— Vieni qua, pezzente!
— Comandi, Eccellenza, — balbetto il boscaiolo.
— Hai visto passare un plotone di guardie?
Il boscaiolo, come sapete, aveva visto ben altro che un plotone eli guardie. Ma quando si parla con il Principe Limone, e sempre meglio non sapere niente.
E cosi rispose che non aveva visto nessuno. Se avesse detto:
— Si, le ho viste, — gli avrebbero fatto delle altre domande, e magari lo avrebbero punito e messo in prigione.
Siccome non sapeva niente, non gli poterono far niente. Il corteo del Principe si allontano con un fragoroso scampanio.
La sera scendeva rapidamente, anzi, nell'interesse della nostra storia facciamola scendere di colpo, cosi abbiamo subito il buio. Al buio le storie sono molto piu divertenti. E non solo le storie, ma anche gli inseguimenti.
In questo momento, infatti, mentre il buio scende sulla foresta, la nostra storia e diventata una corsa a inseguimento, nella quale i campioni ciclisti potrebbero fare una bellissima figura: peccato che non ci possano essere anche loro!
Invece abbiamo: Carotino che investiga; le guardie che cercano Carotino; il Principe che cerca le sue guardie; Mastro Uvetta che guida la spedizione in cerca di Cipollino; Cipollino e Ciliegino che vanno in cerca di Mastro Uvetta; Ravanella che va in cerca di Cipollino; Pomodoro e don Prezzemolo che vanno in cerca di Ciliegino.
E sottoterra, per chi non lo avesse ancora immaginato da solo, la Talpa che va in cerca di tutti. La Talpa, il giorno prima, aveva fatto una capatina alla grotta nella quale si erano rifugiati i prigionieri e vi aveva trovato un biglietto che diceva:
Subito dopo aver letto il biglietto, la Talpa si era messa febbrilmente a scavare in tutte le direzioni. Sopra il suo capo, sentiva passare continuamente della gente: isolata, a piccoli gruppi, a gruppi numerosi. E passavano a una tale velocita, che quando la Talpa risaliva alla superficie per osservarli, erano gia scomparsi.
Mancavano solo i lupi.
I lupi non si fecero vedere: credevano che ci fosse una battuta di caccia grossa e se ne stettero rintanati nei loro rifugi.
Capitolo XX
Grazie a un Leone e a un ficcanaso il Castello viene invaso
Con la partenza delle Contesse, in vena di avventure di caccia, il Barone Melarancia e il Duchino Mandarino erano rimasti padroni assoluti del Castello.
Il primo ad accorgersene fu il Duchino. Il quale, secondo il suo solito, ad un certo punto si era arrampicato su una finestra e minacciava di gettarsi nel vuoto e di sfracellarsi sul pavimento se… Ma il «se», non c'era nessuno ad ascoltarlo.
— Strano, — medito Mandarino mettendosi un dito nel naso. — Possibile che nessuno si faccia vivo? Forse non ho gridato abbastanza forte.
Grido ancora un paio di volte senza convinzione, poi ando a trovare il Barone Melarancia.
— Cugino carissimo, — lo saluto.
— Hum, — mugolo il Barone, sputando un'ala di pollo che gli era andata per traverso.
— Sapete la novita?
— Hanno messo delle galline nuove nel pollaio? — domando il Barone, che il giorno prima aveva costatato di aver dato fondo alle riserve di pennuti del Castello e del villaggio.
— Macche galline, — rispose il Duchino, — siamo soli. Siamo stati abbandonati. Il Castello e deserto.
Il Barone fu molto preoccupato.
— Chi preparera la cena?
— Voi vi preoccupate per la cena. E se invece approfittassimo dell'assenza delle nostre amate cugine per fare un'ispezione alle cantine del Castello? Ho sentito dire che sono molto ben fornite di vini di marca.
— Impossibile, — rispose il Barone, — a tavola non servono che acqua sporca e vino di cavoli.
— Appunto, — disse il Duchino, — a voi danno i vini cattivi, e in cantina tengono le bottiglie buone per scolarsele quando sarete partito.
Il Duchino non ci teneva molto alle buone bottiglie: gli premeva invece di dare un'occhiata ai sotterranei, senza essere disturbato, perche aveva sentito dire che in una delle pareti le Contesse avevano murato il tesoro del Conte Ciliegione, per non doverlo spartire con nessuno.
— Se le cose stanno come voi dite, — ammise il Barone, colpito, — sarebbe bene andare a dare un'occhiata. Le nostre cugine commettono un grave peccato, nascondendoci i buoni vini della loro cantina. Dobbiamo aiutarle a salvare la loro anima. Questo almeno, secondo me, e il nostro dovere.
— Pero, — continuo il Duchino chinandosi all'orecchio del Barone, — sarebbe meglio licenziare per oggi Fagiolone. Andremo soli nei sotterranei. Vi portero io stesso la carriola.
Il Barone fu d'accordo e Fagiolone si ebbe una mezza giornata di liberta.
Ma perche, domanderete voi, il Duchino non scendeva da solo nei sotterranei se gli premevano i tesori? Perche se fossero stati scoperti, egli avrebbe potuto gettare la colpa su Melarancia. Aveva gia la risposta pronta:
— Ho dovuto per forza accompagnarlo: aveva sete e cercava una bottiglia.
Fregandosi mentalmente le mani, il Duchino si rassegno invece ad usarle per trascinare la carriola sulla quale il Barone aveva posato la pancia. Trovo la carriola pesantissima, ma dopo tutto non c'era che da scendere qualche rampa di scale e il peso della pancia lo spingeva in basso a una tale velocita che se la porta dei sotterranei fosse stata chiusa vi sarebbe rimasto spiccicato come una mosca. Per fortuna, invece, la porta era aperta: il Duchino infilo il corridoio e in meno che non si dica ebbe percorso tutta la cantina, tra due file di botti enormi, sormontate da milioni di bottiglie di vino dalle etichette polverose.
— Ferma! Ferma! — gridava il Barone. — Guardate quanta grazia di Dio!
— Piu avanti, — rispondeva il Duchino, — piu avanti c'e di meglio.
Il Barone, a vedersi scappar via a destra e a sinistra quegli eserciti di botti, quei battaglioni schierati di bottiglie, bariletti, barilotti, fiaschi e fiaschette, si struggeva dalla passione e stava per piangere.
— Addio, addio, poverine, — sospirava alle bottiglie. — Addio, mai piu vi rivedro.
Finalmente il Duchino senti che la pressione della carriola diminuiva e pote fermarsi. Proprio in quel punto, in una fila di botti si apriva un varco, e in fondo al varco si vedeva una porticina.
Il Barone, seduto comodamente per terra, allungava le mani a destra e a sinistra, afferrando due bottiglie alla volta, le stappava con i denti, che per l'allenamento erano diventati fortissimi, e se ne rovesciava il contenuto nello stomaco, interrompendosi solo per lanciare qualche mugolio di soddisfazione. Il Duchino con una smorfia di disgusto si inoltro nel varco.
— Dove andate, amatissimo cugino? Perche non approfittate anche voi di tutto questo ben di Dio?
— Vado a cercarvi una bottiglia di marca molto fine, che vedo laggiu in fondo.
— Il cielo vi rendera merito delle vostre premure, — gorgogliava il Barone tra un sorso e l'altro, — avete dissetato un assetato, non morirete mai di sete.
La porticina era senza serratura.
— Strano, — mormoro tra i denti Mandarino. — Forse si aprira per mezzo di un congegno segreto.
Comincio a esplorare la porticina centimetro per centimetro, cercando il congegno, ma per quanto tastasse, la porticina rimaneva immobile.