Aveva un solo albero e scarsa velatura, eppure scivolava veloce nel vento scricchiolando per la tensione. Tre procellarie le passarono accanto svolazzando all’impazzata sopra le onde lente e pesanti. In lontananza c’era una scogliera frastagliata e dentellata, alta e minacciosa. La nave correva verso gli scogli, e io sentii l’ambiguita della situazione: quella terra poteva significare salvezza o distruzione.

L’unico uomo a bordo non sapeva se sperare o disperarsi perche la nave si precipitava all’impazzata contro la costa sconosciuta. Le nubi, alte nel cielo, ribollivano in fermento, riversando sulle ali del vento una pioggia torrenziale.

Mentre la nave acquistava sempre piu velocita, l’uomo sussurro un nome una, due volte. Non pregava, la sua voce non era rotta dalla paura. Pronuncio solo un nome che evocava un antico amore ormai perduto e sogni infranti dal tempo. Balenarono i lampi e i tuoni inghiottirono il nome senza che riuscissi a distinguerlo chiaramente. La parete della scogliera incombeva sempre piu vicina e terribile, il mare si apri in spuma davanti alla nave mostrando denti neri e aguzzi che si protendevano dall’acqua per distruggere il vascello. Il veliero si scaglio contro il nero sorriso degli scogli e si disintegro al primo impatto.

L’uomo scomparve e il nome che aveva pronunciato fu consegnato per sempre alle profondita del mare.

Il suono svani, le corde vibrarono e tacquero. Il cantore di sogni, curvo sull’arpa, sembrava pietrificato.

— Cosa successe?

Il cantore di sogni non sollevo lo sguardo. — Mori. Penso che fosse un brav’uomo. Mi chiedo quale nome abbia urlato alla tempesta. Questo e tutto cio che so. Vedo il cielo, il mare, la scogliera frastagliata. Ma non vedo cosa c’e dietro. Non posso leggere i pensieri di quell’uomo. Non conosco i suoi sentimenti. Non conosco nemmeno il nome che ha sussurrato, perso nel fragore del mare.

— Non eri tu quell’uomo? — domandai.

— Si — rispose — ero quell’uomo. Sono stato un milione di uomini e donne. Vivo migliaia di momenti che non mi appartengono. Tutti loro sono me, ma io non sono uno di loro. Sono il cantore di sogni, e questo e tutto.

Le sue dita sfiorarono le corde, quasi senza volerlo, e di nuovo la voce, un’altra voce, mi rapi coinvolgendomi in un altro sogno.

Una ragazza alata era distesa sul ramo ricurvo di un grande salice piangente che cresceva accanto a uno stagno. Le ali azzurrine le pendevano mollemente dalla schiena mentre il suo minuscolo piede smuoveva la superficie dell’acqua. Il suo sguardo scrutava il cielo cristallino da sotto la chioma ondeggiante dell’albero.

Una collana di fiori dorati le cingeva le spalle e rampicanti fioriti formavano un’ampia veste che l’avvolgeva come una tunica. Un nauseante profumo di nettare aleggiava intorno a lei.

Lentamente la ragazza smise di contemplare il cielo, guardo in basso e rotolo giu dal ramo. Prima di toccare l’acqua, con un gran frullare d’ali simile al suono di un tamburo impazzito, si libro nell’aria, sfiorando lo stagno solo con la punta dei piedi.

Danzo e piroetto in alto, sopra i rami del salice. Si innalzo fino a diventare un puntino in un mare sempre piu blu e continuo a salire e salire finche scomparve. Sebbene non ci fosse vento, i rami del salice sembrarono muoversi, poi fremettero e iniziarono a scuotere l’aria cercando di afferrare sette petali color rosa che scendevano fluttuando dal cielo.

Poi la ragazza precipito. Il suo viso esprimeva con terrificante chiarezza un grande dolore. Il petto ansimava come per mancanza d’aria. Le minuscole mani afferravano convulsamente l’aria e le gambe si dibattevano. Ma la ragazza continuo a cadere nel vuoto come risucchiata da un vortice. Solo all’ultimo istante, quando sembrava ormai inevitabile che lei si schiantasse al suolo, il battito delle ali comincio a produrre un effetto. La caduta rallento; singhiozzando, la ragazza afferro i rami del salice e vi rimase appesa, mentre i capelli le ricadevano sugli occhi e le ghirlande pendevano, strappate.

Torno a sdraiarsi sul basso ramo del salice piangente. Le ali azzurrine, percorse da un leggero fremito, si ripiegarono, fragili e inutili. Le sue lacrime incresparono la superficie dello stagno, rigandole le guance mentre scrutava il cielo cristallino fra l’amorosa chioma dell’albero.

— Era una driade — spiego il cantore di sogni dopo che l’immagine scomparve. — Era legata all’albero, non poteva lasciarlo. Per questo le ali non le erano di nessuna utilita.

— Hai dei bellissimi sogni — gli dissi.

— Non sono io — rispose. — Sei tu che hai dei bei sogni. Tu e tuo fratello. Tutti e due. Sono tutti sogni vostri.

— Non ne hai nessuno tuo? — gli chiesi.

— Solo uno.

— Raccontamelo.

— Questo e mio. Pero l’arpa deve suonare ugualmente. Ascoltate.

Le nuove note mi colpirono le orecchie e mi riempirono gli occhi di lacrime. Cantava con una nuova voce, una voce che era allo stesso tempo sconosciuta e familiare, tanto che mi toccai le labbra per vedere se fossi stato io a cantare e non lui. Mi calmai quando la musica s’impadroni di me, si concentro sul mio essere, mi turbino attorno. Per un istante mi chiesi se anch’io facessi parte del cantore di sogni, se anch’io fossi un personaggio delle sue storie. Poi ci fu solo la musica…

Ero in un giardino con fontane dorate sormontate da pennacchi di vapore e sottili spruzzi d’acqua. Ero venuto a cercare qualcosa che con gli anni avevo dimenticato. Ed ero venuto anche a cercare qualcosa di nuovo, qualcosa che esisteva solo in quel giardino e in quel momento. Ero venuto a cercare qualcosa che mi ero lasciato alle spalle molto tempo prima. Un viso, un ricordo, una persona. Ero venuto a seppellire i miei rimpianti, a ripensare a un amore che sarebbe potuto essere mio e a chiedermi perche, tanto tempo prima, lo avevo perso. Sapevo perche. L’ambizione, o qualcosa di simile, mi aveva portato tra braccia infide e condotto lontano per inseguire un fuoco fatuo, un sogno vano di cui nemmeno conoscevo la forma.

Non ero venuto a chiedere perdono, ma speranza. Che, tra le due cose, lo sapevo bene, era la piu importante, poiche tornare nei ricordi e impossibile, mentre sapere che il futuro ha ancora in serbo qualcosa per te e fede. Mi chiedevo per quale ragione mi battesse il cuore, per quale ragione continuassi a brancolare nel buio cercando la luce del giorno.

Si dice che la speranza batta eternamente nel petto dell’uomo, ma io sapevo che non e cosi. Infatti non nutrivo piu speranza: il mio cuore era prigioniero del rimorso e non avevo sogni da realizzare. Avevo cercato la piena affermazione di me stesso, ma ero giunto alla conclusione che la potevo trovare solo li, nel giardino.

Chiesi di fendere con il suono e con la vista la nebbia che mi avvolgeva. Chiesi di essere liberato dalla mia prigionia. Chiesi a un ricordo di schiudere le labbra di lei, di lasciarmi udire le lacrime nei suoi occhi. Chiesi speranza.

Non udii altro che il sibilo indifferente della fontana. Ma poi avvenne qualcosa di nuovo, qualcosa di strano. Le maree del tempo cambiavano direzione. L’aria aveva ali di canto…

— Matthew — era la voce di John. — E solo un sogno. E finito.

Vedevo ancora il villaggio vicino ai tre picchi.

Sentivo ancora il suono magico dell’arpa.

Mi voltai verso il cantore di sogni, i cui occhi erano nascosti dalle folte sopracciglia bianche.

— Quel sogno era tuo o mio? — gli domandai.

— Mio, te l’ho gia detto — rispose. — Ma forse anche tuo. Per quale motivo non possiamo trovare noi stessi nei sogni altrui?

Gli ultimi brandelli del sogno svanirono dalla mia mente. Le corde dell’arpa sospiravano nel vento, ma io sapevo che gia da tempo avevano smesso di vibrare.

— Com’e finito? — gli chiesi. — Dove e finito? — Alla fine del sogno non ero piu sicuro di quello che avevo visto, se fosse stato frutto della mia immaginazione o no.

Il cantore di sogni sollevo lo sguardo e vidi i suoi occhi. Erano viola scuro, il colore del cielo della sera. Erano umidi di lacrime e le pupille sembravano capocchie di spillo. Rimasi immobile, non provai a riprendermi da quello stato di intenso shock emotivo in cui mi aveva lasciato il sogno. In quel momento pensai di essere vicino alla morte.

— Lei era morta — disse semplicemente il cantore di sogni.

Nessuna ricompensa. Nessuna redenzione. Nessuna speranza. Nessun ritorno. Una sola direzione. USCITA

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