Mallory annui. In quei gelidi occhi verdi c'era una terribile determinazione, ma non v'era traccia di anima.

«Tua madre ti disse mai che fui io a farti venire al mondo?»

Silenzio.

«No? Be', Cass si diede troppo da fare il giorno del trasloco a Casa Shelley. Sollevare pesi troppo pesanti le fece anticipare le doglie. Il telefono non era collegato e non c'era tempo per andare a chiedere aiuto. Tu avevi fretta di nascere.»

Solo silenzio.

«Be', sei una di poche parole, vero, Kathy?»

«Mallory» la corresse.

«Ho capito subito che eri dotata di un carattere particolare. Quando sei nata, avevi i pugnetti serrati, eri arrabbiata per l'aria fredda e la luce accecante che avevi trovato nel mondo. Ma eri testarda e non volevi piangere. E questo terrorizzo tua madre. Cass era distesa sul letto, in un bagno di sudore e sangue, e urlava: 'Perche non piange?' Ma respiravi normalmente, cosi non sculacciai il tuo sederino appena nato. Sebbene, tra me e me, pensassi che te lo saresti meritato.»

Alla fine Augusta era riuscita a strapparle un sorriso che presto si dileguo come un'ombra. Era la dimostrazione che la figlia di Cassandra era ancora umana. La ferita non era stata troppo profonda.

E ora si poteva pensare all'anima: forse volteggiava nelle vicinanze, in cerca di una via per ricongiungersi a Kathy.

15

Quando il detective Riker entro nella sala d'attesa dell'ufficio dello sceriffo, non c'era nessuno. Dalla stanza vicina si udiva la voce di un uomo. Riker sbircio attraverso la porta aperta, ma vide soltanto una bella donna dai lunghi capelli rossi fasciata in un abito aderente.

Riker si sedette su una panca di legno. Uno sciacquone scroscio nel bagno adiacente. La porta si spalanco e ne emerse un ragazzino di sei o sette anni, che si stava infilando la T-shirt nei blue-jeans. Aveva gli stessi capelli rossi della donna, e occhi piccoli, scuri e indagatori.

«Sei un barbone?»

«No, sono un poliziotto.»

Il bambino fece una smorfia e spinse il mento in fuori, come a dire 'Tutte balle'.

Riker si guardo la cravatta, macchiata dai ricordi di innumerevoli pasti. Il vecchio abito grigio era tutto stazzonato dopo il viaggio in treno. Le scarpe consumate non erano state lucidate dall'ultimo funerale. Torno a guardare il bambino che storceva il naso, fiutando senza dubbio la birra che si era bevuta a pranzo. «Sono un poliziotto in incognito» menti.

«Forte!» Il bambino gli si sedette accanto ed esamino la barba lunga di due giorni sul volto di Riker. «Complimenti.» Osservo ogni dettaglio del suo trasandato abbigliamento, fino alle scarpe rovinate. «Travestimento perfetto.»

«Grazie, saputello. E tu che ci fai qua? Non avrai mica ammazzato qualcuno, eh?»

«Be', no» rispose il bambino con un certo rammarico. Poi sorrise, e con fare cospiratorio sussurro: «Ma, secondo me, l'ha fatto la mamma».

«Dici sul serio?» chiese Riker, sorpreso.

«La polizia della Georgia l'ha arrestata. Poi ci hanno messi su un aereo e rispediti qui in Louisiana. Lo sceriffo Jessop e la dentro con lei. La fara confessare.»

Riker e il bambino restarono in ascolto.

Lo sceriffo stava chiedendo: «Credi che ci sia lo zampino di Fred?».

Riker penso che al tono della voce mancava la forza di una buona torchiatura. La risposta sommessa della donna risulto inintelleggibile.

«Sally,» disse ancora lo sceriffo «escludo che si tratti di un complotto. Babe non era Jack Kennedy, e la sua morte non e un fatto cosi importante da…»

La donna parlo velocemente, a voce bassissima.

Riker si piego verso il bambino e mormoro: «Chi e Babe?».

«Mio padre» disse il bambino, tutto allegro. «Il bastardo e morto stecchito.»

Adesso Riker era esterrefatto. Neppure un ragazzino di New York avrebbe potuto mostrare tanta indifferenza di fronte alla perdita di un genitore. «Mi par di capire che non volessi molto bene a tuo padre.»

«Mi faceva schifo, e mia madre lo odiava a morte.»

Alzando gli occhi, Riker incontro quelli di un uomo della sua stessa eta, con una stella dorata appuntata sulla giacca scura. Lo sceriffo stava origliando a sua volta.

Il bambino parlo. «Sceriffo Jessop, vuoi arrestare mia madre?»

«No, Bobby. Tu e tua madre potete andarvene quando volete. Chi e il tuo nuovo amico?»

Riker si alzo in piedi e si presento: «Mi chiamo Riker. Sono un poliziotto e…».

«E viene da New York» disse lo sceriffo, stringendogli la mano.

Riker apri il portafoglio per mostrargli il distintivo del dipartimento di polizia di New York e il suo documento d'identita. «Come ha fatto a indovinare?»

Come se non sapesse di avere un pesante accento di Brooklyn.

«Ho tirato a indovinare.» Lo sceriffo gli restitui il documento. «Se continua ad arrivare gente da New York, Betty dovra aggiungere una nuova ala al suo bed & breakfast.»

La madre del bambino comparve sulla soglia. Riker trattenne un fischio d'ammirazione quando lei gli passo accanto senza degnarlo d'uno sguardo. Sedette sulla panca vicino al figlio e ignoro lo sceriffo che aveva ripreso a parlarle.

«Sally, quando torna la mia vice, fatti accompagnare all'aeroporto.» Indico la porta del suo ufficio. «Si accomodi, sergente Riker. O devo chiamarla detective?»

«Riker e sufficiente.» Prese posto su una comoda poltrona di fronte allo sceriffo. La confusione sulla scrivania era spaventosa. La sua abilita nel leggere i testi capovolti gli consenti di farsi un'idea della quantita di documenti che erano stati necessari per l'estradizione dalla Georgia: a quanto pareva i colleghi di quello Stato erano stati poco collaborativi.

Lo sceriffo sposto una manciata di fogli per estrarre un portacenere e si accese una sigaretta. Riker sorrise e ne prese una delle sue. Dayborn gli piaceva da morire. Non appena sceso dal treno, al termine di due lunghissimi giorni di viaggio in uno scompartimento per nonfumatori, era entrato al Jane's Cafe. La vista dei portacenere sui tavoli gli aveva fatto venir voglia di baciare il pavimento.

«Allora, Riker, a quanto si dice voi newyorchesi avete perso il primato degli omicidi.»

«Neanche per sogno. Si da il caso che il nostro commissario sia il piu gran bugiardo di tutti i cinquanta Stati.» Riker esalo una nuvola di fumo e si senti a casa sua, nonostante gli arredi e i decori ottocenteschi.

Lo sceriffo lancio un fiammifero e manco il portacenere. Piazzo i piedi sulla scrivania, facendo cadere qualche fascicolo sul pavimento e conquistandosi le simpatie di Riker, sciatto quanto lui. «Resta il fatto che Miami sta facendo passi da gigante.»

«Affermano di far fuori piu turisti di noi, ma sono tutte balle, tutte calunnie» ribatte Riker. «Il sovrintendente ha decentralizzato il dipartimento e il sindaco ha licenziato l'addetto stampa. I giornalisti non hanno modo di verificare le statistiche ufficiali.» Riker appoggio una gamba al bracciolo della poltrona e un lungo cilindro di cenere gli cadde sui calzoni. «E tutta politica. New York ha i migliori politici che il denaro sporco possa comprare.»

«Spiacente, Riker, questo e il motto della Louisiana. Ma ti perdono la millanteria, che dalle nostre parti, del resto, e molto apprezzata.»

Riker si chiese come mai lo sceriffo non gli avesse ancora domandato la ragione della sua presenza a Dayborn.

«C'e un tuo amico qui in paese» annuncio Jessop. «Un tipo di nome Charles Butler.»

Be', quel fatto chiariva un sacco di cose. Quanti danni poteva aver fatto Charles fino a quel momento? «Mio amico? Questo Butler sostiene di conoscermi?»

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