«E di New York anche lui.»
«New York e un paesotto piuttosto popoloso, sceriffo, siamo circa otto milioni.»
«E che mi dici del proprietario di questo?» Lo sceriffo infilo una mano nel taschino della camicia e ne estrasse un orologio da tasca. «Louis Markowitz. Il nome ti suona familiare?»
«Mai sentito nominare» replico Riker, rinnegando un'amicizia trentennale. Si fece un appunto mentale di stuzzicare Mallory per il sentimentalismo che non le aveva permesso di sbarazzarsi dell'orologio insieme a tutto quanto potesse fornire informazioni circa la sua identita.
«Se pensi che questo Markowitz sia di New York, posso chiedere al dipartimento di fare qualche ricerca.» A New York i Markowitz erano centinaia. Riker sperava di trovarne uno di nome Louis che non fosse stato il capo della Sezione Crimini Speciali della citta.
«Grazie, Riker. Te ne sarei grato. Ma tu sei qui per la detenuta.»
«Sono qui perche hai mandato all'FBI il numero di matricola di una pistola Smith & Wesson. Il dipartimento di polizia di New York ha scoperto che la stessa arma fu usata in un omicidio di quindici anni fa.»
E fin li era tutto vero. Riker ricordava perfettamente il giorno di quattro anni prima quando Mallory aveva sottratto di nascosto la pistola durante un giro nella sala reperti. Voleva un'arma che facesse buchi piu grossi della 38 d'ordinanza. «E un caso irrisolto.»
Lo sceriffo sembrava scettico. «Riker, se l'omicidio di cui parli risale a quindici anni fa, la detenuta non puo essere implicata. All'epoca doveva avere al massimo nove o dieci anni. Una ragazzina che fa fuori qualcuno a colpi di pistola… ammetterai che e piuttosto improbabile.»
«Assolutamente» confermo Riker, con poca convinzione, ripensando a Mallory a dieci anni. La vedeva benissimo con la pistola in pugno. In seguito, fortunatamente, l'ispettore Markowitz e sua moglie erano riusciti ad avere ragione delle peggiori inclinazioni della figlia adottiva.
«Mi piacerebbe parlare alla tua detenuta per chiederle dove abbia preso quella pistola.»
«E, naturalmente, ti piacerebbe riportare l'arma a New York. Ci tocchera riempire un sacco di moduli.»
Riker scosse la testa. «Meglio evitare moduli e telefonate. Il vecchio delitto potrebbe essere sotto la giurisdizione federale. Il dipartimento non vuole che l'FBI venga a sapere del collegamento tra i due omicidi: i federali piomberebbero subito a Dayborn, e non credo che l'idea ti piaccia.»
L'antipatia delle forze dell'ordine per quegli arroganti dell'FBI era un fatto risaputo, anche se Riker doveva un favore a uno di loro: per non aver comunicato le impronte digitali di Mallory. L'inevitabile contropartita di quella buona azione altamente illegale lo preoccupava un po'.
«Riker, non posso aiutarti.»
«Non puoi o non vuoi?»
«Be', capisco che ti interessi…»
«Conserva le chiacchiere folcloristiche per i turisti.» Riker schiaccio la cicca nel portacenere. «Puoi scommetterci che ci interessa recuperare l'arma. Non ho l'intenzione di giocare allo scemo del villaggio.»
Si alzo, fingendosi deciso ad andarsene sbattendo la porta. «Non vuoi darci la pistola? Bene! Se mi rendi la vita difficile, chiamero io stesso i federali. Credi che sia disposto a tornare a New York con la coda fra le gambe?»
Lo sceriffo sorrise e soffio un filo di fumo. «Detenuta e pistola sono sparite. Ti fai un goccio con me, Riker?»
«E perche no?»
La vicesceriffo Lilith Beaudare aspetto finche la macchina dello sceriffo non si fu allontanata dal Dayborn bar & grill. Tom Jessop era solo a bordo, e questo significava che il tizio di New York doveva essere ancora nel locale. Lilith attraverso il vicolo per sbirciare all'interno attraverso la vetrina.
La sala era piena di uomini: non c'era neanche una donna. Era quella, probabilmente, la ragione per la quale suo padre era stato un assiduo cliente del bar. Quando sua madre gli chiedeva perche frequentasse un postaccio come quello, lui sorrideva come a celare un peccaminoso segreto.
Lilith entro: nella sala scese il silenzio mentre tutti i presenti voltavano il capo per scoccarle una lunga occhiata. Quello non era il posto per lei. Lilith lo sapeva e lo sapevano anche gli uomini.
Poi i discorsi interrotti ripresero, fra il tintinnio delle posate e dei bicchieri.
Alcune delle migliori storie di Guy Beaudare erano nate in quel bar. Era la prima volta che Lilith ci entrava, eppure ne conosceva ogni dettaglio, dall'acquario dietro il banco alla segatura mista a bucce di noccioline sul pavimento. C'era puzza di sudore, di tabacco e di birra. Il juke-box suonava un motivetto Cajun per violino. Mentre passava tra i tavoli, gli avventori sollevarono il viso e la seguirono con occhi curiosi e indagatori. Sapeva come la stavano immaginando: nuda e disarmata.
Stava cercando il tizio che le aveva descritto il piccolo Bobby Laurie, un poliziotto di New York travestito da barbone. Si avvicino all'uomo dal vestito stropicciato seduto su uno sgabello al bancone. «Detective Riker? Sono la vicesceriffo Beaudare.»
Lui sorrise amabilmente, e Lilith noto le rughe agli angoli degli occhi, caldi e scuri. «Si prenda uno sgabello, vicesceriffo.»
«Non pensa che ci potremmo sedere in un separe? Non mi sembra appropriato stare qui al banco in uniforme.»
«Ma certo. Andiamo.» Con il bicchiere in pugno le fece strada verso un separe imbottito, in fondo alla sala in penombra. Sul tavolo ardeva una candela infilata nel collo di una bottiglia di Jack Daniels.
Lilith sedette e aspetto finche anche lui non si fu sistemato comodamente davanti al suo drink. «Si tratta della persona che dice di essere sua amica…»
«Ancora? Ho gia parlato dell'argomento con lo sceriffo. Questo tipo, Charles Butler, potra anche essere di New York, ma io…»
«No, non lui, la detenuta.» Si guardo intorno, assicurandosi che nessun altro potesse sentirla. «Mallory.»
«Adesso anche la detenuta sarebbe una mia amica?» E il suo viso sorridente diceva: 'Figurarsi un po''.
«La stessa strategia dello sceriffo, a quanto pare. Peccato che con me non attacchi. Crede che stia recitando una parte? Allora come faccio a sapere che Mallory e un'agente di polizia passata dall'altra parte della barricata?»
Lui alzo le mani in segno di resa, ridendo come se se la stesse spassando un mondo. «Mi arrendo, vicesceriffo. Come fai a saperlo? Lo sceriffo dice di non avere idea di quel che Mallory abbia fatto negli ultimi diciassette anni.»
«Lui non sa niente.»
«Mentre tu?»
«Io so che e della polizia.»
«Cosa te lo fa pensare?» Soffio una nuvoletta di fumo nella sua direzione.
«Mia madre dice che e maleducazione dire alla gente quel che presumibilmente sa gia.»
Riker tacque, con l'espressione compiaciuta di chi si gode uno spettacolo. La scena non si stava svolgendo secondo le aspettative della ragazza.
Lilith si appoggio allo schienale, senza affrettare le parole. «Mallory non ha mai fatto il suo nome, ma so che lavora con lei a New York.»
«La detenuta ti ha raccontato che viene da New York?»
Lilith fece di si col capo, certa di saper mentire molto bene.
«Se parlasse con l'accento di New York, lo sceriffo lo avrebbe senz'altro notato» disse Riker. «Ha capito che vengo da la dopo appena qualche secondo di conversazione.»
«Mallory e completamente priva di accento. Come un'annunciatrice della TV.»
«Vicesceriffo, non prendertela se mi permetto di sottolineare una cosa abbastanza ovvia. Lo sceriffo mi ha detto che le impronte digitali della detenuta non sono state ancora identificate. Se appartenesse alle forze dell'ordine, avrebbero scoperto la sua identita in quattro e quattr'otto, non credi?» Prese un lungo sorso dal bicchiere e lo sbatte sul tavolo. «E tutto, ragazzina. La lezione e finita.» E volse lo sguardo alla porta.
«E della polizia» insiste Lilith.
Riker scosse il capo. «Lo sceriffo lo saprebbe. Credimi, e un tipo sveglio.»