poteva prendere la metropolitana per andare dove si voleva, se la distanza era troppa per venire coperta a piedi. L’ecologia di Threshold era scrupolosamente equilibrata, in modo che esteriormente somigliava a una giungla, ma tutti i fattori pericolosi e fastidiosi erano stati eliminati. Un potente campo pressore teneva fuori i grossi predatori e tutti gli insetti che non erano indispensabili per la vita delle piante.
Zoppicando o trascinandoci, a seconda dei casi, entrammo nell’edificio piu vicino, che era l’ufficio accettazione dell’ospedale. Il resto dell’ospedale era sottoterra: trenta piani. Ognuno di noi venne visitato, e ci assegnarono le stanze. Cercai di ottenerne una a due letti per me e Marygay, ma non erano attrezzati.
L’'anno terrestre' era il 2189. Quindi io avevo 215 anni. Dio, che vecchio rudere. Qualcuno faccia circolare il piattino… No, non era necessario. Il dottore che mi visito, mi disse che la mia paga arretrata sarebbe stata trasferita dalla Terra a Paradiso. Con gli interessi composti, poco mancava che fossi miliardario. Mi disse anche che su Paradiso avrei trovato molti modi di spendere il mio miliardo.
Si occuparono per primi dei feriti piu gravi, e quindi passarono parecchi giorni prima che mi operassero. Poi mi svegliai nella mia stanza e mi accorsi che mi avevano innestato una protesi sul moncherino: una struttura articolata di metallo lucido, che, al mio occhio inesperto, era esattamente identica allo scheletro d’una gamba e di un piede. Mi faceva venire i brividi a guardarla, dentro alla sacca trasparente piena di fluido, con i fili che ne uscivano e sparivano dentro a una macchina ai piedi del letto.
Entro un assistente. — Come sta, signore? — Provai la tentazione di dirgli che lasciasse perdere il 'signore': questa volta non ero piu nell’esercito e avevo intenzione di restarne fuori. Ma forse sarebbe stato bene che quel tipo continuasse a pensare che gli ero superiore in grado.
— Non so. Fa un po’ male.
— Le fara un male dell’accidente: aspetti che comincino a crescere i nervi.
— I nervi?
— Sicuro. — L’assistente manovrava la macchina e leggeva i quadranti dall’altra parte. — Come potrebbe avere una gamba, senza i nervi? Resterebbe sempre immobile.
— Nervi? Vuol dire nervi veri? Vuol dire che potro semplicemente pensare 'muoviti' e la gamba si muovera?
— Ma certo. — Mi guardo un po’ sorpreso, e riprese a manovrare i comandi.
Che meraviglia. — Le protesi hanno fatto senza dubbio un progresso enorme — dissi.
— Le pro… che?
— Sa bene, arti artificiali…
—
E come diavolo aveva fatto, quello, a ottenere un impiego? — Sicuro, protesi. Come quel coso all’estremita del mio moncherino.
— Senta, signore. — L’assistente depose la cartella clinica su cui stava scarabocchiando. — Lei e stato lontano molto tempo. Quella li diventera una gamba, precisa identica all’altra, salvo per il fatto che non si potra rompere.
— E usano lo stesso sistema anche per le braccia?
— Sicuro, per tutti gli organi. — E ricomincio a scrivere. — Fegato, reni, stomaco, tutto quanto. Stanno lavorando ancora sui cuori e sui polmoni, e quindi per ora dobbiamo usare surrogati meccanici.
— Fantastico. — Anche Marygay sarebbe ritornata intera.
L’assistente alzo le spalle. — Puo darsi. E un sistema in uso da prima che nascessi io. Lei quanti anni ha, signore?
Glielo dissi, e lui fischio. —
— Sicuro. Ho preso parte all’attacco a Epsilon. Aleph-zero. — Avevano cominciato a indicare le collapsar con le lettere dell’alfabeto ebraico, in ordine di scoperta, ma poi avevano esaurito tutte le lettere quando quelle dannate stelle avevano cominciato a spuntare da tutte le parti. Cosi adesso aggiungevano i numeri alle lettere: l’ultima che avevo sentito era che erano arrivati a Yod-42.
— Caspita, storia antica. E com’era a quei tempi?
— Non lo so. Meno affollamento. Si stava meglio. Sono tornato sulla Terra, un anno fa… diavolo, un secolo fa. Dipende dal modo di vedere le cose. Era cosi orribile che sono tornato ad arruolarmi, capisce? Un mucchio di zombie, senza offesa.
L’assistente alzo le spalle. — Io non ci sono mai stato. Quelli che vengono di la sembra che ne abbiano nostalgia. Magari adesso le cose vanno meglio.
— Come, lei e nato su un altro pianeta? Su Paradiso? — Non c’era da meravigliarsi se non riuscivo a identificare il suo accento.
— Nato, cresciuto e arruolato. — Si rimise la penna nel taschino e ripiego la cartella clinica fino alle dimensioni di un portafoglio. — Si, signore. Sono un angelo della terza generazione. E il miglior pianeta di tutta la EE.N.U. — Lo disse proprio 'Effe-E-Enne-U', e non 'Fenu' come avevo sempre sentito dire io.
— Adesso devo scappare, tenente. Ho altri due monitor da controllare entro un’ora. — Usci dalla porta, a ritroso. — Se ha bisogno di qualcosa, li sul comodino c’e un campanello.
Un angelo della terza generazione. I suoi nonni erano arrivati dalla Terra, probabilmente quando io ero un giovanottello di cento anni. Mi chiesi quanti altri mondi avessero colonizzato, mentre io voltavo le spalle. Se perdi un braccio, te ne fai crescere uno nuovo?
Sarebbe stato piacevole sistemarmi e vivere un anno per ogni anno che passava.
L’assistente non aveva scherzato, quando aveva predetto che avrei sofferto dolori terribili. E non solo per colpa della gamba nuova, sebbene bruciasse come olio bollente. Perche i nuovi tessuti attecchissero, avevano dovuto rivoluzionare la resistenza del mio organismo alle cellule estranee: il cancro mi spunto in una mezza dozzina di posti, e fu necessario curarli separatamente, dolorosamente.
Mi sentivo assai malconcio, ma era affascinante guardare la gamba ricrescere. I fili bianchi si trasformarono in vasi sanguigni e in nervi, dapprima penzolanti e un po’ lenti; poi andavano a posto, mentre la muscolatura cresceva attorno all’osso metallico.
Mi ero abituato a vederla ricrescere, e quindi lo spettacolo non mi nauseava. Ma quando Marygay venne a trovarmi, fu un colpo. Lei aveva ripreso a camminare prima che avesse cominciato a crescerle la pelle sul braccio nuovo: e sembrava un modello anatomico ambulante. Comunque, superai il trauma, e lei prese l’abitudine di venirmi a trovare qualche ora, tutti i giorni, per fare qualche partita, o quattro chiacchiere; o semplicemente se ne stava li seduta a leggere, mentre il braccio le ricresceva lentamente dentro allo stampo di plastica.
Dopo una settimana che mi era cresciuta la pelle, portarono via la macchina e tolsero l’involucro della gamba nuova. Era bruttissima, priva di peli e di un biancore cadaverico, ed era rigida come un bastone metallico. Ma funzionava, a modo suo. Potevo reggermi e camminare, trascinando i piedi.
Mi trasferirono in ortopedia per la 'rieducazione dell’arto': un modo come un altro per chiamare una lenta tortura. Ti legano a una macchina che flette contemporaneamente la gamba vecchia e quella nuova. La nuova resiste.
Marygay era nella sezione vicina, a farsi torcere metodicamente il braccio. Per lei doveva essere anche peggio; era grigia in volto e aveva l’aria sofferente, quando il pomeriggio ci incontravamo per salire alla superficie e prendere il sole tra le ombre mobili delle fronde.
L’unico passatempo emozionante — emozionante per le nostre sensibilita smussate dai combattimenti — lo potevamo trovare nell’acqua meticolosamente sorvegliata.
Devono sempre spegnere il campo pressore per un secondo, ogni volta che atterra un’astronave, altrimenti rimbalzerebbe sull’oceano. Ogni tanto, in quel varco, riesce ad infilarsi qualche animale, ma gli animali terrestri pericolosi sono troppo lenti per farcela. Per gli animali marini la faccenda e diversa.
Il padrone incontrastato degli oceani di Paradiso e un gran brutto signore che gli angeli, in un momento d’originalita, avevano battezzato 'squalo'. Ma quello sarebbe stato capace di mangiarsi per colazione un branco di squali terrestri.
Quello che riusci a entrare era uno squalo bianco di grandezza media, che da giorni stava sbattendo ostinatamente contro il campo pressore, esasperato dalla presenza di tutta quella proteina che sguazzava all’interno. Per fortuna, c’e una sirena d’allarme che suona due minuti prima che il campo pressore venga richiuso, e percio in acqua non c’era nessuno quando lo squalo passo a razzo. Cosi a razzo che per poco non ando ad arenarsi sulla spiaggia, spinto dalla furia dell’attacco insensato.