— Non e cosi che me l’hai descritta — interloqui Duefiori. — Mi hai detto che era l’unica citta gia decadente fin dall’inizio.
Il mago era imbarazzato. — Si. Ma, be’, e casa mia, non capisci?
— No, non proprio — dichiaro il negoziante. — Io dico sempre che la casa e il luogo dove si appende il cappello.
— Uhm, no. — Duefiori era sempre desideroso di chiarire bene le cose. — Dove si appende il cappello e un attaccapanni. Una casa e…
— Vado a provvedere per il viaggio — lo interruppe l’omino, vedendo tornare Bethan. Le passo accanto in fretta.
Duefiori lo segui.
Dall’altra parte della tenda c’era una stanza con un lettino, un fornello alquanto sporco e un tavolino a tre zampe. Il negoziante armeggio con il tavolo, si udi il rumore come di un tappo che esca riluttante da una bottiglia. E a un tratto la stanza conteneva un universo da parete a parete.
— Non ti spaventare — disse il negoziante, mentre le stelle scorrevano via.
— Io non sono spaventato — ribatte Duefiori, con gli occhi che gli brillavano.
— Oh! — L’altro era un po’ irritato. — Comunque, si tratta solo di una immagine generata dal negozio, non e reale.
— E tu puoi andare ovunque?
L’omino era scandalizzato. — Oh, no. C’e ogni sorta di casseforti incorporate e, dopo tutto, sarebbe sciocco andare da qualche parte senza un reddito pro capite disponibile. E, naturalmente, ci deve essere una parete adatta. Ah, eccoci qui, questo e il vostro universo. Molto piccolino, penso sempre. Una specie di universetto…
Ecco il nero spazio, la miriade di stelle che brillano come polvere di diamante o, come direbbero certi, come grandi palle d’idrogeno esplose nelle lontananze remote. Ma, del resto, certe persone direbbero qualsiasi cosa.
Un’ombra si accinge a cancellare lo scintillio distante, ed e piu nera dello stesso spazio.
Da qui sembra anche molto piu grande, perche in realta lo spazio non e grande, e semplicemente un luogo indeterminato
Ma quest’ombra che offusca il cielo simile al passo di Dio non e un pianeta.
E una tartaruga, lunga diecimila miglia, dalla testa bucherellata di crateri fino alla coda rivestita di corazza.
E la Grande A’Tuin e
Le grandi pinne si alzano e si abbassano ponderose, disegnando nello spazio strane forme. Il mondo-Disco scivola attraverso il cielo come una imbarcazione regale. Ma persino la Grande A’Tuin avanza ora a fatica quando lascia il libero abisso dello spazio e deve lottare contro le tormentose pressioni dei bassifondi solari. Qui, sul litorale della luce, la magia e piu debole. Ancora pochi giorni, e il mondo-Disco verra cancellato dal peso della realta.
La Grande A’Tuin lo sa, ma la Grande A’Tuin ricorda di avere gia sperimentato tutto questo molte migliaia di anni or sono.
I suoi occhi astrochelonici, che brillano rossi nella luce della piccola stella, non sono fissi su di essa ma su un piccolo frammento di spazio non lontano…
— Si, ma dove ci troviamo? — chiese Duefiori.
Chino sul tavolo, il negoziante si limito a stringersi nelle spalle. — Ritengo che non ci troviamo da nessuna parte. Io credo che ci troviamo in una incongruita cotangente. Potrei sbagliarmi. In genere il negozio sa cio che fa.
— Vuoi dire che tu non lo sai?
— Io scelgo un po’ qua e un po’ la. — Si soffio il naso. — Qualche volta atterro su un mondo dove capiscono queste cose. — I suoi occhietti tristi fissarono Duefiori. — Il tuo e un viso gentile. Posso anche dirtelo.
— Dirmi che cosa?
— Badare al negozio non e vita, sai. Mai sistemarsi, sempre in movimento, non chiudere mai.
— Perche non ti fermi, allora?
— Ah, questo e il punto, vedi… non posso. Vivo sotto il peso di una maledizione, ecco com’e. Una cosa terribile. — Si soffio di nuovo il naso.
— Sei condannato a gestire un negozio?
— Per sempre, mio caro, per sempre. E non chiuderlo mai. Per centinaia di anni! C’era questo stregone, capisci. Io ho fatto una cosa terribile.
— In un negozio?
— Oh, si. Non ricordo cos’era che lui voleva, ma quando l’ha chiesta, io… io me ne sono uscito in uno di quei versi risucchianti, sai, come sarebbe fischiare solo all’indietro? — Fece seguire la dimostrazione alle parole.
Duefiori si fece scuro in volto ma, essendo d’animo gentile, era sempre pronto a perdonare.
— Capisco — disse lentamente. — Anche cosi…
— Non e tutto!
— Oh.
— Gli ho detto che l’articolo desiderato non era richiesto.
— Dopo avere fatto quel verso risucchiante?
— Si. Probabilmente ho anche sogghignato.
— Oh, povero me. Non l’avrai chiamato Eccellenza, spero?
— Io… puo darsi.
— Uhm.
— C’e dell’altro — seguito l’omino.
— Non e possibile!
— Si. Gli ho detto che avrei potuto ordinarlo e che lui poteva ritornare l’indomani.
— Questo non mi sembra troppo male — lo assicuro Duefiori. Il quale, di tutti gli abitanti del multiverso, era l’unico ad acconsentire che un negoziante gli ordinasse degli articoli e a sganciare in seguito grosse somme di denaro senza fare obiezioni per rimborsarlo del disturbo di avere tenuto la merce richiesta nel suo magazzino, spesso per diverse ore.
— Era un giorno di chiusura anticipata — continuo il negoziante.
— Oh.
— Gia, e l’ho sentito scuotere la maniglia. Io avevo messo sulla porta il cartello con su scritto qualcosa come 'Chiuso anche per la vendita di sigarette Negromante'. Comunque, l’ho sentito che ci batteva i pugni e ho riso.
— Hai riso?
— Si. Cosi. AhahahAH.
Duefiori scosse la testa. — Non e stato saggio da parte tua.
— Lo so, lo so. Mio padre diceva sempre, diceva 'Non commerciare in articoli per maghi'… A ogni modo, l’ho sentito gridare qualcosa a proposito di non chiudere mai piu e un sacco di altre parole che non ho capito. E poi il negozio… il negozio… e diventato
— E da allora hai sempre vagato cosi?
— Si. Suppongo che un giorno riusciro a trovare lo stregone e che forse l’articolo che desiderava sara disponibile. Fino a quel momento, devo spostarmi da un posto all’altro…
— E stato terribile — lo compati Duefiori.
L’omino si asciugo il naso con il grembiule. — Grazie.
— Anche cosi, lui non avrebbe dovuto infliggerti una maledizione tanto grave — aggiunse Duefiori.
— Oh, si, be’. — Il negoziante si aggiusto il grembiule e si sforzo coraggiosamente di riprendersi. — Comunque, tutto questo non vi riporta a Ankh-Morpork, vero?
— Il buffo e che ho acquistato il mio Bagaglio in un negozio come questo, una volta — disse Duefiori. — Voglio dire, un altro negozio.
— Oh, si, siamo in parecchi — confermo l’altro e si giro di nuovo verso il tavolo. — So che quello stregone era un tipo impaziente.
— Andare vagando senza fine attraverso l’universo — riflette ad alta voce Duefiori.
— Esatto. Bada bene, si risparmia sulle rate.
— Rate?
— Si, sono… — il negoziante fece una pausa e aggrotto la fronte. — Non ricordo bene, e successo tanto tempo fa. Rate, rate…
— Vuoi dire topi femmina molto grossi? — Duefiori aveva capito 'ratte'.
— Probabile.
— Aspetta… sta pensando — disse Cohen.
Lackjaw alzo stancamente la testa. Era stato molto piacevole, rimanersene seduti li all’ombra. Pero si era appena reso conto che, nel fuggire da una citta di pazzi, era andato a invischiarsi con un altro folle. Si chiese se sarebbe vissuto tanto da rimpiangerlo.
Sperava ardentemente di si.
— Oh, si, sta proprio pensando — disse amaramente. — Chiunque lo vedrebbe.
— Credo che li abbia trovati.
— Oh, bene.
— Stagli vicino.
— Sei matto? — esclamo Lackjaw.
— Fidati di me, lo conosco. E a ogni modo, preferiresti essere lasciato con quei tipi della stella? Potrebbero avere interesse a fare quattro chiacchiere con te.
Cohen striscio verso il Bagaglio e poi gli balzo sopra a cavalcioni. Quello non diede segno di accorgersene.