Anche il successivo attacco fini in una frazione di secondo, ma questa volta i missili automatici furono otto, e quattro arrivarono a meno di dieci chilometri. La radiazione dei crateri luminescenti alzo la temperatura fin quasi a 300 gradi assoluti. Era superiore al punto di fusione dell’acqua, e cominciai a preoccuparmi. Gli scafandri da combattimento andavano bene anche a piu di mille gradi, ma i laser automatici avevano bisogno dei superconduttori a temperature bassissime, per agire in fretta.
Chiesi al computer qual era il limite di temperatura dei laser, e quello stampo in chiaro il
Charlie guardava lo schermo. La sua voce era inespressiva, attraverso la radio. — Sedici, questa volta.
— Sorpreso? — Una delle poche cose che conoscevamo della psicologia taurana era una certa ossessione per i numeri, in particolare per i numeri primi e le potenze di due.
— Speriamo che non gliene restino ancora trentadue. — Interrogai in proposito il computer: seppe dire soltanto che finora l’incrociatore aveva lanciato un totale di 44 missili automatici e che si sapeva che alcune navi da battaglia taurane ne portavano anche 128.
Avevamo piu di mezz’ora prima che i missili arrivassero. Potevo evacuare tutti nel campo di stasi, dove sarebbero stati relativamente in salvo, se una delle bombe nova fosse riuscita a superare il cerchio. In salvo, ma chiusi in trappola. Quanto tempo avrebbe impiegato a raffreddarsi il cratere, se tre o quattro bombe fossero riuscite a passare, per non pensare poi a quello che sarebbe accaduto se fossero passate tutte e sedici? Non si poteva vivere in eterno dentro uno scafandro da combattimento, sebbene riciclasse tutto con spietata efficienza. Una settimana era sufficiente per demoralizzarti completamente. Due settimane bastavano a spingerti al suicidio. Nessuno aveva mai resistito per tre settimane, dentro a un campo.
Inoltre, come posizione difensiva, il campo di stasi poteva trasformarsi in una trappola mortale. Il nemico aveva tutti i vantaggi, dato che la cupola e opaca: l’unico modo per scoprire come vanno le cose all’esterno e metter fuori la testa. I taurani non avevano bisogno di entrare, muniti di armi primitive, a meno che non fossero impazienti. Potevano saturare la cupola con il fuoco dei laser e aspettare che noi spegnessimo il generatore. E intanto, potevano assediarci scagliando dentro la cupola lance, pietre, frecce… Noi avremmo potuto rispondere al fuoco, ma sarebbe stato inutile.
Naturalmente, se un uomo fosse rimasto nella base, gli altri avrebbero potuto attendere fuori, dentro la cupola, per la prossima mezz’ora. Se quello non fosse andato a prenderli, avrebbe capito che l’esterno scottava. Formai a colpi di mento la combinazione che mi avrebbe inserito su una frequenza accessibile a tutto il personale dal quinto grado in su.
— Qui il maggiore Mandella. — Suonava ancora come una pessima battuta di spirito.
Spiegai a grandi linee la situazione, e dissi loro di avvertire le truppe che tutti gli effettivi della compagnia erano liberi di trasferirsi nel campo di stasi. Io sarei rimasto e sarei andato a recuperarli se tutto fosse andato bene. Non per magnanimita, naturalmente: preferivo il rischio di venir disintegrato in un nanosecondo a una quasi inevitabile morte lenta sotto la cupola grigia.
Poi formai la combinazione di Charlie. — Puoi andare anche tu. Provvedo io a tutto, qui.
— No, grazie — disse lui, lentamente. — Preferirei… Ehi, guarda questo.
L’incrociatore aveva lanciato un altro punto rosso, un paio di minuti piu indietro degli altri. La proiezione dello schermo l’identifico: era un altro missile automatico. — E strano.
— Bastardi superstiziosi — disse Charlie, senza slancio.
Solo undici persone decisero di raggiungere le cinquanta che avevano avuto l’ordine di andare nella cupola. La cosa non avrebbe dovuto sorprendermi, e invece mi sorprese.
Mentre i missili si avvicinavano, Charlie e io osservavamo i monitor, evitando di guardare lo schermo olografico, tacitamente concordi nel ritenere che era meglio non sapere quando erano a un minuto di distanza, a trenta secondi… E poi, come le altre volte, fini prima che ci rendessimo conto che era cominciato. Gli schermi sfolgorarono bianchissimi, ci fu un brontolio di energia statica, e noi eravamo ancora vivi.
Ma questa volta c’erano quindici buche nuove sull’orizzonte, o ancora piu vicino, e la temperatura saliva cosi rapidamente che l’ultima cifra dell’indicatore era una chiazza amorfa, in movimento. Il numero sali oltre gli 800 e poi comincio a ridiscendere.
Non avevamo mai visto i missili, durante l’infinitesimale frazione di secondo che i laser impiegavano a puntare e a sparare. Ma poi il diciassettesimo lampeggio sopra l’orizzonte, zigzagando pazzamente, e si fermo proprio sulla nostra verticale. Per un istante sembro restare immobile, e poi comincio a cadere. Meta dei laser l’avevano captato, e sparavano continuamente, ma nessuno poteva mirare: erano tutti bloccati nella precedente posizione di tiro.
Il missile scintillava mentre cadeva, e la lucentezza di specchio del guscio rifletteva il bagliore incandescente dei crateri e il guizzare spettrale del costante, impotente fuoco dei laser. Sentii Charlie trarre un profondo respiro, e il missile scese cosi vicino che potevi vedere i filiformi numerali taurani incisi sull’involucro e un oblo trasparente, vicino alla punta… poi il motore divampo, e sfreccio via, all’improvviso.
— Cosa diavolo? — fece Charlie, sottovoce. L’oblo. — Forse era un ricognitore.
— Credo di si. Quindi non possiamo toccarli, e loro lo sanno.
— A meno che i laser si riprendano. — Non pareva probabile. — E meglio che mandiamo tutti quanti sotto la cupola. E che ci andiamo anche noi.
Egli pronuncio una parola che era un po’ cambiata nel corso dei secoli, ma che aveva ancora un significato inequivocabile. — Non c’e fretta. Vediamo cosa fanno.
Attendemmo per parecchie ore. All’esterno, la temperatura si stabilizzo a 690 gradi — appena inferiore al punto di fusione dello zinco, ricordai assurdamente — e provai i comandi manuali dei laser, ma erano ancora bloccati.
— Ecco che arrivano — disse Charlie. — Altri otto.
Mi avviai verso lo schermo. — Credo che…
— Aspetta! Non sono missili. — La proiezione li identifico tutti e otto con la legenda
— Penso che vogliano prendere la base — disse Charlie. — Intatta.
E magari collaudare nuove armi e nuove tecniche. — Non e un gran rischio per loro. Possono sempre ritirarsi e gettarci una bomba nova sulle ginocchia.
Chiamai la Brill e ordinai di andare a prendere tutti quelli che si trovavano nel campo di stasi, di schierarli con il resto del suo plotone in una linea difensiva intorno ai quadranti nord-est e nord-ovest. Io avrei schierato gli altri sull’altro semicerchio.
— Chissa — fece Charlie. — Forse non dovremmo portare tutti all’aperto. Almeno fino a quando non sappiamo quanti sono i taurani.
Aveva ragione lui. Tenere una riserva, indurre il nemico a sottovalutare le nostre forze. — E un’idea… potrebbero essere solo sessantaquattro, negli otto trasporti. — O centoventotto, o duecentocinquantasei. Sarebbe stato meglio se i nostri satelliti spia avessero posseduto una maggiore capacita di discriminazione. Ma non si puo mettere piu che tanto, dentro a una macchina grande come un chicco d’uva.
Decisi che i settanta della Brill formassero la nostra prima linea difensiva e ordinai che si schierassero in cerchio nelle trincee preparate all’esterno del perimetro della base. Tutti gli altri sarebbero rimasti sottoterra fino a quando non ci fosse stato bisogno di loro.
Se fosse risultato che i taurani, per superiorita numerica o grazie a una nuova tecnologia, erano in grado di mettere in campo una forza inarrestabile, avrei ordinato a tutti di entrare nel campo di stasi. C’era una galleria che portava dagli alloggiamenti alla cupola, e quelli che si trovavano nella base sotterranea potevano arrivarci sani e salvi. Quelli in trincea si sarebbero dovuti ritirare sotto il fuoco nemico: se qualcuno di loro fosse stato ancora vivo nel momento in cui avrei dato l’ordine.
Chiamai la Hilleboe e dissi a lei e a Charlie di badare ai laser. Se si fossero sbloccati, avrei richiamato la