onnisciente, altre volte pareva un bambino stupito davanti a ogni cosa. Sembrava avere tante menti quante voci.

— I tuoi sudditi, creatore — rispose John. Non saprei dire perche avesse deciso di prendersi gioco del vecchio. Forse si erano detti altre cose mentre ero immerso nei miei pensieri.

Il cantore di sogni non gli bado e continuo tranquillamente a osservare gli animali.

John si studio con attenzione il palmo della mano, forse pentito per cio che aveva detto o forse per noia.

— La vita continuera sempre a esistere nel mare — dissi guardando le bestie andarsi incontro nel mare rosso. — Anche se non ci sara un Uomo Futuro, la discendenza non morira. La razza umana diverra semplicemente un ramo collaterale, un tentativo fallito. Dal mare uscira qualcos’altro.

— Questo non dev’essere — affermo John.

— Perche no? La tua Confraternita predica l’umilta e l’accettazione. La razza dell’Uomo non e l’inizio e la fine di tutto. Perche dovremmo rivendicare un posto nella linea principale? Non e vanita anche questa?

— Ma tutti quegli sforzi andati sprecati, quel potenziale inutilizzato!

— Niente e sprecato, John, perche il tempo e qualcosa di artificiale. Non e importante ai fini della strategia della vita — gli dissi con un atteggiamento vagamente trionfante per aver vinto quello scambio di battute.

Mi guardo di nuovo e i suoi occhi, sempre piu infossati, sembravano accusarmi e insieme ammettere lo sbaglio. Per un attimo pensai di avere invaso il terreno della sua fede, ma non era questo che gli passava per la mente.

— Stai migliorando, Matthew — disse.

— Il malessere e scomparso dopo la cittadella della dea — dissi.

— Non e questo che intendo.

In effetti avevo immaginato che non si riferisse al mio stato di salute. Perche il ragazzo doveva sempre parlare per enigmi, come se la vita stessa non fosse gia un dramma dai molteplici significati?

Il cantore di sogni osservava gli animali muoversi lentamente in ampi cerchi, come se si inseguissero a vicenda senza essere veramente intenzionati a raggiungersi. Muovevano le minuscole teste da una parte all’altra.

— Sai cosa stanno facendo? — domando il vecchio all’improvviso.

Osservai la scia circolare per un istante. — No — risposi.

— Stanno facendo l’amore — disse, e ridacchio sotto la barba. John sospiro.

Il cielo si era aperto rivelando l’occhio tondo e rosso del sole. Ma c’era ancora foschia e continuava a cadere una pioggerellina leggera. Un arcobaleno attraversava il cielo verso nord. Era un arcobaleno rosso, un arco gigantesco che faceva una promessa al Genere Umano morto da tempo. Sorrisi ironicamente a quell’ambasciatore del creatore di caos.

— Eccoci qui alla deriva nel sangue del mondo — disse il cantore di sogni pervaso da un nuova riflessione. — E per quel che ci importa, potrebbe anche essere acqua.

L’affermazione non mi sembro molto divertente e non risi. C’era un legame che non potevo capire, tra il cantore di sogni e quel mondo. Forse lui e la sua arpa l’avevano davvero creato. Forse nel mondo non erano rimasti che lui e l’eco dei suoi sogni.

22. Il lago di luce

Dall’alta torre che si ergeva solitaria nel mare di sangue, John, il cantore di sogni e io giungemmo al lago di luce. Niente si frapponeva, eppure ebbi l’impressione di aver fatto molta strada, di aver scalato alte colline e attraversato folte foreste, e che il cantore di sogni avesse trasportato la sua arpa per molti chilometri. Cominciai a chiedermi se la memoria non mi giocasse brutti scherzi.

Avevo la sensazione di conoscere il cantore di sogni molto meglio di quello che la nostra breve conoscenza poteva far supporre. Riuscivo a richiamare alla mente immagini del suo vagare nel mondo (il nostro mondo, da cui eravamo partiti per questo folle pellegrinaggio) senza che nessuno osasse discutere il suo diritto di passarvi o mettesse in discussione la sua bizzarra comparsa. Riuscivo a vederlo camminare a grandi passi con l’arpa tra le braccia, arpa che pero non gli pesava, anzi che pareva in qualche modo sostenerlo. Non soffriva mai la fame ne la mancanza di un letto per la notte, ma non lo vidi mai maneggiare del denaro. Talvolta, in quelle sere che sembravano irreali, intonava melodie lente e gravi che parlavano di altri viaggiatori e di terre fantastiche. Ma c’era sempre un accenno di vissuto nelle sue parole, un’emozione cosi vera che avrebbe potuto essere la mia, un elemento di quotidiana banalita nel grottesco scenario dell’immaginazione. Quelle canzoni per me erano cosi reali che mi sforzavo di ricordare in quali tempi potevo averle gia ascoltate.

Riflettei sulla possibilita che i miei ricordi fossero solo i sogni e che quei ricordi fantasma fossero reali… che non avessimo mai viaggiato nel tempo. Ma l’ipotesi non mi soddisfaceva. Mi pareva probabile che una parte del cantore di sogni filtrasse in me, che l’assorbimento di parti di altri uomini, di sogni di altri uomini fosse cosi grande che la personalita stessa e l’esistenza del vecchio fluivano lentamente in una sorta di scambio.

Mi domandai, soprattutto, se il cantore di sogni non potesse essere l’Uomo Futuro. Ma John non si espresse in proposito e io avevo paura ad azzardare una simile ipotesi. Una cosa era chiara: adesso era il cantore di sogni a guidarci. John, che era sempre stato la guida e lo stimolo, aveva assunto un ruolo secondario, lasciando che fosse l’altro a scegliere la via da seguire e a fornire la forza motrice.

Il cantore di sogni sembrava sapere dove stava andando, benche non avesse mai menzionato a nessuno dei due una destinazione precisa. Ritengo possibile che seguisse quella strada solo perche gli era stata assegnata e come noi non avesse idea di dove conducesse.

Quando giungemmo sulle rive del lago di luce, pero, seppi con certezza che quella era la fine, che qualcosa nel bagliore perlaceo di quell’irreale mare di colore poteva fornirmi un indizio, una risposta. Come saremmo salpati per navigare su quella conca di luce non lo sapevo, ma sapevo che al momento giusto, passeggiando sulla spiaggia, avremmo trovato il modo per farlo. La mia sola spiegazione a queste sensazioni e a queste strane certezze era che si trattasse di informazioni che filtravano dal cantore di sogni o dalla sua arpa.

Camminammo per chilometri lungo la spiaggia dorata, volgendo continuamente lo sguardo ai bagliori del lago velato di foschia. Le nostre orme sulla sabbia erano profonde e solitarie, e si allungavano dietro a noi fino a essere inghiottite da una nebbia di luce colorata. Mentre camminavamo notai nelle acque vorticose del laghetto delle forme modellate da una sostanza simile all’argento vivo. Vidi dei visi che esprimevano emozioni, persone e non-persone che mimavano strani gesti avvolti da una luce misteriosa.

Sentii che c’era un’affinita tra il lago di luce e l’arpa: ciascuno era a proprio modo lo specchio e la memoria di una razza la cui esistenza scorreva nel vecchio, sotto forma di sogno. Mi chiesi se il lago avesse il proprio cantore di sogni, un vettore umano per il suo pozzo di conoscenza e di emozione.

Improvvisamente ci imbattemmo nella barca. Era una piccola imbarcazione a remi, ma senza remi, che pareva stranamente comune e ordinaria in quel mondo fantastico al di la del vasto dominio del Tempo. Silenziosamente, ma con un bagliore negli occhi violetti e seminascosti, il cantore di sogni si sedette a prua e si sistemo accuratamente l’arpa tra le gambe. Io e John ci sedemmo di fronte a lui sull’altro sedile senza sapere che cosa fare, aspettando di vedere cosa sarebbe successo.

Lentamente, senza la minima increspatura del fumoso mare di colore, la barca comincio a scivolare sul lago di luce. All’improvviso ci ritrovammo in mezzo alla nebbia. Non riuscivo piu a vedere la spiaggia da cui eravamo partiti ne il luogo verso cui ci dirigevamo. Anche il cielo era caoticamente ingemmato dalla vivida aurora boreale.

Il silenzio mi opprimeva. Il cantore di sogni non cambio mai posizione ne disse una sola parola. Le corde dell’arpa erano immobili e io desiderai che il vecchio suonasse, che evocasse un sogno antico e familiare per bandire dalla mia mente quel luogo. Quasi senza volerlo allungai la mano e pizzicai le corde, un gesto che prima non avrei mai osato compiere. Il cantore di sogni mi fisso senza sorpresa ne rabbia, ma sentii che le corde si erano irrigidite: non riuscii a farle vibrare.

Girai le spalle ai colori che baluginavano accanto alla barca. Vidi nuovamente dei visi nella nebbia, volti silenziosi che comunicavano tra loro ma non con me.

Poi, piu per rompere quel silenzio opprimente che per convinzione, dissi: — Penso di avere visto una faccia

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