tutto questo, con la camicia intrisa di sudore con la barba bisunta, e si spolmonava nel lanciare comandi ai fuochisti perche lo udissero tra i sibili del vapore ed il chunkachunka delle ruote che smuovevano l’acqua come una zangola. Le bielle incutevano un rispettoso timore, con i loro colpi lunghi e possenti che si succedevano in un incessante andirivieni. Restarono qualche minuto a guardare, lui e York, finche il calore ed il puzzo dell’olio dei motori non supero la soglia della loro tollerabilita.

Tascorso un po’ di tempo si trovarono sul ponte di passeggiata, a passarsi una bottiglia vicendevolmente, passeggiando e conversando sotto la fresca sferza del vento, il loro vento, quel vento che la sola forza del battello faceva levare. Sopra di loro le stelle brillavano come i diamanti di una bella dama, la bandiera del Fevre Dream sventolava su entrambi i pennoni anteriore e posteriore, ed il fiume intorno era piu nero dello schiavo piu nero che Marsh avesse mai veduto.

Viaggiarono tutta la notte, con Daly di turno nella timoniera che li faceva scivolare sull’acqua ad un’andatura sostenuta — nulla, pero, al confronto di cio che il Fevre Dream avrebbe potuto fare se costretto, e Marsh lo sapeva bene. Scivolavano sulle acque del buio Ohio, circondati dal nulla. La navigazione procedette senza intoppi: nessun tronco, nessuno spuntone roccioso, nessuna secca ad insidiare il loro viaggio. Solo due volte dovettero mandare una iole davanti a loro per scandagliare il fondale, ed in tutte e due le occasioni, calata la sagola, trovarono l’acqua buona, ed il Fevre Dream prosegui indisturbato. Poche case s’intravedevano sulla sponda, per lo piu buie e con le imposte chiuse per la notte, ma ne scorsero una in cui la luce brillava intensa ad un’alta finestra. Marsh si domando chi fosse sveglio lassu, e cosa pensasse nel vedere il battello passare. Doveva essere bello il Fevre Dream visto di lassu, con tutti i ponti illuminati e la musica e le risa che si effondevano dalle finestre, fluttuando sull’acqua, le scintille ed il fumo sulle cime dei fumaioli, ed il suo nome, Fevre Dream, dipinto in enormi lettere blu, riccamente arabescate e incorniciate d’argento. Marsh desidero quasi di poter essere sulla riva per godersi quella vista.

La grande emozione di quella prima notte a bordo giunse poco prima di mezzanotte, quando avvistarono per la prima volta un altro battello che smuoveva le calme acque dell’Ohio procedendo davanti a loro. Quando Marsh lo vide, prese York per un gomito e lo condusse su alla cabina di pilotaggio, che scoprirono affollata. Daly era ancora al timone e beveva caffe, altri due piloti e tre passeggeri stavano seduti sul divano alle sue spalle. I piloti non erano al servizio di Marsh, ma era costume del fiume che i timonieri viaggiassero gratis se lo desideravano, e di solito prediligevano la cabina di pilotaggio per scambiare qualche chiacchiera con l’uomo al timone e tenersi aggiornati sulle novita che riservava il fiume. Marsh li ignoro. «Mister Daly,» disse al suo pilota, «c’e un battello davanti a noi.»

«Lo vedo, Capitano Marsh,» replico Daly con un sorriso laconico.

«Mi chiedo quale legno sia. Ne avete un’idea, Daly?»

Quale che fosse, il battello non era gran cosa; un tarchiato vapore con la ruota poppiera ed una timoniera quadrata come un macinino.

«Certo che no,» rispose il pilota.

Abner Marsh si rivolse a Joshua York. «Joshua,» disse, «voi siete il vero comandante, ed io non voglio darvi troppi suggerimenti. Ma la verita e che sono terribilmente curioso di sapere qual e quel battello davanti a noi. Perche non dite a Daly di raggiungerlo, cosi che possa rilassarmi un pochino, eh?»

York sorrise. «Certamente,» disse. «Mister Daly, avete sentito il Capitano Marsh. Pensate che il Fevre Dream sia in grado di raggiungere quel battello davanti a noi?»

«Il Fevre Dream puo raggiungere qualsiasi battello,» disse il pilota. Domando al macchinista, giu sul ponte di manovra, che aumentasse il vapore e tiro nuovamente la sirena. Il lamento selvaggio, cupo come l’urlo spettrale di uno spirito presago di morte, echeggio sul fiume, quasi volesse avvertire il battello li davanti che il Fevre Dream stava arrivando dietro di lui.

Il clamore della sirena basto ad evacuare il salone dei passeggeri che si riversarono in massa sul ponte. Persino i passeggeri da un dollaro si levarono dai loro giacigli di sacchi di farina. Un paio salirono sul ponte di comando e tentarono di entrare nella cabina di pilotaggio, ma Marsh li rispedi di sotto, insieme agli altri tre che vi aveva trovato. Com’era prevedibile, tutti gli spettatori si precipitarono verso la parte anteriore del battello, per sciamare successivamente verso babordo, quando fu palese che quello sarebbe stato il lato col quale avrebbero affiancato e superato il battello. «Maledetti passeggeri,» mugugno Marsh rivolgendosi a York. «Riescono sempre a sbilanciare un battello. Uno di questi giorni correranno tutti sullo stesso lato e faranno capovolgere qualche povero battello, ci giurerei.»

Malgrado le lamentele, Marsh era all’apice della felicita. Whitey, dabbasso, gettava piu legno nelle bocche dei forni ed essi ruggivano, e le grandi ruote si muovevano piu veloci, sempre piu veloci. Tutto avvenne in un lampo. Il Fevre Dream parve divorare le miglia che lo separavano dall’altro battello, e mentre lo sorpassava una clamorosa acclamazione esplose dai ponti sottostanti: dolce musica per le orecchie di Marsh.

Nel passare accanto alla murata del piccolo battello, York lesse il suo nome sulla timoniera. «Sembra si tratti del Mary Kaye,» disse.

«Ah! Tant’acqua per bollirci un uovo!» esclamo Marsh.

«E un battello famoso?» chiese York.

«No, figuriamoci,» disse Marsh. «Mai sentito nominare. L’avreste mai detto?» Al che proruppe in una risata fragorosa e diede a York poderose pacche sulla spalla. Di li a poco tutti nella cabina di pilotaggio scoppiarono a ridere.

Prima dell’alba, il Fevre Dream aveva raggiungo e superato mezza dozzina di battelli, compreso un vapore con le ruote laterali grande quasi quanto lui, ma non fu mai cosi emozionante come lo era stato la prima volta, quando avevano sorpassato il Mary Kaye. «Volevate sapere come avremmo cominciato,» disse Marsh a York mentre si allontanavano dalla cabina di pilotaggio. «Ebbene, Joshua, e cominciato.»

«Si,» disse York, lanciando un’occhiata dietro di loro, dove il Mary Kaye stava diventando un punto lontano. «E cominciato davvero.»

CAPITOLO QUINTO

A bordo del Fevre Dream FIUME OHIO Luglio 1857

Mal di testa o no, Abner Marsh era un marinaio troppo attaccato al suo mestiere per passare l’intera giornata a dormire, specie una giornata importante come quella. Si drizzo a sedere nel letto verso le undici, dopo aver dormito si e no poche ore, si sciacquo la faccia con un po’ d’acqua tiepida che prese dalla bacinella poggiata sul comodino, e si vesti. C’era del lavoro da sbrigare, e York non si sarebbe visto in giro se non dopo il tramonto. Il Capitano si piazzo il berretto in testa, aggrotto le ciglia nel guardare la propria immagine riflessa nello specchio e si scarmiglio un poco la barba, poi raccolse il bastone da passeggio e si avvio a passi pesanti verso il ponte di controcoperta. Visito dapprima i bagni, poi torno sui suoi passi per dirigersi in cucina. «Ho saltato la colazione, Toby,» disse al cuoco, che stava gia cucinando per il pranzo. «Di’ ai tuoi ragazzi che mi preparino sei uova e qualche fetta di prosciutto, e fammeli portare su alla mia cabina, va bene? E anche del caffe. A litri.»

Nel salone Marsh bevve un paio di bicchierini che lo aiutarono a sentirsi un po’ meglio. Borbotto qualche convenevole ai passeggeri ed ai camerieri, poi si affretto sul ponte superiore in attesa della colazione. Dopo che ebbe mangiato, Abner Marsh si senti di nuovo lui. Sali subito sul ponte di comando, ed entro nella cabina di pilotaggio. Il turno era cambiato, ed ora c’era l’altro pilota al timone, e soltanto uno dei due colleghi, ospiti senza biglietto, a tenergli compagnia. «Buongiorno, Mister Kitch,» disse Marsh al timoniere. «Come si sta comportando, il nostro Fevre Dream?»

«Non ho nulla di cui lamentarmi,» rispose il pilota. Getto quindi un’occhiata a Marsh. «Questo vostro battello ha il diavolo in corpo, Capitano. Se intendete portarlo giu a New Orleans, allora vi consiglio di affidarlo a piloti che la sanno lunga. Qui ci vuole una mano esperta al timone, eh si.»

Marsh annui. Del resto, non era una sorpresa; sovente i battelli piu veloci erano piu difficili da guidare. Ma la cosa non lo preoccupava affatto. Nessun pilota che non sapesse il fatto suo avrebbe mai messo le mani sul timone del Fevre Dream.

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