bella come lui la ricordava.

Ma poi, poco alla volta, una strana inquietudine comincio a crescere in lui, una vaga sensazione di disagio che lo portava a vedere cose a lui familiari con occhi ora diversi. Il clima era bestiale; durante il giorno l’afa era opprimente, e solo la brezza del fiume rendeva un po’ piu sopportabile quell’aria densa e umida. Giorno e notte, fetide esalazione si levavano dalle fogne a cielo aperto, putridi miasmi che aleggiavano sulle acque stagnanti come un abominevole profumo. Non c’era da stupirsi che sovente a New Orleans imperversasse la febbre gialla, penso Marsh. La citta straripava di negri liberi, di giovani ed avvenenti meticci e di mulatte vestite con la stessa eleganza delle donne bianche. Ma essa era altrettanto gremita di schiavi. Li si poteva vedere ovunque, a sbrigar faccende per i loro padroni, seduti come tanti derelitti o a far pugni nei recinti di Moreau e Common Street, andare e venire dai Mercati della Borsa in lunghe file incatenate, occupati a spurgare le fogne. Neppure laggiu, sui pontili del molo, l’occhio sfuggiva ai segni dello schiavismo: i grandi battelli con le ruote laterali che smaltivano il traffico commerciale di New Orleans trasportavano continuamente negri su e giu per il fiume, e Abner Marsh ne vedeva sempre arrivare o partire a frotte ogniqualvolta si recava al Fevre Dream. Il piu delle volte, gli schiavi viaggiavano in catene, accalcati miserabilmente tra le merci, a sudar l’anima al calore dei forni.

«Oh, e disgustoso,» si lamento Marsh con Jonathan Jeffers. «Non e igienico. E sentite bene cosa vi dico, non voglio niente del genere sul Fevre Dream. Nessuno appestera mai il mio battello con roba simile, chiaro?»

Jeffers gli rivolse uno sguardo di ironica approvazione. «Bravo, Capitano. Pero, se non facciamo il traffico di schiavi, perderemo un bel mucchio di soldi. Parlate come un abolizionista.»

«Non sono affatto un dannato abolizionista,» protesto Marsh, infervorandosi, «ma quel che ho detto lo penso sul serio. Se un gentiluomo vuol portare con se un paio di schiavi, servitori e cose simili, sta bene, nulla da ridire. Daro loro un posto sul ponte o una cabina, non m’importa un bel niente. Ma prenderli a bordo come merce, tutti incatenati da un maledetto trafficante, questo no.»

Alla settima notte di sosta a New Orleans, Abner Marsh provo una strana nausea per quella citta e divenne impaziente di partire. Quella stessa notte Joshua York scese nel salone per la cena con alcune carte fluviali tra le mani. Marsh aveva incontrato raramente il suo socio da quando erano arrivati li. «Che ve ne pare di New Orleans?» chiese Marsh a York mentre questi prendeva posto a tavola.

«Oh, la citta e bella,» rispose York con uno strano turbamento nella voce che indusse Marsh ad alzare gli occhi dal panino che stava imburrando. «Non posso che ammirare il Vieux Carre. New Orleans e completamente diversa da ogni altra citta fluviale che abbiamo visto finora, la si potrebbe quasi equiparare ad una citta europea; ed anche nel quartiere americano vi sono splendide costruzioni. Cio nondimeno, non mi piace star qui.»

Marsh si rabbuio. «Per quale ragione?»

«Questo luogo mi suscita una brutta sensazione, Abner. Il caldo, i colori sgargianti, gli odori, gli schiavi — e una citta viva, questa New Orleans, ma dentro di se, dietro la sua appariscente vitalita, ho l’impressione che marcisca, putrida di malattia. E tutto cosi ricco e bello qui, la cucina, i modi della gente, l’architettura, ma oltre questo…» Scosse il capo. «Ovunque si vedono sontuosi cortili ciascuno dei quali boriosamente ostenta la sua magnifica fontana. E poi si vedono carrettieri vendere acqua del fiume raccolta in barili, ed allora si comprende che l’acqua di quelle fontane e malsana, e non la si puo bere. Si gustano cibi ricchi di saporite salse e piccanti intingoli, e poi si scopre che le spezie hanno il solo intento di celare il fatto che la carne sta andando a male. Se si passeggia nel St. Louis, l’occhio cade sullo splendore dei marmi e sulla stupenda cupola dove una pioggia scintillante di luce si riversa sulla rotonda, e poi s’apprende che quel luogo magnifico e un famoso mercato di schiavi dove esseri umani vengono venduti come fossero capi di bestiame. Qui anche nei cimiteri regna la bellezza. Non si trovano modeste lapidi o croci di legno, ma sontuosi mausolei marmorei, ciascuno piu imponente di quello che l’ha preceduto, e tutti sormontati da sculture e nobilitati da alti sentimenti espressi in poetici versi scolpiti nella pietra. Ma dentro ognuno di questi santuari v’e un cadavere putrescente, brulicante di vermi. I morti devono essere imprigionati nella pietra perche il terreno non e buono neppure a seppellirveli, e le fosse si riempiono d’acqua. E cosi la pestilenza incombe su questa bellissima citta come una lugubre cappa.

«No, Abner,» concluse Joshua con un’espressione strana e distante nei profondi occhi grigi. «Io amo la bellezza, ma talvolta una cosa bella all’apparenza cela in se il male e l’abiezione. Piu presto lasceremo questa citta, tanto piu ne saro lieto.»

«Corpo del diavolo!» esclamo Abner Marsh. «Che possa essere dannato se ne so il perche, ma e la stessa cosa che provo io. Non temete, ce ne andremo via di qua al piu presto.»

Joshua York storse la bocca. «Certo,» disse. «Ma non prima di aver assolto il mio ultimo compito.» Sposto da un lato il suo piatto e spiego la mappa che aveva portato con se a tavola. «Domani, all’alba, voglio che il Fevre Dream continui a discendere il corso del fiume.»

«A discendere il fiume?» disse Marsh sbigottito. «Diavolo, cosa puo esserci d’interessante per noi piu giu? Qualche piantagione, un mucchio di cajun, paludi, canali, e poi il Grande Golfo.»

«Guardate,» disse York, e col dito traccio un percorso lungo il Mississippi. «Seguiamo il corso del fiume fino a questo punto, poi imbocchiamo questo ramo secondario e procediamo per circa sei miglia, fino a qui. Non impiegheremo molto tempo, e potremo essere di ritorno a New Orleans la notte seguente, cosi da prendere a bordo i passeggeri diretti a St. Louis. Voglio fare una breve sosta qui.» Il dito si abbatte fermamente sopra un punto della mappa.

Abner Marsh aveva davanti a se una bistecca di prosciutto di maiale, ma la ignoro, e si protese al di sopra di essa per scorgere il punto indicato da Joshua.

«Cypress Landing,» lesse sulla carta. «Beh, non saprei.» Guardo intorno a se il salone per tre quarti vuoto non essendoci passeggeri a bordo. Karl Framm, Whitey Blake e Jack Ely stavano mangiando al capo opposto del tavolo. «Mister Framm,» lo chiamo Marsh, «venite un momento qui.» Quando Framm lo ebbe raggiunto, gli indico il percorso tracciato da York. «Potete portarci fin laggiu, e poi risalire questo ramo secondario? O siamo troppo grossi?»

Framm si strinse nelle spalle. «Alcuni di questi rami paludosi sono abbastanza larghi e profondi, altri invece, non reggerebbero neppure una barchetta a remi, figurarsi un battello. Ma credo di poterlo fare. Laggiu e fitto di piantagioni e punti d’approdo, se possono arrivarci altri battelli… Pero, e pur vero che la maggior parte di loro non sono grandi e grossi come il Fevre Dream. Cio ci fara andare un po’ piu lentamente. Dovremo far scandagli per tutto il percorso, ed essere molto attenti alle secche e agli spuntoni rocciosi, e quasi sicuramente saremo costretti a segare una montagna di rami d’albero se non vogliamo che ci spezzino in due i fumaioli.» Si chino a studiare la carta. «Dove andiamo esattamente? Sono sceso laggiu al massimo una volta o due.»

«In un posto chiamato Cypress Landing,» rispose Marsh.

Framm serro le labbra pensosamente. «Non dovrebbe essere troppo difficoltoso. E la vecchia piantagione dei Garoux. I battelli ci andavano regolarmente, a prendere le patate dolci e lo zucchero di canna da portare a New Orleans. Garoux e morto, pero, e con lui tutta la sua famiglia. Da allora non si e piu sentito parlare del Cypress Landing. Un momento, ora mi viene in mente di aver sentito raccontare alcuni fatti, strane storie, proprio su quei luoghi. Perche andiamo li?»

«Una faccenda del tutto personale,» disse Joshua York. «Voi preoccupatevi solo di condurci laggiu, Mister Framm. Partiremo domani all’alba.»

«Siete voi il comandante,» disse Framm, e con questo se ne ritorno al suo pasto.

«Dove diavolo e finito il mio latte?» si lamento Abner Marsh. Si guardo intorno. Il cameriere, un giovinetto negro dalla figura snella, esitava presso la porta della cucina. «Ti decidi o no a servirmi la cena?» gli urlo in un boato che fece sobbalzare il ragazzo visibilmente. Marsh torno a rivolgersi a York. «Questo viaggio,» disse. «Fa parte… di quella cosa di cui mi avete parlato?»

«Si,» fu la recisa replica di York.

«Pericoloso?» incalzo Marsh.

Joshua York scrollo le spalle.

«Non mi piace,» disse Marsh, «questa faccenda dei vampiri.» Nel pronunziare la parola vampiri la sua voce si affievoli in un sussurro.

«Presto sara tutto finito, Abner. Faro una breve visita a questa piantagione, sistemero alcune cose e portero via con me alcuni amici. Allora sara proprio finita.»

«Lasciate che venga con voi,» fece Marsh. «Solo per questa volta. Non voglio dire che non vi credo, ma sarebbe assai piu facile darvi credito se potessi vedere uno di quei — voi sapete cosa — con i miei occhi.»

Joshua lo guardo. Marsh ricambio quello sguardo per un breve istante, ma qualcosa negli occhi di York sembro tendersi verso di lui, fino a toccarlo, e d’improvviso, senza una spiegazione logica, s’era rivolto a guardare

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