— Cosa?

— Ho detto che sono qui. Una nave taurana e appena uscita dal campo della collapsar. Velocita 0,80 c. Decelerazione trenta gravita. Prendere o lasciare.

Charlie era venuto ad appoggiarsi alla mia scrivania. — Cosa? — Io spinsi giu il gatto.

— Quanto ci vuole prima che possiate inseguirla? — chiesi.

— Non appena riattacchi il telefono. — Tolsi la comunicazione e andai al computer logistico, che era il gemello di quello a bordo della Masaryk II, con cui era collegato direttamente. Mentre cercavo di ricavarne qualche cifra, Charlie manovrava il visore.

Il visore era un ologramma di circa un metro quadrato con uno spessore di mezzo metro, programmato per mostrare le posizioni di Sade-138, del nostro pianeta e di qualche altro frammento di roccia del sistema. C’erano punti verdi e punti rossi per indicare le posizioni delle nostre astronavi e di quelle taurane.

Il computer disse che il tempo minimo che i taurani avrebbero impiegato a decelerare e a tornare verso il nostro pianeta sarebbe stato un po’ piu di undici giorni. Ovviamente, ci sarebbe voluta accelerazione e decelerazione massima, per quello: e in tal caso li avremmo beccati come una mosca sul muro. Percio, come noi, avrebbero combinato a casaccio la direzione di volo e il grado di accelerazione. Sulla base di parecchie centinaia di preesistenti documentazioni sul comportamento dei nemici, il calcolatore era in grado di darci una tabella delle probabilita:

Giorni al contatto Probabilita

11: 0,000001

15: 0,001514

20: 0,032164

25: 0,103287

30: 0,676324

35: 0,820584

40: 0,922685

45: 0,993576

50: 0,999369

28,9554 MEDIANA 0,500000

A meno che, naturalmente, l’Antopol e la sua banda di allegri pirati non riuscissero a eliminarla. Le probabilita, come avevo appreso nel barattolo, erano leggermente inferiori al cinquanta per cento.

Ma sia che ci volessero 28,9554 giorni o due settimane, noi che eravamo sul pianeta dovevamo starcene li a guardare. Se l’Antopol ce l’avesse fatta, non avremmo dovuto combattere, e infine una guarnigione regolare sarebbe venuta a rimpiazzarci; poi noi ci saremmo trasferiti alla prossima collapsar.

— Non s’e ancora mossa. — Charlie aveva regolato il visore alla scala minima: il pianeta era una sfera bianca delle dimensioni di un grosso melone e la Masaryk II era un punto verde sulla destra, alla distanza di circa otto meloni: era impossibile vederli tutti e due suillo schermo contemporaneamente.

Mentre noi guardavamo, un punto verde schizzo fuori dal punto che rappresentava la nave e se ne allontano. Uno spettrale numero 2 apparve accanto al puntino e una proiezione nell’angolo in basso a sinistra dello schermo l’identifico: 2 — Missile automatico. Altri numeri della proiezione identificavano la Masaryk II un caccia difensivo planetario e quattordici missili automatici planetari difensivi. I sedici veicoli non erano ancora abbastanza distanti l’uno dall’altro per apparire come puntolini separati.

Il gatto mi si strofino contro le caviglie; lo presi in braccio e lo accarezzai. — Di’ alla Hilleboe di ordinare l’adunata. Tanto vale dirlo subito a tutti.

Gli uomini e le donne non la presero molto bene, e non potevo biasimarli. Tutti c’eravamo aspettati che i taurani attaccassero molto prima, e quando quelli si erano ostinati a non farsi vivi, si era diffusa l’impressione che il Comando della Forza d’Attacco avesse commesso un errore, e che i nemici non sarebbero mai comparsi.

Volevo che la compagnia cominciasse ad addestrarsi sul serio con le armi: da quasi due anni non avevano piu usato armi ad alta energia. Percio attivai le dita-laser e feci distribuire i lanciagranate e i lanciarazzi. Non potevamo fare le esercitazioni dentro la base per timore di danneggiare i sensori esterni e il cerchio difensivo dei laser. Percio spegnemmo meta del cerchio di laser e ci spingemmo un chilometro oltre il perimetro: un plotone per volta, accompagnato da me o da Charlie. La Rusk teneva d’occhio gli schermi del preavviso. Se qualcosa si fosse avvicinato, lei doveva lanciare un bengala, e il plotone doveva rientrare nel cerchio prima che il veicolo sconosciuto superasse l’orizzonte: in quel momento i laser difensivi sarebbero entrati automaticamente in azione, e oltre a liquidare il veicolo sconosciuto, avrebbero arrostito il plotone entro 0,02 secondi.

Non potevamo sacrificare niente di quel che c’era alla base per servircene come bersaglio, ma non fu un problema. Il primo razzo a tachioni che sparammo scavo una buca lunga venti metri, larga dieci e profonda cinque: i pezzi di roccia che erano volati via ci offrirono una quantita di bersagli, dal doppio della grandezza d’un uomo in giu.

I soldati erano in gamba, molto piu di quanto si fossero dimostrati con le armi primitive nel campo di stasi. Il miglior sistema per le esercitazioni con i laser era una specie di tiro al piattello: bastava appaiare due soldati, metterne uno dietro all’altro e fargli lanciare le pietre a intervalli irregolari. Quello che sparava doveva calcolare la traiettoria della pietra e colpirla prima che toccasse il suolo. Avevano un impressionante coordinamento occhi- mano: forse il Consiglio Eugenetico aveva davvero fatto qualcosa di buono. Quasi tutti facevano centro piu di nove volte su dieci, con pietre anche piccole come ciottoli. Il sottoscritto, che non era un prodotto dell’ingegneria genetica, riusciva al massimo a far centro sette volte su dieci; eppure avevo avuto molte piu occasioni di far pratica.

Erano altrettanto abili nel valutare le traiettorie con il lanciagranate, che era un’arma molto piu versatile di quanto non fosse stata in passato. Invece di sparare bombe da un microtone con una carica propulsiva tipo, aveva quattro cariche diverse e una scelta di bombe da uno, due, tre e quattro microtoni. E per il combattimento a distanza ravvicinata, quando usare i laser era pericoloso, la canna del lanciarazzi si poteva staccare, e la si caricava con un magazzino di proiettili 'da caccia'. Ogni colpo scagliava una nube in espansione di mille minuscole freccette, che a cinque metri erano mortali e a sei si trasformavano in un vapore innocuo.

Il lanciarazzi a tachioni non richiedeva nessuna abilita. Bastava stare attenti che non ci fosse nessuno alle tue spalle, quando sparavi; lo scarico del razzo era pericoloso per parecchi metri. Per il resto, inquadravi il bersaglio nel mirino e premevi il pulsante. Non dovevi preoccuparti della traiettoria: il razzo, a tutti gli effetti, viaggiava in linea retta. In meno di un secondo raggiungeva la velocita di fuga.

Fece bene al morale della truppa uscire a rovinare un po’ il paesaggio con quei nuovi giocattoli. Ma il paesaggio non reagiva. Per quanto le armi fossero fisicamente impressionanti, la loro efficacia sarebbe dipesa da quello che i taurani avrebbero usato in risposta. Anche una falange greca doveva avere un aspetto assai impressionante, ma non se la sarebbe cavata molto bene contro un uomo solo armato di lanciafiamme.

E come succedeva ad ogni scontro, a causa della dilatazione temporale non si poteva sapere che razza di armi avrebbero avuto i taurani. Poteva darsi che non avessero mai sentito parlare del campo di stasi. E poteva darsi che fossero in grado di pronunciare una parola magica che lo faceva scomparire.

Ero fuori con il Quarto plotone a bruciare pietre, quando Charlie mi chiamo e mi prego di rientrare d’urgenza. Lasciai il comando a Heimoff.

— Un altro? — La scala dello schermo olografico era tale che il nostro pianeta era grande come un pisello, a circa cinque centimetri dalla X che indicava la posizione di Sade-138. Intorno erano sparpagliati quarantuno puntini rossi e verdi: la proiezione identificava il numero 41 come Incrociatore taurano (2).

— Hai chiamato l’Antopol?

— Sicuro. — Charlie prevenne la domanda successiva. — Ci vorra quasi un giorno perche il segnale arrivi fin lassu e torni indietro.

— Prima non era mai successo. — Ma naturalmente Charlie lo sapeva.

Forse questa collapsar ha un’importanza particolare, per loro.

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