Brill e i suoi; avrei riattivato il sistema di puntamento automatico, e sarei rimasto a godermi lo spettacolo. Ma anche bloccati, i laser potevano essere utili. Charlie segno i monitor per indicare dove sarebbero andati a puntare i raggi: lui e la Hilleboe potevano farli sparare manualmente, ogni volta che qualcosa si muoveva entro la linea di tiro di un’arma.

Avevamo ancora una ventina di minuti. La Brill stava facendo il giro del perimetro con i suoi, e ordinava di entrare nelle trincee, una squadra alla volta, in modo da creare campi di fuoco incrociati. La chiamai e le dissi di montare le armi pesanti in modo da usarle per incanalare l’avanzata dei nemici verso la linea di tiro dei laser.

Non c’era altro da fare che attendere. Chiesi a Charlie di misurare l’avanzata dei nemici e di tentare di darci un count-down preciso, poi sedetti alla scrivania e presi un blocco, per tracciare uno schema dello schieramento della Brill e vedere se potevo apportare qualche miglioramento.

Il gatto mi salto sulle ginocchia, miagolando lamentosamente. Non poteva distinguere una persona dall’altra, adesso che eravamo chiusi negli scafandri. Ma nessun altro sedeva mai a quella scrivania. Cercai di accarezzarlo, e lui schizzo via.

La prima riga che tracciai sfondo quattro fogli di carta. Era passato parecchio tempo da quando avevo fatto per l’ultima volta un lavoro delicato stando dentro a uno scafandro. Ricordai che, durante l’addestramento, ci facevano esercitare a controllare i circuiti amplificatori della forza passandoci delle uova dall’uno all’altro. Se ne spaccavano parecchie. Mi chiesi se esistessero ancora le uova, sulla Terra.

Completai lo schema: non sapevo come potevo migliorarlo. In tutte le teorie che mi avevano stipato nel cervello c’erano molti suggerimenti tattici sulle manovre avvolgenti e sugli accerchiamenti, ma dal punto di vista sbagliato. Se a essere circondato eri tu, non avevi molta scelta. Stare li a combattere. Rispondere prontamente alle concentrazioni di forze del nemico, ma mantenere la flessibilita in modo che il nemico non possa impiegare una diversione per allontanare una parte delle tue forze da qualche sezione prevedibile del tuo perimetro. Utilizzare al massimo l’appoggio aereo e spaziale. Ottimo consiglio. Tieni giu la testa e il mento alto e prega che arrivi la cavalleria. Tieni la tua posizione e non pensare a Dien-bien-phu, ad Alamo e alla battaglia di Hastings.

— Altri otto trasporti truppe — disse Charlie. — Cinque minuti. Il tempo necessario perche gli altri arrivino qui.

Quindi intendevano attaccare in due ondate. Almeno due. Cosa avrei fatto io, al posto del comandante taurano? Non era una domanda troppo assurda: i taurani erano privi d’immaginazione e tendevano a copiare gli schemi umani.

La prima ondata sarebbe stata un attacco suicida, da kamikaze, per ammorbidirci e valutare le nostre difese. Poi la seconda sarebbe stata piu metodica, e avrebbe completato il lavoro. O viceversa: il primo gruppo avrebbe avuto a disposizione venti minuti per trincerarsi; poi il secondo l’avrebbe scavalcato e ci avrebbe colpiti duramente in un dato punto… avrebbe sfondato il perimetro e invasa la base.

O forse avevano mandato due gruppi solo perche il due era un numero magico. Oppure erano in grado di lanciare solo otto trasporti truppe alla volta; e sarebbe stato un guaio, perche voleva dire che i trasporti erano grossi. In situazioni diverse i taurani avevano usato trasporti che contenevano da un minimo di quattro soldati a un massimo di centoventotto.

Tre minuti. — Fissai la schiera dei monitor che mostravano varie sezioni del campo minato. Se avevamo fortuna, sarebbero atterrati la, per prudenza. O forse l’avrebbero sorvolato a quota abbastanza bassa da fare esplodere le mine.

Mi sentivo vagamente colpevole. Ero al sicuro nella mia tana, a scarabocchiare, pronto a lanciare ordini. Cosa ne pensavano del loro comandante assenteista quei settanta agnelli votati al sacrificio?

Poi ricordai quello che avevo pensato io del capitano Stott durante la prima missione, quando aveva preferito starsene al sicuro in orbita mentre noi combattevamo al suolo. L’impeto di quel ricordo d’odio fu cosi forte che dovetti mordermi le labbra per ricacciare la nausea.

— Hilleboe, e in grado di badare al laser da sola?

— Non vedo perche no, signore.

Lasciai cadere la penna e mi alzai. — Charlie, occupati della coordinazione dell’unita: puoi farlo anche meglio di me. Io vado su.

— Non glielo consiglierei, signore.

— Diavolo, William, no. Non fare l’idiota.

— Io non accetto ordini, io li do…

— Non sopravviveresti per dieci secondi, lassu — disse Charlie.

— Correro gli stessi rischi di tutti gli altri.

— Non hai capito quello che voglio dire. Ti uccideranno loro!

— I nostri? Assurdo. So che non hanno molta simpatia per me, ma…

— Non hai ascoltato le frequenze delle squadre? — No, non parlavano la mia varieta d’inglese, quando comunicavano tra loro. — Pensano che li abbia mandati la fuori per punizione, per vigliaccheria. Dopo che avevi detto loro che erano liberi di andare nella cupola.

— Non e stato cosi, signore? — fece la Hilleboe.

— Punirli? No, naturalmente no. — Non consciamente. — Li ho mandati su perche mi occorreva… Il tenente Brill non gli ha detto niente?

— No, che io abbia sentito — fece Charlie. — Forse era troppo occupata per sintonizzarsi.

O forse era d’accordo con loro. — Sara meglio che…

— La! — urlo la Hilleboe. Il primo trasporto nemico era visibile su uno dei monitor del campo minato; gli altri apparvero dopo un secondo. Arrivavano da tutte le direzioni e non erano neppure distribuiti equamente intorno alla base. Cinque nel quadrante nord-est e uno solo in quello sud-ovest. Trasmisi l’informazione alla Brill.

Ma avevamo previsto esattamente il loro ragionamento: stavano per scendere tutti sul cerchio minato. Uno arrivo abbastanza vicino da fare esplodere uno degli ordigni a tachioni. L’esplosione colpi l’estremita posteriore del veicolo bizzarramente aerodinamico, gli fece compiere una giravolta completa e lo fece precipitare di muso. I portelli laterali si aprirono, e ne strisciarono fuori i taurani. Erano dodici: quattro, probabilmente, erano rimasti dentro. Se tutti gli altri trasporti contenevano sedici soldati, erano numericamente di poco superiori a noi.

Nella prima ondata.

Gli altri sette veicoli atterrarono senza incidenti e, si, c’erano sedici taurani su ciascuno. La Brill sposto un paio di squadre per conformarsi alla concentrazione delle truppe nemiche, e attese.

I taurani avanzarono rapidi attraverso il campo minato, spiccando balzi all’unisono come robot dalle gambe arcuate e dal torso massiccio, senza variare l’andatura neppure quando uno di loro veniva fatto a pezzi da una mina, il che accadde undici volte.

Quando comparvero all’orizzonte, risulto evidente la ragione di quella distribuzione apparentemente casuale: avevano analizzato in anticipo le linee di avvicinamento che avrebbero offerto loro la massima copertura, grazie ai detriti sollevati dai missili. Ce l’avrebbero fatta ad arrivare a un paio di chilometri dalla base prima che potessimo averli chiaramente sulla linea di tiro. E i loro scafandri avevano circuiti di potenziamento come i nostri: quindi potevano coprire un chilometro in meno di un minuto.

La Brill fece aprire immediatamente il fuoco ai suoi, probabilmente piu per tener alto il loro morale che per la speranza di colpire davvero i nemici. Probabilmente qualcuno lo falciarono, anche se era difficile capirlo. Se non altro, i razzi a tachioni facevano una gran scena, trasformando i macigni in ghiaietta.

I taurani risposero al fuoco con qualche arma simile ai razzi a tachioni, o forse esattamente identica. Ma era difficile che facessero centro: i nostri erano al livello del suolo o anche piu sotto, e se il razzo non colpiva qualcosa, continuava a procedere in eterno, amen. Comunque colpirono uno dei laser, e la scossa che arrivo fino a noi fu tale da farmi rimpiangere che non ci fossimo rintanati un po’ piu giu di venti metri.

I laser da un gigawatt non ci servivano a niente. I taurani dovevano aver calcolato in anticipo la loro linea di tiro, e giravano al largo. Fu una fortuna, perche indusse Charlie a distogliere per un attimo l’attenzione dal monitor dei laser.

— Cosa diavolo…

— Che c’e, Charlie? — Io non distolsi gli occhi dai monitor. Aspettavo che succedesse qualcosa.

— L’astronave, l’incrociatore… e sparito. — Guardai lo schermo olografico. Aveva ragione: le sole luci rosse che restavano erano quelle dei trasporti.

Вы читаете Guerra eterna
Добавить отзыв
ВСЕ ОТЗЫВЫ О КНИГЕ В ИЗБРАННОЕ

0

Вы можете отметить интересные вам фрагменты текста, которые будут доступны по уникальной ссылке в адресной строке браузера.

Отметить Добавить цитату