retrattori e spugne e cosi via, mentre io tornavo a sedermi al mio posto. Con la coda dell’occhio la vidi lavorare all’interno della gabbia toracica, massaggiando direttamente il cuore.
Charlie aveva l’aria di sentirsi come mi sentivo io. Esclamo, debolmente: — Ehi, non sfinirti, Diana. — Jarvil aveva portato il carrello del cuore artificiale e stava tendendo due tubi. Diana prese un bisturi e io tornai a distogliere lo sguardo.
Mezz’ora dopo era ancora morto. Spensero la macchina e lo coprirono con un lenzuolo. Diana si lavo il sangue dalle braccia e disse: — Vado a cambiarmi. Torno fra un minuto.
Mi alzai e andai nel suo alloggio, alla porta accanto. Dovevo sapere. Alzai la mano per bussare ma all’improvviso mi fece un male terribile, come se fosse tagliata da una linea sinistra e Diana apri immediatamente.
— Cosa… oh, vuoi qualcosa per la mano? — Era semivestita ma non ci faceva caso. — Chiedilo a Jarvil.
— No, non e per questo. Cos’e successo, Diana?
— Oh, be’. — Si infilo la tunica dalla testa, e la sua voce risuono smorzata. E stata colpa mia, credo. L’avevo lasciato solo per un momento.
— E lui ha tentato di impiccarsi.
— Esatto. — Sedette sul letto e mi offri la sedia. — Ero andata al bagno, e quando sono tornata indietro era morto. Avevo gia mandato via Jarvil perche non volevo che la Hilleboe restasse troppo a lungo senza assistenza.
— Ma, Diana… non ha nessun segno sul collo. Nessun livido, niente.
Lei alzo le spalle. — Non e morto impiccato. Ha avuto un attacco cardiaco.
— Qualcuno gli ha fatto un’iniezione. Proprio sul cuore.
Diana mi guardo curiosamente. — Sono stata io, William. Adrenalina. E la procedura abituale.
Quel punto rosso di sangue si forma solo se ti scosti violentemente dal proiettore mentre ti fanno l’iniezione. Altrimenti il medicinale passa attraverso i pori, e non lascia nessuna traccia. — Era morto quando gli hai fatto l’iniezione?
— Dal punto di vista professionale, direi di si. — Impassibile. — Niente pulsazioni cardiache, polso, respirazione. Pochissimi altri disturbi presentano gli stessi sintomi.
— Gia. Capisco.
— E qualcosa… Che succede, William?
O avevo avuto un’improbabile colpo di fortuna, oppure Diana era un’ottima attrice. — Niente. Gia, e meglio che vada a farmi dare qualcosa per la mano. — Aprii la porta. — Mi ha risparmiato un sacco di fastidi.
Lei mi guardo dritto negli occhi. — Questo e vero.
In realta, pero, avevo solo scambiato un guaio con un altro. Benche la dipartita di Graubard avesse avuto parecchi testimoni disinteressati, continuava a correre la voce che lo avessi fatto eliminare dalla dottoressa Alsever, perche non ce l’avevo fatta a ucciderlo da solo e non volevo avere la seccatura di un regolare processo davanti a una corte marziale.
Il fatto era che, a norma del Codice Universale di 'Giustizia' Militare, Graubard non avrebbe avuto diritto a nessun processo. Bastava che avessi detto: — Tu, tu e tu. Portate fuori quest’uomo e uccidetelo, prego. — E guai al soldato semplice che si fosse rifiutato di eseguire l’ordine.
In un certo senso, i miei rapporti con la truppa migliorarono. Almeno esteriormente, mi mostravano una maggiore deferenza. Ma sospettavo che, almeno in parte, fosse quel tipo meschino di rispetto che si accorda a qualunque carogna che ha dimostrato di essere pericolosa e instabile.
Cosi il mio nuovo soprannome era
La base si riassesto rapidamente nella solita routine fatta di addestramento e di attesa. Ero quasi impaziente che i taurani si facessero vedere, solo per venirne fuori, in un modo o nell’altro.
I soldati si erano adattati alla situazione molto meglio di me, per ovvie ragioni. Avevano doveri specifici da compiere e parecchio tempo libero per i soliti rimedi militari contro la noia. I miei doveri erano piu variati ma mi davano poca soddisfazione, poiche i problemi che arrivavano fino a me erano piu o meno del tipo insolubile; quelli che avevano belle soluzioni chiare, senza ambiguita, venivano sbrigati dagli inferiori di grado.
Non avevo mai avuto una gran passione per gli sport e i giochi, ma cominciai a occuparmene sempre di piu: era una specie di valvola di sicurezza. Per la prima volta in vita mia, in quell’ambiente teso e claustrofobico, non potevo rifugiarmi nella lettura o nello studio. Percio tiravo di scherma con gli altri ufficiali, mi sfinivo con le macchine della ginnastica, e tenevo persino una corda per saltare nel mio ufficio. Quasi tutti gli altri ufficiali giocavano a scacchi, ma di solito erano in grado di battermi, e quando vincevo io avevo l’impressione che l’avessero fatto apposta per ingraziarmi. I giochi di parole erano difficili, perche la mia lingua era un dialetto arcaico che gli altri faticavano a manipolare. E io non avevo ne il tempo ne l’abilita per imparare alla perfezione l’inglese 'moderno'.
Per un po’ lasciai che Diana mi imbottisse di droghe psicotrope, ma l’effetto cumulativo fu spaventoso: stavo prendendo il vizio in un modo che all’inizio era troppo sottile per spaventarmi. Cosi lasciai perdere. Provai un po’ di psicanalisi sistematica con il tenente Wilber. Era impossibile. Sebbene lui sapesse tutto sui miei problemi, da un punto di vista accademico, non parlavamo lo stesso linguaggio culturale: quando mi dava consigli sull’amore e sul sesso era piu o meno come se io avessi cercato di insegnare a un servo della gleba del Quattordicesimo secolo come doveva fare per entrare nelle grazie del prete e del padrone.
E quella, in fondo, era la radice del mio problema. Ero sicuro che avrei potuto fronteggiare le pressioni e le frustrazioni del comando; essere chiuso in una grotta con quegli individui che qualche volta sembravano poco meno alieni dei nemici; perfino la quasi certezza che tutto sarebbe finito con una morte dolorosa per una causa priva di valore… purche avessi potuto avere con me Marygay. E la sensazione diventava piu intensa via via che passavano i mesi.
Il tenente Wilber a questo punto assumeva un’aria severa e mi accusava di romanticizzare la mia situazione. Lui sapeva cos’era l’amore: era stato innamorato anche lui. E la polarita sessuale della coppia non comportava differenze… d’accordo, questo potevo accettarlo; quell’idea era stata molto comune presso la generazione dei miei genitori, benche gia presso la mia avesse trovato una prevedibile resistenza. Ma l’amore, diceva Wilber, l’amore era un fiore delicato; era un fragile cristallo; l’amore era una reazione instabile con un periodo di dimezzamento di circa otto mesi. Scemenze, ribattevo io, e lo accusavo di portare dei paraocchi culturali; trenta secoli di societa prebellica avevano dimostrato che l’amore era l’unica cosa che poteva durare fino alla tomba e persino oltre,
Ripensandoci, credo che ci divertissimo a discutere in quel modo. Comunque, non mi guari.
Avevo un nuovo amico che veniva sempre a sedersi sulle mie ginocchia. Era il gatto, che aveva la solita abilita di sfuggire a coloro che amano i gatti e di attaccarsi a quelli che soffrono di sinusite o che non hanno simpatia per quelle bestiole subdole. Comunque avevamo qualcosa in comune, poiche oltre me era l’unico mammifero maschio eterosessuale esistente a distanza ragionevole. Era castrato, naturalmente, ma date le circostanze non faceva molta differenza,
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Successe esattamente 400 giorni dopo l’inizio dei lavori di costruzione. Ero seduto alla scrivania, a non controllare il nuovo elenco degli incarichi compilato dalla Hilleboe. Il gatto era sulle mie ginocchia, e faceva rumorosamente le fusa sebbene io rifiutassi di coccolarlo. Charlie era stravaccato su una sedia e leggeva qualcosa al visore. Il telefono squillo, ed era il commodoro.
— Sono qui.