, e se non avessero mai costruito la Cupola su Eritro…

Pitt stava rilassandosi sulla poltroncina morbida, piacevolmente prigioniero dell’effetto elastico dei campi di contenzione, cullato da un’aura di pace quasi soporifera, quando senti il lieve ronzio che, purtroppo, lo riporto alla realta.

Apri gli occhi (non si era neppure accorto di averli chiusi), e guardo il minuscolo riquadro visivo sulla parete opposta. Tocco un contatto, ed apparve un’immagine olografica ingrandita.

Era Semyon Akorat, naturalmente.

Semyon Akorat, con la sua testa calva e oblunga. (Akorat si rasava la frangetta scura che gli rimaneva, rendendosi conto giustamente che pochi capelli radi avrebbero reso ancor piu patetico il deserto al centro della sua testa, mentre un cranio ben fatto e armonioso, senza zone pilifere che ne interrompessero la continuita, avrebbe potuto avere un aspetto quasi imponente.) Semyon Akorat, con la sua testa calva, e con l’espressione preoccupata… sempre, anche quando non c’era motivo di preoccuparsi.

Pitt lo trovava sgradevole, non perche Akorat mancasse di efficienza o lealta (in quanto a efficienza e lealta non si poteva pretendere di piu da lui, era inappuntabile), ma semplicemente per un riflesso condizionato. Akorat annunciava sempre una violazione della privacy di Pitt, un’interruzione dei suoi pensieri, la necessita di fare qualcosa che Pitt avrebbe preferito evitare. In breve, Akorat si occupava degli appuntamenti di Janus Pitt e li selezionava.

Pitt corrugo leggermente la fronte. Non ricordava di avere un appuntamento, del resto se ne dimenticava spesso, e Akorat era li proprio per quel motivo.

«Chi e?» chiese rassegnato. «Nessuna visita importante, spero.»

«Assolutamente» confermo Akorat. «Ma forse farebbe meglio a riceverla.»

«Puo sentirci?»

«Commissario» disse Akorat in tono di rimprovero, come se lo stessero accusando di negligenza. «Ovvio che non puo sentirci, lei. E sull’altro lato dello schermo.» Parlava con estrema precisione, il che era confortante per Pitt. Era impossibile fraintendere le parole di Akorat.

«Lei?» fece Pitt. «Immagino si tratti della dottoressa Insigna, allora. Be’, attieniti alle mie istruzioni. Non senza appuntamento. Ne ho avuto abbastanza di lei per un po’, Akorat. Sono dodici anni che ne ho abbastanza. Inventa una scusa. Dille che sto meditando… no, non ci credera… dille…»

«Commissario, non e la dottoressa Insigna. In tal caso non l’avrei disturbata. E… e sua figlia.»

«Sua figlia?» Pitt si concentro un attimo per ricordare il nome. «Cioe, Marlene Fisher?»

«Si. Naturalmente le ho spiegato che era occupato, e lei mi ha detto che dovrei vergognarmi di dire le bugie, perche, dalla mia espressione, si capiva chiaramente che era una bugia, e perche la mia voce era troppo tesa per essere sincera.» Mentre Akorat esponeva i fatti, il suo tono baritonale era colmo di indignazione. «Comunque, non vuole andarsene. Sostiene che lei la ricevera se sapra che sta aspettando. Vuole riceverla, Commissario? Francamente, i suoi occhi mi sconcertano.»

«Gia, mi pare di avere sentito parlare dei suoi occhi. Be’, falla entrare, falla entrare… cerchero di resistere al suo sguardo. Ora che ci penso, deve darmi qualche spiegazione.»

Marlene entro. (Molto sicura di se, anche se contegnosa e senza alcuna aria di sfida, riflette Pitt.)

Si sedette, posando le mani sulle ginocchia, aspettando che fosse Pitt a parlare per primo. Pitt la lascio aspettare un po’, osservandola distrattamente. Di tanto in tanto l’aveva incontrata quand’era piu giovane, ma ormai era da un po’ di tempo che non la vedeva. Da bambina non era graziosa, e non era graziosa nemmeno adesso. Aveva zigomi larghi, ed era piuttosto sgraziata, pero aveva effettivamente degli occhi notevoli, e sopracciglia dalla linea armoniosa, e lunghe ciglia…

«Be’, Marlene Fisher» esordi Pitt. «Cosi, volevi vedermi. Posso sapere perche?»

Marlene alzo lo sguardo, l’espressione calma, ostentando la massima di sinvoltura. «Commissario Pitt, immagino che mia madre le abbia riferito che ho detto a un amico che la Terra sara distrutta.»

Le ciglia di Pitt si aggrottarono sui suoi occhi piuttosto comuni. «Mi ha riferito, si. E spero che ti abbia detto che non devi piu parlare di certe cose in modo cosi sciocco.»

«Si, me l’ha detto, Commissario. Ma non basta non parlare di una cosa perche questa cosa non sia vera, e non basta definirla sciocca perche sia sciocca.»

«Sono Commissario di Rotor, Marlene Fisher, ed e compito mio occuparmi di certe cose, quindi devi lasciarle a me, vere o false che siano, sciocche o non sciocche. Come ti e venuta in mente l’idea della distruzione della Terra? E qualcosa che ti ha detto tua madre?»

«Non direttamente, Commissario.»

«Indirettamente, pero. E cosi?»

«Non ha potuto evitarlo, Commissario. Tutti parlano in cento modi. C’e la scelta delle parole. C’e il tono, l’espressione, il movimento degli occhi e delle palpebre, il modo in cui una persona si schiarisce la voce. Cento particolari. Capisce a cosa mi riferisco?»

«Perfettamente. Anch’io osservo quei particolari.»

«Ed e molto orgoglioso, Commissario. Pensa di essere molto in gamba come osservatore, e che questa sia una delle ragioni per cui e Commissario.»

Pitt parve sorpreso. «Non ho detto niente del genere, signorina.»

«Non a parole, Commissario. Non e stato necessario.» Marlene lo stava fissando negli occhi. Non c’era

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