molto grande, a una ventina di metri di distanza. — E vi mostrero qualcosa che farete bene a imparare, se ci tenete a restare vivi.

Il capitano si incammino con una dozzina di passi sicuri. — Per prima cosa devo scaldare una roccia… giu i filtri. — Io premetti il pulsante sotto l’ascella e il filtro scivolo al suo posto, sopra il mio trasformatore d’immagini. Il capitano punto il dito verso una roccia nera grande piu o meno come una palla da pallacanestro, e lancio contro di essa una breve raffica. Il bagliore fece rotolare sopra di noi e piu oltre un’ombra lunghissima del capitano. La roccia si schianto in un mucchio di schegge nebulose.

— Queste qui non impiegano molto tempo a raffreddarsi. — Si fermo e ne raccolse un pezzo. — Questa probabilmente e venti o venticinque gradi. State a vedere. — Getto la roccia 'calda' sul lastrone di ghiaccio. Quella slitto, pattino in giro in un ghirigoro pazzesco e schizzo via lateralmente. Il capitano getto un’altra scheggia, che si comporto allo stesso modo.

— Come sapete, voi non siete perfettamente isolati. Queste rocce hanno piu o meno la temperatura delle suole dei vostri stivali. Se cercherete di stare in piedi su una lastra d’idrogeno, vi capitera la stessa cosa. Solo che la roccia e gia morta.

'La ragione di questo comportamento e che la roccia crea un contatto liscio con il ghiaccio, una minuscola pozzanghera d’idrogeno liquido, e scivola a un’altezza di poche molecole sopra il liquido, su un cuscino di vapore d’idrogeno. Di conseguenza, in rapporto al ghiaccio, la roccia e voi diventate come un cuscinetto a sfere senza attrito, e non e possibile stare in piedi, senza un attrito sotto agli stivali.

'Dopo che avrete vissuto nello scafandro per un mese o piu, dovreste essere in grado di sopravvivere a una caduta, ma per ora non ne sapete abbastanza. State a vedere.'

Il capitano si flette e balzo sul lastrone. I piedi slittarono via, e lui si contorse e si giro su se stesso a mezz’aria, atterrando sulle mani e sulle ginocchia. Sdrucciolo via e si fermo in piedi sul terreno gelato.

— L’importante e impedire che le pinne di scarico entrino in contatto con il gas gelato. In confronto al ghiaccio sono calde come una fornace, e un contatto provocato da un peso qualsiasi produce un’esplosione.

Dopo la dimostrazione, camminammo in giro per un’altra ora o giu di li e ritornammo agli alloggiamenti. Superato il vano stagno, dovemmo continuare a camminare in giro per un po’, in modo che gli scafandri arrivassero alla temperatura ambiente. Qualcuno si avvicino e accosto l’elmo al mio.

— William? — Aveva il nome MCCOY stampigliato sulla visiera.

— Ciao, Sean. Qualcosa di speciale?

— Mi stavo giusto chiedendo se avevi qualcuno con cui dormire stanotte.

Giusto: me ne ero dimenticato. Li non c’era l’assegnazione delle brande. Ciascuno si sceglieva il compagno. — Sicuro, voglio dire, uh, no… no, non l’ho ancora chiesto a nessuno. Sicuro, se vuoi…

— Grazie, William, ci vediamo dopo. — La guardai allontanarsi e pensai che, se qualcuno era capace di dare un’aria sexy a uno scafandro da combattimento, quella doveva essere Sean. Ma per la verita, non ci riusciva neanche lei.

Cortez decise che ci eravamo scaldati abbastanza, e ci accompagno nella sala scafandri, dove, camminando a ritroso, li infilammo ai loro posti e li agganciammo alle piastre di ricarica. (Ogni scafandro aveva un pezzettino di plutonio capace di fornirgli energia per parecchi anni, ma eravamo tenuti a farli funzionare il piu possibile con le batterie a carburante.) Dopo un po’ di trambusto, tutti riuscimmo ad agganciare, e ricevemmo il permesso di uscirne fuori: novantasette pulcini nudi che sgusciavano da uova color verde vivo. Era freddo - tutto, l’aria, il pavimento e specialmente gli scafandri — e ci precipitammo piuttosto disordinatamente verso gli armadietti.

Infilai tunica, calzoni e sandali e continuai ad aver freddo. Presi la gavetta e mi misi in fila per la soia. Tutti quanti saltellavano per scaldarsi.

— C-che f-freddo, non ti pare, M-Mandella? — Questa era la McCoy.

— Non voglio neanche pensarci. — Smisi di saltellare e mi massaggiai il piu energicamente possibile, mentre tenevo la gavetta con una mano. — E freddo almeno quanto lo era il Missouri.

— Ugh… vorrei… che avessero messo… qualche fottuto riscaldamento… in questo posto. — A risentirne gli effetti piu degli altri sono sempre le donne piccole. La McCoy era la piu minuta della compagnia, una bambola dal vitino di vespa che arriva appena a un metro e mezzo.

— Hanno attaccato il condizionatore d’aria. Ormai non ci vorra molto.

— Vorrei… essere… un pezzo d’uomo… grande e grosso… come te.

Ma io ero contento che non lo fosse.

6

Subimmo la prima perdita il terzo giorno, mentre imparavamo a scavare le buche.

Con un simile quantitativo di energia accumulato nelle armi di un soldato, non sarebbe molto pratico scavare una buca nel suolo gelato con piccone e badile. Comunque, si potrebbero lanciare bombe a mano per tutto il giorno senza ottenere altro che depressioni poco profonde… percio il metodo abituale consiste nel praticare un foro nel terreno con il laser a mano, buttarci dentro una carica a orologeria dopo che si e raffreddato e, idealmente, riempire la buca con qualcosa. Naturalmente, non ci sono molti pezzi di roccia a disposizione, su Caronte, a meno che tu non abbia gia scavato una buca, con l’esplosivo, nei pressi.

L’unica difficolta in questa procedura consiste nell’allontanarsi. Per mettersi al sicuro, ci dissero, bisogna essere dietro qualcosa di veramente solido, o trovarsi almeno a cento metri di distanza. Hai a disposizione circa tre minuti dopo avere sistemato la carica, ma non puoi scappare via di corsa. E troppo pericoloso, su Caronte.

L’incidente avvenne mentre stavamo facendo una buca veramente profonda, del tipo che occorre per un grosso bunker sotterraneo. Dovevamo aprire una buca con l’esplosivo, e poi scendere sul fondo del cratere e ripetere la procedura varie volte, fino a quando non fosse profonda a sufficienza. Dentro al cratere adoperavamo cariche a cinque minuti, ma il tempo era appena sufficiente: bisognava andare piano, quando si risaliva all’orlo del cratere.

Tutti, piu o meno, avevamo aperto una doppia buca: tutti tranne io e tre altri. Credo che fossimo i soli che prestarono veramente attenzione, quando la Bovanovitch si mise nei guai. Tutti noi eravamo a duecento metri buoni di distanza. Con il mio trasformatore d’immagini attivato a circa quaranta, la vidi scomparire oltre l’orlo del cratere. Poi, riuscii soltanto ad ascoltare la sua conversazione con Cortez.

— Sono sul fondo, sergente. — Le normali comunicazioni radio venivano sospese, durante le manovre come quella: erano autorizzati a trasmettere solo Cortez e l’allievo in azione.

— Bene, portati al centro e sposta i detriti. Prendila con calma. Non c’e bisogno di precipitarsi fino a quando non avrai strappato la linguetta.

— Sicuro, sergente. — Ci giungevano piccoli echi di rocce tintinnanti: gli stivali di lei facevano da conduttori del suono. Per parecchi minuti non disse niente.

— Trovato il fondo. — Sembrava un po’ ansimante.

— Ghiaccio o roccia?

— Oh, e roccia, sergente. Quella roba verdastra.

— Usa una regolazione bassa, allora. Uno virgola due, dispersione quattro.

— Accidenti, sergente, ci mettero un’eternita.

— Sicuro, ma dentro quella roba ci sono cristalli idrati… riscaldala troppo in fretta e potrai creare delle fratture. Allora dovremmo lasciarti li dentro, ragazza. Morta e insanguinata.

— Okay, uno virgola due, dispersione quattro. — L’orlo interno del cratere si illumino di guizzi rossi: il riflesso della luce del laser.

— Quando sarai arrivata a una profondita di circa mezzo metro, portalo a dispersione due.

— Ricevuto. — Impiego esattamente diciassette minuti, di cui tre a dispersione due. Potevo immaginare quanto fosse anchilosato il braccio con cui sparava.

— Adesso riposati per qualche minuto. Quando il fondo del foro non sara piu luminoso, arma la carica e

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