quindici bombe, e percio tenni gli occhi fissi sul bunker mentre tendevo il braccio all’indietro per sganciarmi dalle spalle un altro caricatore…

Quando il laser colpi il mio trasformatore d’immagini, ci fu un bagliore rosso cosi intenso che parve attraversarmi gli occhi e rimbalzare sulla parete interna del cranio. Dovettero passare solo pochi millesimi di secondo, prima che il trasformatore si sovraccaricasse e si spegnesse, ma l’immagine residua, verde viva, mi brucio gli occhi per parecchi minuti.

Poiche ero ufficialmente 'morto', la mia radio si spense automaticamente; e io dovevo restare dov’ero fino alla fine della finta battaglia. Senza altre percezioni sensoriali che il tocco della mia pelle (che era dolorante, dove aveva sfolgorato il trasformatore d’immagini) e il ronzio nelle orecchie, mi sembro un tempo spaventosamente lungo. Alla fine, un elmo urto contro il mio.

— Tutto a posto, Mandella? — La voce della Potter.

— Mi dispiace, sono morto di noia venti minuti fa.

— Alzati e prendi la mia mano. — Obbedii; strascicando i piedi, tornammo agli alloggiamenti. Dovemmo impiegare piu di un’ora. Lei non disse altro, per tutto il percorso — quello e un sistema un po’ scomodo per comunicare — ma dopo che fummo entrati dal vano stagno e ci fummo scaldati un po’, mi aiuto a togliermi la tuta. Mi preparai a una blanda ramanzina, ma quando lo scafandro si apri, prima ancora che i miei occhi si riabituassero alla luce, lei mi afferro per il collo e mi pianto un bacio umido sulla bocca.

— Bel tiro, Mandella.

— Eh?

— Non hai visto? No, naturalmente… l’ultima salva, prima che venissi colpito… quattro centri diretti. Il bunker ha deciso che era stato messo fuori combattimento, e tutto quello che abbiamo dovuto fare e stato camminare per il resto del percorso.

— Magnifico. — Mi grattai la faccia, sotto gli occhi, e si staccarono dei pezzi di pelle secca. La Potter ridacchio.

— Dovresti vederti. Sembri…

— Tutto il personale a rapporto in sala riunioni. — Era la voce del capitano. Di solito, erano cattive notizie.

La Potter mi consegno tunica e sandali. — Andiamo. — La sala riunioni, che era anche la sala rancio, era appena in fondo al corridoio. Sulla porta c’era una fila di pulsanti per dare il 'presente'; schiacciai quello sotto il mio nome. Quattro nomi erano coperti da strisce d’adesivo nero. Andava bene, quattro soltanto. Non avevamo perduto nessuno, durante le manovre di quel giorno.

Il capitano era seduto sulla pedana rialzata, il che almeno significava che non dovevamo passare per la solita stupida procedura dell’at-tenti! La sala si riempi in meno di un minuto. Lo squillo d’un campanello indico che tutti erano presenti all’appello.

Il capitano Stott non si alzo. — Ve la siete cavata abbastanza bene, oggi. Non e rimasto ucciso nessuno, contrariamente a quello che mi aspettavo. Da questo punto di vista avete superato le mie previsioni, ma da tutti gli altri avete fatto schifo.

'Sono lieto che abbiate saputo badare a voi stessi, perche ognuno di voi rappresenta un investimento di oltre un milione di dollari, e un quarto di vita umana.

'Ma in questa battaglia simulata contro un robot molto stupido, trentasette di voi sono riusciti a mettersi sul raggio laser e a farsi ammazzare in modo simulato, e poiche i morti non hanno bisogno di cibo, voi non avrete bisogno di cibo per i prossimi tre giorni. I caduti di questa battaglia avranno diritto solo a due litri d’acqua e a una razione di vitamine al giorno.'

Sapevamo che non era il caso di lanciare gemiti o altro, ma c’erano espressioni abbastanza disgustate, soprattutto sulle facce con le ciglia strinate e un rettangolo di pelle scottata, color rosa carico, intorno agli occhi.

— Mandella.

— Signore?

— Tu sei il piu bruciacchiato di tutti. Il tuo trasformatore d’immagine era regolato sul normale?

Oh, merda. — No, signore. Logaritmo di due.

— Vedo. Chi era il tuo comandante di squadra per le esercitazioni?

— Facente funzioni di caporale Potter, signore.

— Soldato Potter, sei stato tu a ordinargli di usare l’intensificazione dell’immagine?

— Signore, io… non ricordo.

— Non ricordi. Bene, come esercizio per la memoria, puoi unirti ai morti. Va bene cosi?

— Si, signore.

— Bene. I morti faranno un ultimo pasto questa sera, e a partire da domani, niente razioni. Qualche domanda? — Probabilmente intendeva scherzare. — Bene. Rompete le righe.

Scelsi il rancio che sembrava promettere il maggior contenuto di calorie, e portai il mio vassoio vicino alla Potter.

— Che razza di gesto donchisciottesco. Comunque, grazie.

— Di niente. Tanto, gia intendevo perdere qualche chilo. — Io non riuscivo proprio a vedere dove avesse del peso di troppo.

— Io conosco un buon esercizio — dissi io. Lei sorrise senza alzare gli occhi dal vassoio. — Hai qualcuno, per questa notte?

— Avevo pensato di chiedere a Jeff…

— Allora sara meglio che ti sbrighi. Sta sbavando dietro a Maejima. — Bene, era la verita. Ci sbavavano tutti.

— Non lo so. Magari dovremmo risparmiare le forze. Il terzo giorno…

— Andiamo. — Le grattai leggermente con un’unghia il dorso della mano. — Non siamo stati insieme dopo il Missouri. Magari ho imparato qualcosa di nuovo.

— Magari. — lei alzo la testa verso di me, con aria furba. — Okay.

In effetti, era lei che aveva imparato un trucco nuovo. Lo chiamava il cavatappi francese. Non volle dirmi, pero, chi glielo aveva insegnato. Mi sarebbe piaciuto stringergli la mano, a quel tipo. Quando avessi recuperato le forze.

8

Le due settimane di addestramento intorno a Base Miami ci costarono undici vite. Dodici, se contate anche Dahlquist. Credo che dover passare il resto della tua vita su Caronte, senza una mano e senza le due gambe, sia piu o meno come morire.

Foster fu schiacciato da una frana e Freeland ebbe un’avaria allo scafandro che lo fece congelare prima che avessimo il tempo di portarlo dentro. Quasi tutti gli altri erano tipi che non conoscevo altrettanto bene. Ma ci dispiacque per tutti. E quelle morti sembravano solamente spaventarci, anziche indurci alla prudenza.

E poi via, nell’emisfero buio. Un apparecchio ci porto la a gruppi di venti e ci scarico accanto a un mucchio di materiale da costruzione, graziosamente immerso in uno stagno di elio II.

Adoperammo i grappini per tirar fuori il materiale dallo stagno. Non e prudente andarci dentro a guado, perche quella roba ti si arrampica addosso ed e difficile capire cosa ci sia sotto: potresti mettere un piede su un lastrone di idrogeno e non avere la fortuna occorrente.

Io avevo proposto che cercassimo di far evaporare lo stagno con i nostri laser, ma dieci minuti di fuoco concentrato non bastarono ad abbassare decentemente il livello dell’elio. E non bolliva neanche: l’elio II e un 'superfluido', e quel po’ d’evaporazione che c’era, avveniva regolarmente, su tutta la superficie. Niente punti piu caldi, e quindi niente bollicine.

Non dovevamo usare le luci, per 'non venire avvistati'. C’era il chiarore delle stelle, in abbondanza, con il trasformatore d’immagini alzato al logaritmo di tre o di quattro, ma ogni fase d’amplificazione comportava una perdita dei dettagli. Al logaritmo di quattro il paesaggio appariva come un rozzo quadro monocromatico, e non riuscivi a leggere i nomi sugli elmi degli altri, a meno che non fossero proprio davanti a te.

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