da damerino, Jeffers era un uomo del fiume fin nel profondo della sua cupa anima di contabile. Portava anche un bastone da passeggio con l’impugnatura d’oro.
Il cuoco era un uomo di colore, libero, di nome Toby Lanyard. Lavorava per Marsh da quattordici anni, sin da quando il Capitano aveva personalmente sperimentato la sua abilita culinaria giu a Natchez, lo aveva comprato e lo aveva reso libero.
E il capitano in seconda — che si chiamava Michael Theodore Dunne ma che tutti avevano sempre chiamato Mike il Peloso, tranne gli scaricatori che lo chiamavano Mister Dunne Sir — era uno dei piu corpacciuti, irascibili e caparbi uomini di tutto il Mississippi. Superava di una buona misura il metro e ottanta di altezza; aveva gli occhi verdi, le basette nere ed una folta peluria nera e ricciuta che gli ricopriva le braccia, le gambe ed il petto. Era indicibilmente sboccato e di temperamento collerico, e non andava mai in nessun posto senza la sua spranga di ferro lunga un metro. Abner Marsh non lo aveva mai visto percuotere nessuno con quella spranga, tranne una volta o due, ma la teneva sempre stretta in una mano, e tra gli scaricatori correva voce che una volta aveva spaccato la testa ad un uomo che aveva fatto cadere nel fiume una botte di brandy. Era un uomo duro, tutto d’un pezzo, e nessuno faceva cadere niente quando c’era lui di guardia. Tutti tra la gente del fiume nutrivano un timoroso rispetto per Mike Dunne detto il Peloso.
Non c’e che dire, formavano un equipaggio decisamente in regola, quegli uomini del Fevre Dream. Fin da primo giorno, ognuno fece il suo lavoro, e cosi, quando ormai tutte le stelle brillavano nel cielo di New Albany, le merci e i passeggeri erano a bordo e registrati nei documenti, il vapore era alto ed i forni ruggivano e fiammeggiavano di una terribile luce vermiglia, e da essi si irradiava un calore cosi intenso che sul ponte di coperta faceva piu caldo che a Natchez-sotto-la collina in una notte serena, ed un buon pasto si stava preparando nella cucina. Abner Marsh controllo ogni cosa, e quando fu soddisfatto sali sul ponte di comando, lassu, dove la cabina di pilotaggio troneggiava nobile e splendente al di sopra del caos e dello strepito che imperversavano di sotto. «Fallo uscire,» disse al pilota. E il pilota ordino che aumentassero il vapore e manovro il timone dirigendo all’indietro le due grandi ruote laterali. Abner Marsh si tenne rispettosamente alle sue spalle, e il Fevre Dream usci dal porto, scivolando dolcemente sulle nere acque dell’Ohio rischiarato dalle stelle.
Una volta al largo, il pilota inverti il moto delle ruote e diresse il battello a valle, seguendo il corso della corrente. Ed il grande Fevre Dream vibro un poco e scivolo nel canale principale senza il minimo intoppo. Le ruote cantavano il loro allegro chunkachunka mentre scuotevano ed intorbidavano l’acqua, e il battello procedeva via via piu veloce, sospinto dalla forza della corrente che si sommava all’energia del vapore. Il battello scintillava e correva, rapido come il sogno di un battelliere, lesto come il peccato, veloce come l’Eclipse. Due lunghi strascichi di fumo nero si levavano dai fumaioli innalzandosi sulle loro teste, e nuvole di scintille guizzavano e svanivano dietro di essi, calando sul fiume per morirvi come tante lucciole rosse e arancione. Agli occhi di Abner Marsh, quella scia di fumo, vapore e scintille che si lasciavano dietro era qualcosa di gran lunga piu strabiliante e spettacolare di tutti i fuochi d’artificio che aveva visto a Louisville per la Festa del 4 luglio. Il pilota sollevo una mano e tiro la sirena, ed il lungo strido li assordo; quel fischio stridulo e penetrante era meraviglioso, melanconico e inquietante come un lamento funebre, potente e roboante da essere udito per miglia e miglia.
Non prima che le luci di Louisville e New Albany disparvero dietro di loro e il Fevre Dream si spinse tra le rive nere e desolate, spoglie come lo erano state cent’anni prima, il Capitano Abner Marsh s’accorse che Joshua York era salito alla timoniera ed era in piedi al suo fianco.
Si era messo in pompa magna per l’occasione. Indossava pantaloni e marsina del bianco piu puro, e sotto faceva spicco un gilet blu notte sopra una camicia bianca piena di gale e pizzi, la cravatta era di seta blu. La catena dell’orologio che si allungava trasversalmente sul gilet era d’argento, ed un grande anello, anch’esso d’argento e incastonato con una fulgida gemma blu, riluceva sopra una pallida mano. Bianco, blu e argento; questi erano i colori del battello, e York sembrava parte integrante di esso. La cabina di pilotaggio aveva sfarzose tende di tessuto bianco e argentato, ed il grande divano imbottito sistemato verso il fondo della cabina era blu, come lo era il telo d’incerato. «Ehi, vi siete messo in ghingheri. Mi piace la vostra tenuta, Joshua,» gli disse Marsh.
York sorrise. «Grazie,» disse. «Mi sembrava adatta. Anche voi siete strepitoso.» Marsh si era comprato una nuova giacca da timoniere con due file di scintillanti bottoni d’ottone, ed un berretto con il nome del battello ricamato con filo d’argento.
«Gia,» fece Marsh. Non aveva una grande dimestichezza con i complimenti; imprecare gli riusciva piu facile e piu congeniale. «Ebbene,» disse «vi eravate alzato quando siamo partiti?» York aveva trascorso buona parte della giornata a dormire nella cabina del capitano a lui riservata, mentre Marsh sudava, si preoccupava e svolgeva la maggior parte delle mansioni che di fatto toccavano ad un capitano. Pian piano Marsh aveva finito con l’abituarsi al modo in cui York e i suoi compagni passavano svegli le notti e dormivano durante il giorno. Aveva conosciuto altri che si comportavano nella stessa maniera, e l’unica volta che aveva chiesto a York qualcosa in proposito, Joshua si era limitato a sorridere e a recitargli nuovamente quei versi sullo ‘sfarzoso giorno’.
«Ero sul ponte di passeggiata, davanti ai fumaioli, ho visto tutto. Faceva fresco lassu, quando abbiamo iniziato la navigazione.»
«Un battello veloce produce il suo vento,» disse Marsh. «Non importa quanto sia calda la giornata o quanto viva sia la fiamma del legno che arde, lassu si sta sempre ben freschi. Talvolta mi dispiace un poco per quelli accalcati laggiu sul ponte di coperta, ma cosa diavolo potrebbero pretendere per un misero dollaro?»
«Naturalmente,» convenne Joshua York.
Proprio in quell’istante un rumore sordo si senti da sotto lo scafo, un pesante thunk che fece scuotere il battello leggermente.
«Cos’e stato?» domando York.
«Probabilmente abbiamo urtato un tronco,» rispose Marsh. «E cosi?» chiese al pilota.
«Lo abbiamo solo sfiorato,» replico l’uomo. «Non temete, Capitano. Non c’e stato nessun danno.»
Abner Marsh annui e torno a rivolgersi a York. «Bene, che ne dite, York? Non sara il caso di scendere nel salone? Brulichera sicuramente di passeggeri curiosi di assistere a questa prima notte di navigazione. Potremmo conoscerne alcuni, scambiare qualche chiacchiera, assicurarci che sia tutto perfettamente in ordine.»
«Con grande piacere,» acconsenti York. «Ma prima, Abner, volete farmi compagnia nella mia cabina per un brindisi? Dobbiamo pur festeggiare la partenza, non vi pare?»
Marsh si strinse nelle spalle. «Un brindisi? Beh, non vedo perche no.» Si rivolse al timoniere sollevando appena il berretto. «Buonanotte, Mister Daly. Vi faro portare del caffe, se lo gradite.»
Uscirono dalla cabina di pilotaggio e ripararono nella cabina del capitano, fermandosi il tempo necessario a che York aprisse la serratura della porta — aveva insistito che la sua cabina, e di fatto tutto le cabine del battello, fossero munite di sicure serrature. Una simile richiesta era alquanto peculiare, ma Marsh era stato disponibile ad accontentarlo. Dopotutto, York non era avvezzo alla vita su di un battello, e la maggioranza delle sue altre richieste erano state abbastanza ragionevoli, come quella di addobbare il salone con tutto quell’argento e quegli specchi che ne facevano un posto di impareggiabile splendore.
La cabina di York era tre volte piu lunga delle cabine riservate ai passeggeri e due volte piu larga, sicche, rispetto alle misure standard, era decisamente immensa. Questa era la prima volta che Abner Marsh vi metteva piede da quando York ne aveva preso possesso, e cosi il Capitano si guardo intorno con curiosita. Un paio di lampade ad olio sistemate ai due lati opposti della cabina conferivano all’ambiente una luminosita calda e confortevole. Le ampie finestre di vetri colorati erano buie adesso, chiuse dalle imposte e protette da pesanti tende di velluto nero che alla luce delle lampade appariva ancor piu ricco e soffice. In un angolo, un alto cassettone con una bacinella poggiata in cima, ed uno specchio a parete con la cornice d’argento; un letto di piume stretto ma comodo all’apparenza e due grandi poltrone di cuoio; addossata a una parete, una massiccia e spaziosa scrivania in legno di palissandro con un’infinita di cassetti, cassettini e scomparti di ogni dimensione. Affissa sul muro al di sopra di essa, una pregiata mappa antica del fiume Mississippi con tutto il suo ricco sistema di affluenti. Il piano della scrivania era coperto da album con la rilegatura in cuoio e da pile e pile di giornali. Ecco un’altra delle peculiarita di Joshua York: leggeva un numero spropositato di giornali, provenienti dai luoghi piu disparati — giornali pubblicati in Inghilterra, gazzette in lingue straniere, naturalmente il Tribune di Mr. Greeley e l’Herald di New York, pressoche tutti quanti i giornali che circolavano a St. Louis e a New Orleans, ed ogni sorta di settimanali pubblicati nelle piccole cittadine fluviali. Tutti i giorni gli venivano consegnati pacchi di giornali. E libri, anche; un’alta libreria si trovava nella cabina, ed era straboccante di volumi; altri ancora erano affastellati sul tavolino presso il letto, con una candela da lettura mezza sciolta in cima alla torre di carta.
Tuttavia, Abner Marsh non spreco tempo soffermandosi a guardare i libri. Proprio accanto alla libreria c’era una rastrelliera di legno con venti o trenta bottiglie di vino ordinatamente disposte negli appositi alloggiamenti. Fu