Il vecchio si stava risvegliando lentamente dalla trance. Mi inginocchiai accanto a lui e lo aiutai ad alzarsi. Si sorresse appoggiandosi all’arpa, poi la sposto fuori portata delle onde. Senza dire nulla, inizio di nuovo a suonare. Suonava lentamente e pacatamente, con aumenti e riduzioni di tono, ma qui e la una sorta di crescendo, che veniva pero coperto dall’insieme del ritmo e svaniva al suo culmine.

Era il mare, mi resi conto a un tratto. Il vecchio suonava al mare. E cosi parve, poiche le onde smisero di incresparsi nel vento e cominciarono a muoversi a tempo con la musica. Sapevo che la musica dell’arpa poteva piegare la natura, ma non mi era mai capitato di assistere a un tale prodigio cosi da vicino. E il mare… il mare era vasto, grigio, meditabondo. Il cantore di sogni, minuscolo e fragile.

Le acque si levarono alla sua chiamata, come se il vecchio subentrasse all’incessante forza d’attrazione della luna sulla marea. Mi resi conto che l’energia era gia li. Il vecchio si limitava a usarla.

L’acqua si sollevo sopra di noi in un grande cilindro ora nero nel chiaro di luna. E in quella grande torre nera comparve una porta, una cavita d’aria che conduceva all’interno del colosso trattenuto dal suono dell’arpa.

Il cantore di sogni ci fece cenno di entrare, ma il nostro nuovo compagno aveva paura e scosse la testa. John si alzo immediatamente e dal cornicione passo sulla soglia. Ansimai e cercai di tirarlo indietro, ma lui ormai era fuori portata, si era addentrato di qualche passo nelle fauci spalancate della galleria. John si fermo e fu come se si trovasse su una scala intagliata nella pietra, perche la colonna d’acqua lo sosteneva senza difficolta.

Rassicurato, l’uomo bruno lo segui e io mi precipitai dietro di lui, non perche volessi entrare, ma perche non volevo lasciare mio fratello. Ero completamente sopraffatto dal terrore, ma non accadde nulla. Il cantore di sogni lascio l’arpa e mi segui. Mi aspettavo che la torre crollasse e ci schiacciasse, ma l’arpa continuo a suonare.

Cominciammo a scendere nelle viscere dell’oceano, senza badare alle alte pareti della colonna.

Trovavamo senza difficolta l’appoggio e non aveva importanza se posavamo i piedi sulla liscia parete d’acqua oppure nel vuoto, visto che a volte il tunnel era verticale. Eravamo sempre trattenuti, in perfetto equilibrio, dalla musica dell’arpa.

Il viaggio fu lungo. I miei piedi seguivano automaticamente il lungo percorso. Non c’era luce, ma sapevo che gli altri tre erano a pochi passi da me.

Poi il cantore di sogni disse: — Siamo arrivati.

All’improvviso ci fu luce, luce abbagliante, in tale profusione che mi piegai in due per la sofferenza causata dal calore. Risuono un grido disperato, probabilmente del nostro compagno, poiche non era la voce di John.

C’erano anche altri suoni: bisbigli e sussurri ammaliatori simili al richiamo di una voce lontana. C’era una risata lieve, che sapevo appartenere al cantore di sogni, e il tintinnio di una campanella.

Mi sforzai di aprire gli occhi, cosi da vedere la provenienza delle voci, ma questi non mi ubbidirono. L’esplosione di luce li aveva sigillati per proteggere le mie retine delicate.

Poi ci fu un rumore simile a una raffica di vento durante la tempesta e fui afferrato e trascinato in alto come una foglia secca. In un primo tempo pensai che l’acqua avesse ceduto, ma poi udii la melodia della musica oceanica dell’arpa che ora aveva assunto un ritmo veloce, quasi frenetico.

Durante quell’ascesa violenta andai a sbattere contro un altro corpo. Il solo contatto con della pelle e dei vestiti mi rassicuro sul fatto che non ero solo.

Riuscii in qualche modo ad afferrare il lembo di un vestito e lo tenni stretto. Pensai che fosse di John, ma non potevo esserne sicuro.

L’ascesa rallento e alla fine, scagliati fuori del tunnel, ci trovammo a rotolare su roccia nera e dura, ma quando ci fermammo ci rendemmo conto che nessuno di noi aveva riportato ferite.

Lasciai andare il lembo del mantello che avevo afferrato e vidi con sorpresa che non apparteneva ne al cantore di sogni ne a John, ma all’uomo bruno.

A pochi passi da me il cantore di sogni riportava alla quiete le corde dell’arpa mentre l’oceano riassumeva il suo aspetto normale. Il vecchio prese l’arpa e si avvio lungo il cornicione di roccia. Senza una parola, l’uomo bruno si diresse nella direzione opposta.

Mi mossi per seguire il vecchio, ma John mi trattenne. — Non ce n’e piu bisogno — disse.

— Hai visto quel che volevi vedere? — gli domandai. — Il sogno che pensavi fosse tuo?

— Si.

— E…

— Forse nessuno di noi e padrone dei propri sogni.

— E adesso?

— Il pellegrinaggio. Dobbiamo trovare quello che stiamo cercando. Non so se abbiamo ancora molto tempo a disposizione.

— Tempo?

— Sono malato, Matthew.

Lo guardai in silenzio. Era impossibile. Xavier era piu vecchio di Joaz e Joaz era piu vecchio di me. Ma John aveva tredici anni meno di me, non poteva morire. Era cosi giovane.

— Cos’e successo laggiu? — gli chiesi pensando che fosse stato ferito.

— L’ultimo uomo ha deciso che non voleva ancora morire.

— Perche mai avrebbe dovuto desiderarlo?

Gli occhi di John frugarono nei miei catturando il mio sguardo. — Suppongo perche era solo.

Scossi la testa.

— Dobbiamo muoverci — disse John. — Dobbiamo trovare quello che stiamo cercando.

— Non puoi morire — dissi. E intendevo dire che non poteva lasciarmi li da solo.

Avevo bisogno di lui. Era tutto cio che avevo. Non avevo bisogno della sicurezza del mio mondo, non avevo bisogno dell’appagamento che mi portavo dietro da quando il mio sogno era morto. Avevo solo bisogno di lui.

“Non lasciarmi qui!”

24. La fine del tempo

Vediamo caos nel caos.

Vediamo la furia dell’irrazionalita.

Vediamo Terra, Aria, Fuoco e Acqua che si combattono lasciandosi alle spalle un mondo distrutto.

Sotto di noi, e tutto intorno a noi, la superficie terrestre si divide mostrando per un attimo pareti di roccia e subito dopo si richiude di colpo. Zampilli di roccia fusa e fiamme schizzano nel cielo e si spengono come bengala in una folle cascata di scintille.

In alcuni punti e possibile vedere una massa verde di vegetazione, in altri ceneri scure ne testimoniano la scomparsa. Gli animali terrestri saranno stati i primi a morire mentre gli uccelli, probabilmente, gli ultimi. Riesco a vedere, alti nel cielo, minuscoli punti neri che potrebbero essere uccelli. La forse sono temporaneamente al sicuro da tutto questo trambusto, finche il terrore o la fame o la stanchezza non consumano le loro energie conducendoli alla morte. Dietro quelle figure che vagano lentamente nel cielo, il sole guarda, distaccato e indifferente. E rosso, rosso mattone.

La pianura s’increspa sotto la forza deformante del terremoto come una bandiera nel vento. Immense voragini si aprono nel terreno ondulato, grandi blocchi di roccia scivolano con un tremito nelle fauci della Terra, nuove terre emergono sospinte dalla terrificante forza delle maree. Massi enormi cominciano a vibrare e a rotolare. Grandi nubi di polvere si sollevano da terra trasportando le spore, l’ultimo appiglio, l’ultima possibilita di vita su quella terra convulsa.

Frammenti di roccia e di terriccio franano come grandi fiumi di terra dalle pareti delle voragini e riempiono la bocca spalancata dei crepacci. Sotto la nostra solitaria postazione in cima a una tranquilla collina scoppia una bolla di roccia e fiamme e lava inondano la base dell’altura. Per un lungo istante quel fiume di distruzione scorre intorno a noi e gli artigli del suo calore ci raggiungono lacerandoci la pelle e privandoci momentaneamente di una chiara visuale. Poi il fumo scompare, il caldo viene spazzato via da un grande vento e noi possiamo di nuovo vedere la Terra che vomita la sua sconosciuta malattia nel cielo colorato.

Avanzando dall’estremita di un nuovo solco creatosi nel suolo, un’enorme ondata di terra e roccia,

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