«Che tempo stiamo facendo?» s’informo Marsh.

«Abbastanza buono,» rispose il pilota con una scrollata di spalle. «Beh, potrebbe fare di meglio, ma Mister Daly ha detto che non avevate premura, e cosi stiamo facendo una tranquilla passeggiata.»

«Faremo scalo a Paducah,» ordino Marsh. «Ho due passeggeri da far sbarcare e delle merci da scaricare.» Trascorse ancora qualche minuto a conversare con il pilota, dopodiche torno giu, sul ponte di controcoperta.

Il salone di prima classe era stato apparecchiato per il pranzo. Il fulgido sole di mezzogiorno si riversava dagli osteriggi in una cascata iridescente, e sotto il barbaglio policromo una lunga fila di tavoli si susseguivano per tutta la lunghezza della cabina. I camerieri stavano disponendo sui tavoli l’argenteria e le porcellane; i bicchieri di cristallo scintillavano, sfolgoranti nella luce. Dalla cucina Marsh carpi un effluvio dei profumi piu meravigliosi e succulenti. Si fermo e si procuro un menu, vi diede un’occhiata e decise che aveva ancora fame. Inoltre, York non s’era ancora fatto vivo, ed era piu che corretto che almeno uno dei capitani si unisse ai passeggeri ed agli altri membri superiori dell’equipaggio per consumare il pranzo.

Pranzo che, a giudizio di Marsh, fu ottimo. Il Capitano fece fuori una robusta porzione di agnello arrosto in salsa di prezzemolo, un piccioncino, una montagna di patate irlandesi con granturco fresco e barbabietole, e due pezzi della celebre torta di noci, un cavallo di battaglia del bravo Toby. Alla fine del pranzo il Capitano si sentiva dell’umore piu amabile. Acconsenti persino a che il pastore tenesse un sermone sulla necessita di cristianizzare gli indiani; un evento raro, considerando la sua intolleranza nei confronti dei predicatori che non voleva neppure a bordo. Bisognava pur intrattenere in qualche modo i passeggeri, giacche anche lo scenario piu splendido dopo un po’ risultava noioso.

Nel primo pomeriggio il Fevre Dream giunse a Paducah, la citta che sorgeva sul lato del fiume che rientrava nei confini del Kentucky, dove il Tennessee confluiva nell’Ohio. Fu la terza sosta di quel viaggio, ma la prima di una buona durata. Si erano fermati brevemente a Rossborough durante la notte per far scendere tre passeggeri, poi avevano fatto rifornimento di legname e avevano imbarcato un piccolo carico ad Evansville mentre Marsh dormiva. A Paducah, pero, dovevano scaricare dodici tonnellate di ferro, oltre un carico di farina, zucchero e libri. Per contro, avrebbero dovuto caricare a bordo quaranta o cinquanta tonnellate di legname. Paducah era nota per il commercio di legname, sicche era costantemente invasa di zattere cariche di tronchi che scendevano lungo il corso del Tennessee, intasando il fiume ed ostacolando il traffico dei battelli. Come la maggioranza degli armatori e comandanti di battelli, Marsh non nutriva grande simpatia per gli zatterieri. Quasi mai avevano luci notturne e spesso venivano speronati da qualche sfortunato battello, soltanto allora si decidevano a farsi vedere, bestemmiando, urlando e lanciando cose.

Fortunatamente non c’erano zattere in giro quando giunsero a Paducah, dove ormeggiarono. A Marsh basto una sola occhiata al carico in attesa sul pontile — che includeva enormi torri di casse ed alcune balle di tabacco — per decidere che non sarebbe stato complicato imbarcare altre merci sul ponte di coperta. Sarebbe stato un peccato, giudico, andar via da Paducah e lasciare tutto quel ben di Dio ad altri battelli, rinunciando ad una clientela cosi appetibile.

Intanto, il Fevre Dream era gia saldamente legato alla calata della banchina e sciami di scaricatori stavano, abbassando le passerelle di sbarco e si accingevano a scaricare. Mike il Peloso gironzolava tra di loro, e tuonava, «Spicciatevi, non siete mica signori delle cabine scesi a fare una passeggiata,» e «Tu fattelo cadere, ragazzo, ed io mi faccio cadere questa sbarra di ferro dritto sulla tua testa,» e giu cosi, snocciolando moniti ed incitamenti in una feroce sequela. La passerella venne giu con un whunk e pochi passeggeri incominciarono a sbarcare. Marsh prese la decisione. Si reco nell’ufficio del commissario di bordo, e vi trovo Jonathan Jeffers intento a lavorare su alcune polizze di carico. «Dovete scriverle necessariamente adesso, Mister Jeffers?» chiese.

«Assolutamente no, Capitano Marsh,» fece il contabile. Si tolse gli occhiali e ne puli le lenti su di un fazzoletto da collo. «Servono per quando arriveremo a Cairo.»

«Bene,» disse Marsh. «Venite con me. Scendiamo a terra e scopriamo chi e il proprietario di tutto quel carico esposto laggiu al sole, e dov’e diretto. Se va nella direzione di St. Louis, almeno una parte, allora forse guadagneremo un po’ di quattrini.»

«Eccellente,» ribatte Jeffers. Si alzo dallo sgabello, si raddrizzo la giacca nera di ottima fattura, controllo che la massiccia cassaforte di ferro fosse chiusa e raccolse il bastone. «Conosco una buona osteria a Paducah,» aggiunse mentre uscivano.

L’intraprendenza speculativa di Marsh si rivelo proficua. Trovarono lo spedizioniere del tabacco senza difficolta, e lo condussero all’osteria dove Marsh lo convinse a consegnare la sua merce al Fevre Dream e Jeffers gli accordo un buon prezzo. La conclusione dell’affare richiese quasi tre ore, ma alla fine Marsh si sentiva terribilmente soddisfatto quando lui e Jeffers si avviarono di buon passo alla calata dov’era ormeggiato il Fevre Dream. Quando vi giunsero, Mike il Peloso stava li a fumare un sigaro nero ed a conversare con il secondo di qualche altro battello. «Quello e nostro adesso,» gli annunzio Marsh, indicando il tabacco con il bastone. «Fallo caricare alla svelta, cosi possiamo partire.» Marsh si appoggio al parapetto del ponte, al riparo dal sole, e, compiaciuto di se stesso, si mise a contemplare l’andirivieni degli scaricatori che trasportavano le balle mentre Whitey cominciava a far salire il vapore. Casualmente, qualcos’altro attiro la sua attenzione; una fila di omnibus a cavalli appartenenti ad un albergo che attendevano sulla strada, poco lontano dal pontile d’imbarco. Per un istante Marsh resto a fissarli con curiosita tirandosi le basette, poi sali dritto alla cabina di pilotaggio.

Il pilota stava mangiando una fetta di torta accompagnandola con una tazza di caffe. «Mister Kitch,» gli disse Marsh, «non fatelo partire finche non ve lo diro io.»

«Come mai, Capitano? Hanno quasi finito di caricare, ed il vapore e gia alto.»

«Guardate laggiu,» disse Marsh, sollevando il bastone. «Quegli omnibus stanno portano dei passeggeri al pontile, o aspettano che ne arrivino. Non i nostri, no, e certamente un albergo non manda i suoi tram incontro ai passeggeri di ogni misero battello con la ruota poppiera. Ho un presentimento.»

Pochi istanti, e quel presentimento trovo conferma. Sputacchiando fumo e vapore, scintillando giu per l’Ohio veloce come il diavolo, un lungo battello di gran lusso si offri alla loro vista. Marsh lo riconobbe quasi immediatamente, prim’ancora di leggerne il nome; il Southerner della Cincinnati Louisville Packet Company. «Lo sapevo!» esulto. «Dev’essere partito da Louisville dodici ore dopo di noi. Ha fatto un tempo migliore, pero.» Si porto alla finestra laterale, scosto la lussuosa tenda che riparava dal caldissimo sole pomeridiano e guardo l’altro battello avvicinarsi alla banchina, ormeggiarsi e cominciare lo sbarco dei passeggeri. «Non ci mettera molto,» disse Marsh al suo pilota. «Niente merci da caricare o da scaricare, solo passeggeri. Lasciate che parta per primo, capito? Fatelo discendere il fiume per un piccolo tratto, poi partite a tutto vapore ed inseguitelo.»

Il pilota fini l’ultimo pezzetto di torta e si puli col tovagliolo un angolo della bocca dove gli era rimasta appiccicata un po’ della meringa. «Volete che lasci andare il Southerner davanti a noi e poi cerchi di raggiungerlo? Ho capito bene? Capitano, respireremo il suo vapore per tutto il tragitto fino a Cairo. Se gli diamo quel vantaggio, non lo vedremo piu, statene certo.»

Abner Marsh si rabbuio come un nembo pronto ad esplodere. «Ma cosa state dicendo, Mister Kitch? Non voglio sentire discorsi di questo genere. Se non siete all’altezza di fare cio che vi ho chiesto basta che me lo diciate, vado subito a tirare giu dal letto Mister Daly e faccio piazzare lui al timone.»

«Quello e il Southerner,» insiste Kitch.

«E questo e il Fevre Dream, e non dimenticatelo!» sbotto Marsh. Quindi giro i tacchi e, scuro in viso, usci dalla cabina con la furia di un temporale. Quei maledetti piloti, si credevevano tutti quanti i re del fiume. E naturalmente lo erano, quando il battello era sul fiume, ma cio non li autorizzava a fare tante storie per una corserella, e, peggio ancora, a dubitare del suo battello.

La sua furia si placo quando vide che il Southerner stava gia prendendo a bordo i suoi passeggeri. Aveva sperato in un’occasione simile fin dal primo momento, quando aveva osservato il Southerner sulla riva opposta, a Louisville, ma non aveva osato sperare con troppa audacia. Se il Fevre Dream fosse riuscito a raggiungere il Southerner, allora avrebbe gia compiuto meta dell’opera di costruzione della sua reputazione, non appena la notizia si fosse diffusa tra la gente lungo il fiume. Quel battello, ed il suo gemello Northerner, erano l’orgoglio della compagnia di navigazione a cui appartenevano. Erano battelli speciali, costruiti nel ’53 per filar via sul fiume alla massima velocita. Piu piccoli del Fevre Dream, erano gli unici battelli tra quelli che Marsh conosceva a non trasportare merci ma esclusivamente passeggeri. Il Capitano non riusciva proprio a capire quale profitto ne traessero, ma evidentemente cio non era importante, quel che contava era quanto fossero veloci. Nel ’54 il Northerner aveva stabilito un nuovo primato sulla linea Louisville-St. Louis, il Southerner lo aveva superato l’anno successivo, e tuttora deteneva il primato per il miglior tempo; un giorno e diciannove ore, nientemeno. In alto, sulla cabina di pilotaggio, recava le corna dorate, il trofeo che lo distingueva come il battello piu veloce

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