rabbia, i muscoli del collo erano tesi come corde e gli occhi grigi erano gelidi e minacciosi come ghiaccio. Era immobile come un uomo posseduto, un pallido dio adirato, un dio bianco, blu e argento. Era impossibile opporsi in qualche modo a quell’esplosione di volere, di forza, penso Marsh. Impossibile. E poi guardo Damon Julian. Gli occhi spiccavano sul suo viso: gelidi, neri, malvagi, implacabili. Abner Marsh guardo in quegli occhi un istante di troppo e senti di precipitare in un abisso. Udi degli uomini gridare da qualche parte, in lontananza, e la sua bocca si riempi del gusto del sangue caldo. Vide dissolversi quelle maschere i cui nomi erano Damon Julian, Giles Lamont, Gilbert D’Aquin, Philip Caine e Sergei Alexov, e mille altri nomi, e dietro ognuna di esse ce n’era un’altra, piu vecchia o piu orrenda, maschera dopo maschera, ognuna era piu bestiale di quella precedente, e in ultimo l’essere non aveva fascino, ne sorriso, ne parole gentili, ne abiti di lusso o gioielli, non aveva niente di umano, non era nulla di umano; rimaneva soltanto la Sete rossa, la febbre, rossa, rossa, antica e insaziabile. Quell’essere era primordiale e inumano, ed era forte. Era vivo e respirava e beveva l’essenza della paura, ed era vecchio, oh cosi vecchio, piu vecchio dell’uomo e di tutte le sue opere, piu vecchio delle foreste e dei fiumi, piu vecchio dei sogni. Abner Marsh sbatte le palpebre e dall’altra parte del tavolo non vide che un animale, un animale alto e bello in un vestito rosso borgogna, e non era rimasto nulla di umano in lui. I tratti del suo viso erano i tratti del terrore; i suoi occhi — i suoi occhi erano rossi, non piu neri, ma rossi e vi brillava una luce, rossi, ardenti, assetati, rossi. Joshua York lascio andare il moncherino del bambino. Ne scaturi un improvviso e debole spruzzo di sangue, riversandosi sul tavolo. Un attimo dopo un suono simile a un terribile e umido
Era stato Joshua a scagliarlo via, lo aveva visto, ed era Joshua che, in quel momento, gli stava vicino, Joshua con le pallide mani tremanti e gli occhi grigi pieni di paura. «Scappate, Abner. Lasciate il battello. Fuggite.» Dietro di lui, gli altri si erano tutti alzati da tavola. I volti bianchi, gli occhi attenti e sgranati, le mani pallide, rigide e avide. Katherine stava sorridendo, gli stava sorridendo nel modo in cui gli aveva sorriso quando l’aveva colto che usciva dalla cabina di Joshua. Il vecchio Simon stava tremando. Perfino Smith e Brown si stavano avvicinando a lui, circondandolo lentamente, e i loro occhi non erano amichevoli, e le loro labbra erano umide. Si stavano muovendo, tutti, e Damon Julian scivolo intorno al tavolo, quasi senza far rumore, con il sangue che si stava coagulando sulla guancia ed il taglio che si rimargino quasi sotto gli occhi di Marsh. Il capitano guardo le proprie mani e scopri di aver perso il coltello. Indietreggio, passo dopo passo, fino a che la schiena non urto contro una porta a specchi del salone.
«Fuggite, Abner,» ripete Joshua York.
Marsh annaspo, apri la porta, si rifugio nella cabina alle sue spalle, e vide Joshua voltarsi e frapporsi tra la cabina e gli altri, Julian, Katherine, il resto del popolo della notte, i vampiri. E questa fu l’ultima cosa che vide, prima che venisse preso dal panico e fuggisse.
CAPITOLO DICIOTTESIMO
Il giorno dopo, il sole si levo su New Orleans, ed era un occhio giallo, rigonfio, che imporporo la foschia del fiume e promise un giorno molto caldo. Abner Marsh era sul molo, in attesa.
Aveva corso a lungo la notte prima, precipitandosi come un pazzo attraverso le strade illuminate da lampioni a gas del Vieux Carre, urtando i passanti, incespicando e ansimando, correndo come non aveva mai corso in vita sua, fino quando aveva compreso, tardivamente, che nessuno lo stava inseguendo. Allora Marsh aveva trovato un fumoso, oscuro bar e aveva buttato giu tre rapidi whiskey per far cessare il tremore alle mani. E infine, verso l’alba, aveva ripreso la strada per tornare al Fevre Dream. In vita sua, Abner Marsh non era mai stato piu adirato e colmo di vergogna. L’avevano costretto a fuggire dal suo battello, gli avevano puntato un coltello dietro la nuca, avevano assassinato un bambino proprio di fronte a lui, sul suo tavolo. Nessuno poteva trattare Abner Marsh in quel modo, e sperare di farla franca, penso; ne bianchi ne negri ne indiani e neppure dei dannati vampiri. Damon Julian se ne sarebbe pentito amaramente, giuro a se stesso. Era giunto il mattino adesso, e a quell’ora i cacciatori diventavano prede. Il porto rumoreggiava d’attivita quando Marsh vi arrivo. Un altro grande battello a pale aveva gettato l’ancora vicino al Fevre Dream e stava scaricando. I venditori ambulanti stavano vendendo frutta e sorbetti sui loro carretti, uno o due omnibus d’hotel avevano fatto la loro comparsa. E, sorpreso e allarmato, Marsh constato che il Fevre Dream aveva le macchine sotto pressione. Fumo nero si levava dai fumaioli, e in basso un gruppo di scaricatori di porto male in arnese caricavano le ultime merci. Accelero il passo e si accosto ad uno di loro. Grido, «Ehi, tu la! Aspetta!» Lo scaricatore era un negro grosso e massiccio con una pelata luccicante e un solo orecchio. All’urlo di Marsh si volto, con un barile sulla spalla destra. «Si, Capitano?»
«Che cosa sta succedendo qui?» chiese Marsh. «Perche le macchine del battello sono sotto pressione? Non ho dato nessun ordine in tal senso.»
«Io carico soltanto, Capitano. Di sicuro, non so altro.»
Marsh impreco e passo oltre. Mike Durine il Peloso scese ondeggiando sulla passerella, impugnando la mazza di ferro. «Mike,» chiamo Marsh. Mike il Peloso corrugo la fronte, mentre un’espressione intensa di concentrazione gli ricopriva il volto scuro. «Buongiorno, Capitano. Avete davvero venduto il battello?»
«Cosa?»
«Il Capitano York dice che voi gli avete venduto la vostra meta, dice che voi non verrete con noi. Sono ritornato sul battello un paio d’ore dopo mezzanotte, io ed alcuni dei ragazzi. York ci dice che voi due vi siete resi conto che due capitani erano troppi e che ha rilevato la vostra quota. Poi ha ordinato a Whitey di aumentare la pressione, ed eccoci qui. E la verita, Capitano.»
Marsh si acciglio. Gli scaricatori curiosi stavano facendo circolo, 1 cosi afferro Mike il Peloso per un braccio e lo condusse sul ponte di coperta, facendogli ripercorrere la passerella. «Non ho molto tempo per dare spiegazioni,» disse, quando furono ragionevolmente lontani da chiunque altro. «Dunque, non tempestatemi di domande, intesi? Fate solo come vi dico.»
Mike il Peloso assenti. «Guai in vista, Capitano?» chiese, battendo la sbarra di ferro sul palmo grande e carnoso.
«Quante persone hanno fatto ritorno?»
«La maggior parte dell’equipaggio, alcuni passeggeri. Pochi, pero.»
«Non aspetteremo nessun altro. Meno persone ci sono a bordo, meglio e. Scovatemi Framm o Albright, non importa chi dei due, conduceteli di sopra, nella cabina del pilota e portateci a largo. Subito, mi sono spiegato? Io andro alla ricerca di Mister Jeffers. Dopo che avrete portato su un pilota, mi raggiungerete nell’ufficio del commissario di bordo. Non raccontate a nessuno quello che sta succedendo.»
Tra i folti baffi di Mike il Peloso, si indovino un ghigno.
«Cosa faremo, ricompreremo questo battello a buon prezzo, forse?»
«No, uccideremo un uomo. E non si tratta di Joshua. Andate ora. Ci incontreremo nell’ufficio del commissario.»
Jonathan Jeffers non era nel suo ufficio, tuttavia, cosi Marsh dovette far visita al commissario nella sua cabina e bussare con forza fin quando un Jeffers con l’aria di chi e stato appena svegliato, ed ancora in camicia da notte, apri la porta. «Capitano Marsh,» disse reprimendo uno sbadiglio. «Il Capitano York ha detto che voi avevate venduto il battello. La faccenda mi pareva assurda, ma non vi ho visto in giro, e cosi non sapevo cosa pensare. Entrate.»
«Ditemi cosa e accaduto la scorsa notte,» gli ordino Marsh, una volta al sicuro nella cabina del