Chenier che non avrebbe avuto ispirazione alcuna; in verita non ne aveva mai avute. Era, si, vecchio e logoro, questo era vero, e non era piu un grande profumiere; ma sapeva di non esserlo mai stato in vita sua. «Rosa del sud» l’aveva ereditato da suo padre e la ricetta del «Bouquet galante di Baldini» l’aveva acquistata da un droghiere genovese di passaggio. Gli altri suoi profumi erano miscele arcinote. Non aveva mai inventato niente. Non era un inventore. Era un fabbricante coscienzioso di aromi sperimentati, era come un cuoco, che con la pratica e con buone ricette fa una grande cucina, e tuttavia non ha mai inventato un piatto suo. Tutte quelle buffonate del laboratorio, dello sperimentare e dell’ispirazione e del fare in segreto le recitava soltanto perche questo faceva parte dell’immagine professionale di un maitre parfumeur e gantier. Un profumiere era un mezzo alchimista che faceva miracoli, questo voleva la gente… e va bene! Che la sua arte fosse un mestiere come qualsiasi altro lo sapeva lui solo, e questo era il suo motivo d’orgoglio. Non voleva affatto essere un inventore. L’invenzione gli era molto sospetta, poiche significava sempre l’infrazione di una regola. Non si sognava neanche d’inventare un nuovo profumo per il conte Verhamont. Ne certo la sera si sarebbe lasciato convincere da Chenier a procurarsi «Amore e psiche» da Pelissier. L’aveva gia. Eccolo li: sullo scrittoio davanti alla finestra, in un flaconcino di vetro con il tappo smerigliato. L’aveva acquistato gia da qualche giorno. Naturalmente non di persona. Non poteva certo andare di persona da Pelissier e acquistare un profumo! Ma tramite un mediatore, il quale a sua volta tramite un mediatore… Bisognava essere prudenti. Infatti Baldini non voleva usare il profumo soltanto per la pelle spagnola, per quella non sarebbe neppure bastata la scarsa quantita. Aveva in mente qualcosa di peggio: voleva copiarlo.

Del resto non era una cosa proibita. Era soltanto oltremodo sconveniente. Imitare in segreto il profumo di un concorrente e venderlo sotto il proprio nome era sconveniente fuor di misura. Ma ancor piu sconveniente era lasciarsi cogliere in fallo, e per questo Chenier non doveva saperne nulla, perche Chenier era ciarliero.

Ah, che brutto che un uomo dabbene si vedesse costretto a prendere vie cosi traverse! Che brutto dover insudiciare la cosa piu preziosa che si possedeva, il proprio onore, in modo cosi meschino! Ma che cosa poteva fare? Il conte Verhamont era pur sempre un cliente che lui non poteva assolutamente permettersi di perdere. Gia non aveva quasi piu clienti. Anzi, doveva di nuovo rincorrere la clientela come nei primi anni venti, quando era all’inizio della sua carriera e girava per le strade con la cassetta appesa al collo. Dio sa che lui, Giuseppe Baldini, titolare del piu grande negozio di sostanze aromatiche di Parigi, in ottima posizione, finanziariamente se la sarebbe cavata ancora, a girare di casa in casa con la valigetta in mano. Ma cio non gli piaceva affatto, poiche da un bel pezzo aveva superato i sessanta e odiava aspettare in anticamere fredde ed esibire a vecchie marchese acqua di millefiori o aceto dei quattro ladri, oppure propinar loro un unguento per l’emicrania. Inoltre in quelle anticamere c’era una concorrenza assolutamente disgustosa. Ad esempio c’era quell’arrivista, Brouet di Rue Dauphine, che pretendeva di avere la piu grande serie di pomate d’Europa; oppure Calteau di Rue Mauconseil, che era riuscito a diventare il fornitore di corte della contessa d’Artois; o questo Antoine Pelissier, di Rue Saint-Andre des Arts, del tutto imprevedibile, che a ogni saison lanciava un nuovo profumo di cui tutti andavano matti.

Un simile profumo di Pelissier poteva gettare tutto il mercato nel caos. Se un anno era di moda la lozione ungherese — e di conseguenza Baldini si era rifornito di lavanda, bergamotto e rosmarino, per soddisfare la richiesta — ecco che Pelissier veniva fuori con «Air de Musc», un profumo al muschio ultrapesante. D’un tratto ognuno doveva per forza emanare un odore estremamente intenso, e Baldini poteva utilizzare il suo rosmarino come lozione per capelli e la lavanda per imbottire sacchettini profumati. Se invece l’anno seguente Baldini aveva ordinato quantita adeguate di muschio, zibetto e castoreo, a Pelissier veniva in mente di creare un profumo chiamato «Fior di bosco», che subito diventava un successo. E alla fine, quando Baldini, dopo notti di ricerca o dopo aver offerto notevoli somme di denaro, riusciva a scoprire la composizione del «Fior di bosco», ecco che Pelissier veniva fuori di nuovo con profumi di successo come «Notti turche» o «Fragranza di Lisbona» oppure «Bouquet de la Cour» o sa il diavolo che altro ancora. In ogni caso quest’uomo, nella sua sfrenata creativita, era un pericolo per tutta la professione. Ci si augurava un ritorno alla rigidita del vecchio diritto delle corporazioni. Ci si augurava che venissero prese misure draconiane contro questo individuo che faceva di testa propria, questo inflazionatore di profumi. Bisognava togliergli la licenza, ingiungergli un solenne divieto di esercitare il mestiere… e comunque quel tipo avrebbe dovuto una buona volta fare un periodo di tirocinio! Questo Pelissier infatti non era certo un maestro profumiere e guantaio qualificato. Suo padre non era stato nient’altro che un fabbricante d’aceto, e fabbricante d’aceto era anche Pelissier, niente di piu. E solo perche, quale fabbricante d’aceto, era autorizzato a maneggiare alcolici, si permetteva di fare irruzione nella categoria dei profumieri veri e propri e la di imperversare come una puzzola. Che bisogno c’era di un profumo nuovo a ogni saison? Era proprio necessario? Il pubblico era stato soddisfattissimo anche prima con acqua di viole e con semplici bouquet di fiori, che forse si potevano variare in minima parte ogni dieci anni. Per millenni gli uomini si erano accontentati di incenso e mirra, di pochi balsami, di olii e di erbe aromatiche fatte seccare. E anche quando avevano imparato a distillare con l’ampolla e l’alambicco, e a estrarre per mezzo del vapore il principio odoroso dalle erbe, dai fiori e dai vari legni sotto forma di olio essenziale, a torchiarlo con presse di legno di quercia dai semi, dai chicchi e dalle bucce di frutta, o a carpirlo ai petali dei fiori con grassi accuratamente filtrati, il numero di profumi era stato ancora moderato. Allora una figura come Pelissier sarebbe stata del tutto impensabile, perche allora gia soltanto per fabbricare una semplice pomata occorrevano capacita che questo sofisticatore d’aceto non si sarebbe mai sognato d’avere. Non soltanto bisognava saper distillare, bisognava anche saper fare pomate ed essere a un tempo farmacista, alchimista e artigiano, mercante, umanista e giardiniere. Bisognava saper distinguere il grasso di reni di montone dal sego di bovino giovane e una violetta Vittoria da un’analoga violetta di Parma. Bisognava padroneggiare il latino. Bisognava sapere quando si deve raccogliere l’eliotropio e quando fiorisce il pelargonio e che il fiore del gelsomino al levar del sole perde il suo profumo. Ovviamente questo Pelissier non aveva la piu pallida idea di cose simili. Probabilmente non aveva mai lasciato Parigi, in vita sua non aveva mai visto un gelsomino in fiore. Per non dire poi che possedeva soltanto un’ombra di quell’enorme, furfantesca abilita necessaria per strizzar fuori da centinaia di migliaia di gelsomini un piccolo grumo di concrete o un paio di gocce di essence absolue. Probabilmente conosceva soltanto questi, conosceva il gelsomino soltanto come liquido concentrato marrone scuro contenuto in una boccetta, che si trovava nella cassaforte accanto a molte altre boccette da cui lui attingeva per creare i suoi profumi alla moda. No, una figura come quel bellimbusto di Pelissier non si sarebbe retta in piedi nel buon tempo antico, quando le cose si facevano a regola d’arte. Per questo gli mancava tutto: carattere, formazione, modestia e il senso di subordinazione corporativa. I suoi successi nel campo dei profumi erano dovuti unicamente e soltanto a una scoperta, che il geniale Muzio Frangipane — un italiano, del resto! — aveva fatto gia duecento anni prima e che consisteva in questo: le sostanze aromatiche sono solubili in alcool etilico. Frangipane, mescolando le sue polverine odorose con l’alcool e trasfondendo in tal modo il loro aroma in un liquido volatile, aveva liberato l’aroma dalla materia, aveva spiritualizzato l’aroma, aveva scoperto l’aroma come aroma puro, in breve: aveva creato il profumo. Che grande opera! Che impresa sensazionale! Davvero paragonabile soltanto alle conquiste piu importanti dell’umanita, come l’invenzione della scrittura da parte degli Assiri, la geometria euclidea, le idee di Piatone e la trasformazione dell’uva in vino da parte dei Greci. Un’impresa proprio da Prometeo!

E tuttavia, come tutte le grandi imprese dello spirito danno non soltanto luce, ma anche ombra, e procurano all’umanita, oltre che bene, anche miserie e sciagure, purtroppo anche la meravigliosa scoperta di Frangipane ebbe nefaste conseguenze: poiche ora, dopo aver imparato a fissare in tinture l’essenza dei fiori e delle erbe, dei legni, delle resine e delle secrezioni animali e a travasarle in boccette, l’arte del comporre profumi era pian piano sfuggita ai pochi universalmente esperti del mestiere e rimaneva aperta ai ciarlatani, anche se erano dotati soltanto di un naso discretamente fine, come ad esempio quella puzzola di Pelissier. Senza curarsi di come avesse avuto origine il contenuto prodigioso delle sue boccette, lui poteva limitarsi a seguire i suoi ghiribizzi olfattivi e miscelare quel che gli veniva in mente al momento o che il pubblico al momento desiderava.

Certo che quel bastardo di Pelissier a trentacinque anni possedeva gia un patrimonio superiore a quello che lui, Baldini, era riuscito infine ad accumulare nella terza eta con duro e tenace lavoro. E quello di Pelissier aumentava di giorno in giorno, mentre quello di Baldini di giorno in giorno diminuiva. Nei tempi passati non sarebbe mai avvenuta una cosa del genere! Che un artigiano rispettabile e un commercant arrivato dovesse lottare per la pura sopravvivenza, era cosa che datava soltanto da pochi decenni! E cioe da quando ovunque e in tutti i campi era scoppiata questa febbrile mania di rinnovamento, questo sfrenato impulso all’attivismo, questa furia di sperimentazione, questa megalomania nel commercio, nel traffico e nelle scienze!

Oppure la follia della velocita! A che scopo avere tutte quelle strade nuove che stavano costruendo

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