sull’Ohio.
Quanto piu Abner Marsh prendeva in considerazione la prospettiva di superarlo, tanto piu cresceva la sua eccitazione. E tutto d’un tratto gli baleno in niente che un evento di quella portata era qualcosa che Joshua York non doveva assolutamente perdersi, al diavolo il suo sonno diurno. Marsh si avvio spedito alla cabina di York, fermamente deciso a svegliarlo. Batte con vigore la punta del bastone sulla sua porta.
Nessuna risposta. Marsh busso ancora, con maggiore energia ed altrettanta insistenza. «Ehi, qui dentro!» tuono. «Tiratevi giu dal letto, Joshua, stiamo per fare una corsa!» Neppure stavolta si udi il minimo rumore dalla cabina di York. Marsh si provo ad aprire la porta ma la trovo chiusa a chiave. Incalzo coi colpi, diede pugni sui muri, busso sulla finestra dalle imposte serrate, urlo; tutto inutile. «Dannazione, York,» disse, «alzatevi, o altrimenti ve la perderete.» A quel punto, gli venne un’idea. Ritorno sui suoi passi, avvicinandosi alla cabina di pilotaggio. «Mister Kitch,» grido verso l’alto. Abner Marsh era uno che sapeva farsi sentire quando s’impegnava con tutta la forza dei suoi polmoni. La testa di Kitch fece capolino dalla porta della timoniera, guardandolo. «Suonate la sirena, e seguitate finche non vi faro cenno di fermarvi, capito?»
Ritorno quindi alla porta di York e riprese a picchiare a forza di pugni, ed improvvisamente la sirena innalzo il suo ululato. Una volta. Due. Tre volte. Lunghi squilli irati. Il bastone di Marsh riprese a flagellare brutalmente.
La porta della cabina di York si apri.
Marsh diede un solo sguardo agli occhi di York e la sua bocca si spalanco, paralizzandosi in un urlo strozzato. La sirena ululo ancora, ed egli si affretto a gesticolare concitatamente. Lo strepito tacque. «Entrate,» disse Joshua York in un freddo sussurro.
Marsh entro e York chiuse la porta dietro di lui. Il Capitano lo senti girare la chiave nella serratura. Ma non lo vide. Non vedeva nulla. Una volta chiusa la porta, la cabina di York divenne nera come la pece. Neppure il piu piccolo barlume di luce trapelava da una fessura della porta o dalle finestre con le imposte chiuse e le tende tirate. A Marsh parve di esser diventato improvvisamente cieco. Ma nell’occhio della sua mente indugiava una visione, l’ultima immagine messa a fuoco prima che il buio inghiottisse ogni cosa; Joshua York, in piedi sulla soglia, nudo come nel giorno in cui era nato, la sua pelle mortalmente bianca come alabastro, le labbra ritratte dai denti in un’espressione di rabbia animale, gli occhi come due fumose fessure grigie apertesi sull’inferno.
«Joshua,» disse Marsh, «potete accendere una lampada? O scostare una tenda? Non vedo niente.»
«Io vedo benissimo,» rispose la voce di York dall’oscurita dietro di lui. Marsh non lo aveva sentito muoversi. Si volto, ed inciampo in qualcosa. «State fermo,» comando York, e lo fece con un tono cosi gravido di forza e di furia che a Marsh non resto che obbedire. «Vi daro un lume prima che naufraghiate nella mia cabina.»
Un fiammifero divampo nel buio della stanza e York lo accosto alla candela che usava per leggere, poi si sedette sulla sponda del letto scompigliato. Era riuscito in quel frangente ad indossare un paio di calzoni, ma il suo volto seguitava a mostrarsi inferocito e terribile. «Ecco,» disse. «E adesso spiegatemi. Perche siete venuto qui? Vi avverto, sara meglio per voi che abbiate una ragione valida!»
Marsh comincio a perdere la calma. Mai nessuno gli aveva parlato in quel modo, nessuno. «Il Southerner e vicino a noi, York» disse seccamente. «Il battello piu dannatamente veloce di questo fiume, ha le corna e tutto il resto. Voglio che il Fevre Dream lo insegua, e pensavo che avreste voluto assistere. Se non ritenete che questa sia una ragione valida per tirarvi giu dal letto, allora vuol dire che non siete e non sarete mai un battelliere! E badate a come parlate quando vi rivolgete a me, intesi?» Qualcosa di simile all’impeto di una fiammata incendio gli occhi di Joshua York, ed egli fece per alzarsi, ma nel momento stesso in cui stava per farlo riusci a controllarsi e desistette. «Abner,» disse. S’interruppe, accigliandosi. «Mi dispiace, non intendevo mancarvi di rispetto, ne spaventarvi. La vostra intenzione era buona.» Marsh fu sconcertato nel vedere la sua mano serrarsi con violenza e poi distendersi. York si mosse nella penombra della cabina. Tre lunghi passi, rapidi e decisi, e raggiunse la scrivania su cui era poggiata la bottiglia della sua bevanda privata, quella che Marsh lo aveva incoraggiato ad aprire la notte scorsa. Riempi un intero calice e gettando indietro la testa tracanno il liquore in unica sorsata. «Ah,» disse piano. Si volto a fronteggiare di nuovo Marsh. «Abner,» disse, «io vi ho dato il battello dei vostri sogni, ma non e stato un dono. Abbiamo fatto un contratto. Voi dovete obbedire ai miei ordini, quali che siano, e dovete rispettare il mio comportamento eccentrico senza fare domande. Intendete onorare la vostra meta del patto?»
«Io sono un uomo di parola!» disse Marsh con vigore e determinazione.
«Bene,» replico York. «Adesso ascoltatemi. Avete agito in buona fede, ma avete sbagliato a svegliarmi in quel modo. Non fatelo piu. Mai. Per nessuna ragione.»
«Se scoppia una caldaia e andiamo a fuoco devo lasciarvi arrostire li dentro, e cosi?»
Gli occhi di York luccicarono nel fioco lucore. «No,» ammise. «Ma per voi potrebbe essere meno pericoloso. M’imbestialisco quando vengo svegliato all’improvviso. Non sono piu io. Si sa di me che talvolta ho fatto cose di cui in seguito mi sono pentito. E per questo che sono stato cosi brusco con voi. Me ne scuso, ma so che accadrebbe di nuovo. Se non peggio. Capite, Abner? Non venite mai qui quando la mia porta e chiusa.»
Marsh aggrotto le ciglia, ma non seppe pensare a cosa poter dire. Dopotutto aveva accettato le condizioni del contratto; se York si sconvolgeva fino a quel punto per un sonnellino, beh, erano affari suoi. «Capisco,» disse. «Accetto le vostre scuse, e vi porgo le mie, se puo servire. E adesso volete venire su a vedere come sorpassiamo il Southerner? Visto che ormai siete gia sveglio?»
«No,» disse York con un’espressione torva. «Non pensate che la cosa non abbia interesse per me, Abner. M’interessa, altroche. Ma — dovete capirmi — ho bisogno di riposare. Il riposo ha per me un’importanza vitale. E poi non amo la luce del giorno. Il sole e violento, brucia. Vi e mai capitato di scottarvi malamente? Se vi e successo, allora potete capire. Avete visto com’e chiara la mia carnagione. Io e il sole non andiamo d’accordo. E una condizione patologica, Abner. Non mi va di discuterne ulteriormente.»
«Va bene,» disse Marsh. Sotto i suoi piedi, il ponte comincio a vibrare leggermente. La sirena emise il suo gemito lacerante. «Stiamo uscendo dal porto,» disse Marsh. «Devo andare. Joshua, mi dispiace di avervi importunato, mi spiace davvero.»
York annui, gli volto le spalle e prese a versarsi un’altra dose di quella sua perniciosa bevanda. «Lo so.» Stavolta non la mando giu di botto, ma si mise a sorseggiarla. «Andate,» disse. «Ci vediamo stasera, a cena.» Marsh si avvio alla porta, ma la voce di York lo arresto prima che l’aprisse. «Abner.»
«Si?» fece Marsh.
Joshua York lo gratifico di un pallido, esile sorriso. «Battetelo, Abner. Vincete.»
Marsh sorrise ed usci dalla cabina.
Quando raggiunse la timoniera, il Fevre Dream aveva gia preso il largo e stava invertendo il movimento delle pale. Il Southerner lo precedeva di una buona lunghezza. La cabina di pilotaggio era affollata di una buona mezza dozzina di piloti senza imbarco, che discutevano e masticavano tabacco e scommettevano sulla vittoria dell’uno o dell’altro battello. Anche Mister Daly era presente; aveva interrotto il suo periodo di riposo per andar su a guardare. Tutti i passeggeri sapevano che qualcosa bolliva in pentola; i ponti inferiori erano gremiti di osservatori appostati lungo i parapetti e pigiati sul castello di prua per godere di una buona visuale.
Kitch fece girare la grande ruota nera ed argentea, ed il Fevre Dream taglio diagonalmente per immettersi nel canale principale, scivolando lungo la corrente all’inseguimento del suo rivale. Il pilota chiese al ponte di manovra un aumento del vapore. Whitey getto della pece nei forni e questi offrirono alla gente sulla riva uno spettacolare strascico fatto di nuvoloni di fumo nero e denso. Abner Marsh stava in piedi alle spalle del pilota, appoggiato sul suo bastone, e guardava avanti con gli occhi socchiusi. Il sole del meriggio si rifrangeva sulle limpide acque azzurre ed il riverbero accecante era una danza di luci che guizzavano nell’aria e ferivano gli occhi. Luci che la scia sciabordante delle ruote del Southerner sminuzzava in uno sfarfallio di mille scintille ardenti.
Dapprincipio l’impresa sembro di facile attuazione. Il Fevre Dream si lancio nella corsa: fumo e vapore volavano dietro di lui, le bandiere americane a prua e a poppa garrivano a piu non posso, le ruote schiaffeggiavano l’acqua ad un ritmo via via crescente, i motori rombavano dal ventre del battello. Lo spazio d’acqua che separava i due battelli comincio a diminuire a vista d’occhio. Ma il Southerner non era il Mary Kaye, non un battelluccio da quattro soldi da lasciarsi alle spalle a piacimento. Non ci volle molto perche il suo comandante o il suo pilota si rendessero conto di quel che stava accadendo, e la risposta fu un beffardo scatto di velocita. Il fumo del Southerner si fece piu denso e sbuffo sul Fevre Dream, e la scia divenne ancor piu gagliarda e flagellante, tanto che Kitch dovette compiere una piccola virata per evitarla, perdendo parte della propulsione durante la manovra. La distanza tra i battelli si allargo di nuovo, per poi assestarsi ad una lungheza costante.
«Tieni il passo,» disse Marsh al suo pilota quando apparve chiaro che i due battelli avrebbero mantenuto le loro posizioni. Usci dalla cabina di pilotaggio e si mise alla ricerca di Mike Dunne il Peloso, che infine riusci a