nostri piloti. Sono uomini pratici del corso inferiore del fiume, devono conoscere i battelli che navigano in questa zona molto bene. Chiedete loro di spulciare tra queste pile di giornali che ho conservato e di verificare se c’e qualche nave il cui nome gli suoni strano.»

«Sara fatto, Capitano.»

Abner Marsh si rivolse di nuovo agli investigatori. «Non avro piu bisogno piu di voi signori, almeno credo. Ma se vi capitasse di imbattervi in quel battello, sapete come mettervi in contatto con me. Vi assicuro che sarete ben pagati.» Si alzo. «Ora se vorrete recarvi nel’ufficio del commisario, vi daro il resto di cio che vi devo.» L’Eli Reynolds trascorse il resto di quella giornata attraccato a Vicksburg. Marsh aveva appena finito di consumare la cena — un piatto di pollo freddo, purtroppo mal cucinato, e delle patate stufate — quando Cat Grove gli sede accanto, con un pezzo di carta in mano. «Gli ci e voluto quasi tutto il giorno, Capitano, ma ce l’hanno fatta,» annuncio Grove. «Ci sono troppe dannate navi, comunque. Devono essere state una trentina quelle che non conoscevano affatto. Ho controllato il foglio io stesso, verificando gli annunci per vedere cosa dicessero sulla grandezza delle navi, su chi erano i padroni, quel tipo di cose, insomma. Alcuni nomi li ho riconosciuti e ho potuto cancellare dalla lista molte navi con ruota poppiera e di stazza inferiore a quella del Fevre Dream.»

«Quante ne sono rimaste?»

«Soltanto quattro, quattro grandi battelli a ruota laterale di cui nessuno ha mai sentito parlare.» Porse la lista a Marsh. I nomi erano scritti accuratamente a lettere maiuscole, uno sotto l’altro.

B. SCHROEDER QUEEN CITY OZYMANDIAS F.D. HECKINGER

Marsh fisso a lungo il foglio, aggrottando le ciglia. Uno di quei nomi doveva significare qualcosa per lui, lo sapeva, ma non sarebbe riuscito ad immaginare cosa e perche, neppure se ci fosse stata in gioco la sua vita.

«Questi nomi vi dicono qualcosa, Capitano?»

«Non e il B. Schroeder. Lo stavano allestendo a New Albany nello stesso periodo in cui stavano lavorando sul Fevre Dream.» Marsh si gratto la testa.

«L’ultima nave,» disse Grove, indicandone il nome con un dito, «guardate quelle iniziali, Capitano. F. D. Come Fevre Dream, forse.»

«Forse.» Marsh pronuncio i nomi ad alta voce. «F. D. Heckinger. Queen City. Ozy…» Quello era difficile. Fu lieto di non doverne fare lo spelling. «Ozy-man-dee-us.»

Poi la mente di Abner Marsh, la sua lenta e metodica mente che non dimenticava mai nulla, gli forni di colpo la risposta, come un pezzo di legno trascinato sulla riva dal fiume. Si era gia scervellato su quella dannata parola prima, molto brevemente e non molto tempo prima, mentre sfogliava un libro. «Aspettate,» disse a Grove. Si alzo e corse in cabina. I libri erano nel cassetto inferiore della cassettiera.

«Cosa sono?» chiese Grove quando Marsh ritorno.

«Dannate poesie», rispose Marsh. Sfoglio Byron, non trovo nulla, provo con Shelley. Ed era li davanti a lui. Lo rilesse velocemente, ricadde all’indietro, aggrotto la fronte, lo rilesse di nuovo.

«Capitano Marsh?» disse Grove.

«Ascoltate questo.» E lesse ad alta voce:

«Il mio nome e Ozymandias, re dei re: Osservate le mie opere, o voi potenti, e disperate!» Sull’altro resta. Tutt’intorno e il decomporsi Di quella carcassa, informe, nuda Le sabbie solitarie e uniformi si disperdono lontano.

«Cos’e?»

«Una poesia. Una dannatissima poesia.»

«Ma cosa significa?»

«Significa,» disse Marsh chiudendo il libro, «che Joshua si sente dispiaciuto e abbattuto. Voi non potreste capire il perche, Mister Grove. La cosa importante e che significa che stiamo cercando un battello chiamato Ozymandias.»

Grove tiro fuori un altro foglio. «Ho ricavato alcune cose dai giornali,» spiego, consultando i suoi appunti. «Vediamo, quell’Ozy… Ozy… o come si chiama, sta lavorando sul tratto per Natchez. Il proprietario si chiama J. Anthony.»

«Anthony. Per l’inferno. Il secondo nome di Joshua era Anton. Natchez, avete detto?»

«Da Natchez a New Orleans, Capitano.»

«Questa notte, resteremo qui. Domani riprenderemo il viaggio, e ci dirigeremo a Natchez. Mi sono spiegato, Mister Grove? Non voglio perdere un solo minuto di luce. Quando spunta il dannato sole, voglio il vapore al massimo, cosi saremo pronti a salpare.»

Forse al povero Joshua non era rimasto altro che la disperazione, ma Abner Marsh aveva molto di piu. Aveva dei conti da regolare, e quando avrebbe finito, di Damon Julian non sarebbe rimasto niente di piu di quel che era rimasto di quella dannata statua di cui parlava la poesia.

CAPITOLO VENTITREESMO

A bordo dell’Eli Reynold FIUME MISSISSIPPI Ottobre 1857

Abner Marsh non dormi quella notte. Trascorse le lunghe ore d’oscurita sulla sua sedia sul ponte di coperta, con la schiena rivolta alle fumose luci di Vicksburg, guardando il fiume. La notte era fresca e tranquilla, l’acqua era simile a vetro nero. Di quando in quando, un battello appariva all’orizzonte, avvolto in fiamme, fumo e ceneri, e quella tranquillita s’infrangeva al suo passaggio. Ma poi la nave avrebbe attraccato o continuato, e il suono del fischio si sarebbe lentamente spento, e l’oscurita si sarebbe ricostituita compatta. La luna era un dollaro d’argento che fluttuava sull’acqua e Marsh udi umidi scricchiolii provenire dallo stanca Eli Reynolds, e di tanto in tanto una voce o dei passi o forse frammenti di canzoni provenienti da Vicksburg e, sempre, come sottofondo, il rumore del fiume, l’impeto delle acque senza fine che urtavano il suo battello, spingendolo, cercando di trascinarlo via, a sud, a sud, dove il Popolo della Notte e il Fevre Dream erano in attesa. Marsh si senti stranamente catturato della bellezza della notte, da quell’incanto oscuro che aveva tanto colpito quell’inglese di Joshua. Inclino la sedia all’indietro contro la vecchia campana del battello e fisso la luna, le stelle e il fiume, pensando che forse quello sarebbe stato l’ultimo momento di pace che avrebbe avuto. Poiche l’indomani, o certamente il giorno ancora successivo, avrebbero trovato il Fevre Dream, e l’incubo dell’estate sarebbe ricominciato. La sua testa era zeppa di tristi presentimenti, piena di ricordi e visioni. Continuava a vedere, nella sua mente, Jonathan Jeffers con il suo bastone animato, cosi dannatamente baldanzoso e cosi dannatamente senza speranza quando Julian si era infilzato sulla lama. Riudi il rumore del collo del commissario quando Julian lo aveva spezzato, e ricordo il modo in cui gli occhiali di Jeffers erano caduti, il luccichio dell’oro mentre urtavano il ponte, il terribile, lieve rumore che avevano provocato. Le sue grandi mani si strinsero con forza intorno al bastone da passeggio. Guardando il fiume immerso nell’oscurita, rivide anche altre cose. Quella manina infilzata sul coltello, che gocciolava sangue. Julian che beveva lo scuro elisir di Joshua. Le macchie umide sulla mazza di ferro di Mike il Peloso quando aveva eseguito quel macabro compito nella cabina. Abner Marsh aveva avuto paura, una paura che non aveva mai provato. Per scacciare gli spettri che vagavano nella notte, richiamo alla memoria il suo sogno, una visione di lui

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