— Oh, non proprio. — Si agito una mano davanti alla faccia, in un gesto ebbro. — Un po’ di vitamine, un po’ di giu… cosio, un centimetro cubo di adren… alina se il resto non serve. Tu… tu… hai un vero… problema.

— Senti, Diana, non vorrai che io…

— Tu hai bisogno… di un appuntamento con quel simpatico caporale Valdez. — Valdez era il consulente sessuale maschile. — Lui ha l’empatia. Ti fara diventare…

— Ne abbiamo gia parlato, ti ricordi? Voglio restare come sono.

— Questo vale per tutti. — Diana si asciugo una lacrima che era probabilmente alcool all’uno per cento. — Sai che ti chiamano il Vecchio Investito. No, non cosi.

Fisso prima il pavimento, poi la parete. — Il Vecchio Invertito, ecco cosa.

Mi ero aspettato di peggio. Ma non tanto presto. — Non me ne importa. Affibbiano sempre un soprannome ai comandanti.

— Lo so ma… — All’improvviso si alzo, barcollando un pochino. — Ho bevuto troppo. Sdraiati. — Mi volto la schiena e si stiracchio cosi forte da farsi scricchiolare le giunture. Poi ci fu il fruscio di una lampo, e lei sguscio fuori della tunica, la scavalco e si avvio in punta di piedi verso il mio letto. — Vieni, William. E un’occasione unica.

— Per amor di Dio, Diana. Non sarebbe giusto.

— E tutto giusto — ridacchio lei. — E poi, sono un dottore. Ho una mentalita clinica; non mi dara fastidio neanche un po’. Aiutami con questo coso. — Dopo cinquecento anni, continuavano a metterli dietro, i fermagli dei reggiseni.

Un gentiluomo di un certo tipo l’avrebbe aiutata a spogliarsi e poi sarebbe uscito con discrezione. Un gentiluomo di un altro tipo si sarebbe precipitato fuori dalla porta. Poiche non appartenevo a nessuna delle due categorie, mi avvicinai, deciso a stare al gioco.

Per fortuna, forse, lei si addormento prima che avessimo avuto il tempo di cominciare. Restai ad ammirarla a lungo e poi, immensamente imbarazzato, riuscii a raccogliere tutta la sua roba e a rivestirla.

La sollevai dal letto, dolce peso, e poi mi resi conto che se qualcuno mi avesse visto mentre la riportavo nella sua cabina, sarebbe diventata lo zimbello di tutti per il resto della campagna. Chiamai Charlie, gli dissi che avevamo bevuto un po’ e che Diana si era sentita male e gli chiesi se era disposto a venire da me per bere qualcosa o per aiutarmi a riportare a casa la cara dottoressa.

Quando Charlie busso, lei era innocentemente abbandonata su una sedia, e russava piano.

Charlie la guardo e sorrise. — Medico, cura te stesso. — Gli offrii la bottiglia e un avvertimento. La fiuto e fece una smorfia.

— Che cos’e, vernice?

— Una porcheria che hanno combinato i cuochi. Distillazione sotto vuoto.

Charlie la poso con cautela, come se potesse esplodere. — Prevedo un imminente calo di clienti. Un’epidemia di morti per avvelenamento… Diana ha bevuto davvero questo schifo?

— Be’, i cuochi hanno ammesso che l’esperimento non era riuscito. Gli altri sapori evidentemente sono potabili. Si, l’ha bevuto e le e piaciuto.

— Bella questa… — Charlie scoppio a ridere. — Accidenti! Allora, tu la prendi per le gambe e io per le braccia?

— No, senti, prendiamo un braccio per ciascuno. Magari riusciamo a farla camminare.

Diana gemette un po’ quando l’alzammo dalla sedia, apri un occhio e disse: — Ciao, Charliiie. — Poi richiuse l’occhio e si lascio trascinare fino alla sua cabina. Lungo il percorso non ci vide nessuno, ma la sua compagna di cuccetta, la Laasonen, era alzata e leggeva.

— Ha proprio bevuto quella roba, eh? — Guardo l’amica con ironia affettuosa. — Qua, lasciate che vi aiuti.

Fra tutti e tre, riuscimmo a metterla a letto. La Laasonen le scosto i capelli dagli occhi. — Aveva detto che era un esperimento.

— E piu devota alla scienza di me — disse Charlie. — E ha anche lo stomaco piu forte.

Sarebbe stato meglio che non lo avesse detto.

Diana ammise timidamente che non ricordava piu niente di quello che era successo dopo il primo bicchiere, e parlando con lei dedussi che era convinta che Charlie fosse sempre stato presente. Il che era un bene, naturalmente. Ma, oh, Diana, mia deliziosa eterosessuale potenziale, permettimi di offrirti una bottiglia di ottimo scotch, la prima volta che arriveremo in porto. Fra settecento anni.

Tornammo nelle vasche per il salto da Resh-10 a Kaph-35. Furono due settimane a venticinque gravita; poi altre quattro settimane di routine a una gravita.

Io avevo annunciato la mia politica della porta aperta, ma in pratica non ne approfitto nessuno. Vedevo pochissimo la truppa, e quelle occasioni erano sempre negative: li interrogavo sul ripasso dell’addestramento, facevo ramanzine, e qualche volta tenevo lezioni. Ed era raro che quelli parlassero in modo intelligibile, se non per rispondere a una domanda diretta.

Quasi tutti conoscevano l’inglese come lingua madre o come seconda lingua, ma in quei quattrocentocinquant’anni era tanto cambiato che li capivo a malapena, soprattutto se lo parlavano in fretta. Per fortuna, durante il primo addestramento avevano imparato tutti l’inglese del Ventunesimo secolo: quella lingua, o dialetto, era la lingua franca temporale, grazie alla quale un soldato del Venticinquesimo secolo poteva comunicare con qualcuno che era stato contemporaneo dei suoi nonni di diciannove generazioni prima. Se l’istituzione dei nonni esisteva ancora.

Pensai al mio primo comandante, il capitano Stott — che avevo odiato cordialmente, insieme con tutto il resto della compagnia — e cercai di immaginare cio che avrei provato se lui fosse stato un deviante sessuale e se io fossi stato costretto a imparare un’altra lingua per sua comodita.

Quindi avevamo dei problemi di disciplina, sicuro. Ma era gia un miracolo che ci fosse la disciplina. Di questo era responsabile la Hilleboe, e per quanto personalmente avessi poca simpatia per lei, dovevo riconoscere che sapeva far filare la truppa.

Quasi tutte le scritte scarabocchiate sulle pareti della nave alludevano a improbabili geometrie sessuali tra il secondo ufficiale di campo e il suo comandante.

Da Kaph-35 balzammo a Sarnk-78, e da li ad Ayin-129 e finalmente a Sade-138. In generale, i balzi erano di poche centinaia d’anni-luce, ma l’ultimo fu di 140.000, il piu lungo da collapsar a collapsar mai compiuto da un veicolo con uomini a bordo.

Il tempo trascorso nel passare da una collapsar all’altra era sempre lo stesso, indipendentemente dalla distanza. Ai tempi in cui avevo studiato fisica io, si pensava che la durata di un balzo fosse esattamente zero. Ma un paio di secoli dopo, avevano effettuato un complicato esperimento con onde guida e avevano dimostrato che in effetti il balzo durava una piccola frazione di un nanosecondo. Non sembra molto, ma avevano dovuto ricostruire la fisica partendo dalle fondamenta gia quando avevano scoperto il balzo tra collapsar; e avevano dovuto smontarla di nuovo quando avevano accertato che ci voleva del tempo per andare da A a B. I fisici ne discutevano ancora.

Comunque, noi avevamo problemi piu urgenti, quando schizzammo fuori dal campo collapsar di Sade-138 a tre quarti della velocita della luce. Era impossibile accertare, sul momento, se i taurani ci avessero preceduti. Lanciammo una sonda pre-programmata che avrebbe decelerato a 300 gravita e avrebbe dato un’occhiata preliminare in giro. Ci avrebbe avvertiti, se avesse scoperto altre astronavi nel sistema, o tracce di attivita taurana su qualcuno dei pianeti della collapsar.

Dopo aver lanciato la sonda, ci chiudemmo nelle vasche e i computer incominciarono una nuova manovra evasiva della durata di tre settimane, mentre l’astronave rallentava. Non era un problema; ma tre settimane sono parecchio lunghe da passare congelati nella vasca. Dopo, per un paio di giorni, ci trascinammo in giro come vecchi invalidi.

Se la sonda ci avesse informati che i taurani erano gia nel sistema, saremmo scesi immediatamente a una gravita e avremmo cominciato a usare i caccia e le sonde automatiche, armati di bombe nova. O forse non saremmo vissuti tanto a lungo: qualche volta i taurani ce la facevano a liquidare un’astronave poche ore dopo che era entrata in un sistema. Morire nella vasca forse non era il modo migliore di andarsene.

Impiegammo un mese per ritornare a un paio di unita astronomiche da Sade-138, dove la sonda aveva trovato un pianeta che faceva al caso nostro.

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