Frattanto il Barone, dopo aver dato fondo alle bottiglie che aveva a portata di mano, si era trascinato a sua volta tra le botti ed era giunto alle spalle di Mandarino, che sudava ed armeggiava, sempre piu nervoso.
— Che fate, cugino amatissimo?
— Cerco di aprire questa porta. Credo che qua dietro si trovino i vini piu pregiati. Sarei contento di riuscire ad aprirla.
— Non preoccupatevi. Porgetemi invece, voi che siete agile, quella bottiglia lassu con l'etichetta gialla. Dev'essere un vino cinese, ed io non ne ho mai assaggiato.
Il Duchino stento un poco a vedere la bottiglia che il Barone gli indicava. Era una bottiglia di formato comune, assolutamente simile alle altre, tranne che per il colore dell'etichetta, di un bel giallo canarino. Maledicendo in cuor suo alla gola del Barone, Mandarino allungo distrattamente la mano per prendere la bottiglia.
Strano. Essa pareva incastrata nello scaffale, e il Duchino dovette far forza per staccarla.
— Sembra piena di piombo, — osservo stupito.
Ma quando la bottiglia si stacco dallo scaffale, la porticina si mosse dolcemente, silenziosamente sui cardini, mostrando un vano buio dal quale avanzo un piccolo personaggio che si inchinava con molta compitezza ed esclamava con voce argentina:
— Buongiorno, signori. Vi ringrazio molto di avermi usato questa cortesia. Da tre ore stavo tentando di aprire questa porta senza riuscirvi. Come avete fatto ad indovinare che sarei capitato da queste parti?
— Ciliegino! — esclamarono ad una voce il Duchino ed il Barone. — Ciliegino caro! — aggiunse il Barone, che era gia piuttosto alticcio e si sentiva affettuoso.
— Ciliegino bello! Vieni, che ti abbracci!
Il Duchino non era cosi entusiasta.
— Che cosa fa qui questo piccolo guastafeste? — si domandava rodendosi il fegato per la rabbia. Tuttavia si sforzo di dire con gentilezza:
— Cugino Visconte, e un piacere per noi prevenire i tuoi desideri.
— Siccome pero, — ribatte pronto Ciliegino, — siccome io non vi ho informato che sarei tornato al Castello da questa parte, e al Castello in questo momento non ci siete che voi, immagino che vi abbia guidati fin qui l'idea di qualche marachella. Ma non me ne importa niente. Permettetemi invece di presentarvi i miei amici.
E scostandosi, Ciliegino fece passare, uno dopo l'altro, tutti i suoi amici: Cipollino, Ravanella, Mastro Uvetta, il sor Zucchina, l'avvocato, eccetera eccetera eccetera (lo sapete anche voi che erano tanti).
— Ma questa e un'invasione! — esclamo Mandarino, spalancando gli occhi.
Era proprio un'invasione, e l'idea era stata di Ciliegino. Facendo il girotondo intorno alla foresta i nostri amici avevano finito col ricongiungersi e avevano anche potuto costatare che tutti i loro avversari si trovavano fuori del Castello: una bella occasione per impadronirsi della fortezza nemica. Ciliegino penso alla galleria segreta che collegava il Castello alla foresta e fece da guida alla spedizione.
L'impresa, come avete visto, era perfettamente riuscita. Il Duchino fu rinchiuso nella sua camera e Fagiolino fu messo a fargli da guardiano.
Il Barone invece resto in cantina, perche nessuno aveva voglia di portarlo su per le scale. Fu proprio una magnifica serata.
Capitolo XXI
Lancia il Duchino l'esse-o-esse, si tingon di nero le Contesse
Quando scese la notte i nuovi castellani cominciarono a preoccuparsi.
— Che cosa faremo? — s'inquietava la sora Zucca. — Non potremo mica restare qui per sempre! Questa non e casa nostra. Abbiamo le nostre case, il nostro lavoro.
— Non vogliamo restare qui per sempre, — rispose Cipollino, — vogliamo trattare con i nostri nemici. Chiediamo solo la liberta per tutti. Quando saremo certi che non sara fatto del male a nessuno, usciremo dal Castello.
— Ma come ci difenderemo? — interloqui il sor Pisello. — La difesa di un castello come questo e una operazione bellica assai difficile. Occorre la conoscenza della strategia, della tattica e della balistica.
— Che cos'e la balistica? — domando la sora Zucca. — Avvocato, non cominciate a imbrogliarci con le parole difficili.
— Voglio dire, — concluse l'avvocato arrossendo, — che tra noi non c'e nessun generale. Senza un generale come si fa a difendersi?
— Nel bosco ci sono almeno quaranta generali, — disse Cipollino, — eppure non sono stati capaci di prenderci.
— Staremo a vedere, — brontolo il sor Pisello. L'idea di sostenere un lungo assedio senza un generale che si intendesse di strategia, di tattica e di balistica, gli metteva in corpo una terribile tremarella.
— Non abbiamo cannoni, — intervenne timidamente il sor Zucchina.
— Non abbiamo mitragliatrici, — aggiunse Pirro Porro.
— Non abbiamo fucili, — rincaro Mastro Uvetta.
— Ci penseremo domani, — decise Cipollino.
Andarono a dormire. Nel letto del Barone Melarancia ci entrarono in sette e c'era ancora posto. Il sor Mirtillo e il sor Zucchina, invece, andarono a dormire nella loro Casina, giu vicino al cancello.
Il Mastino che vi si era insediato li saluto con un ringhio, ma siccome era un cane rispettoso delle leggi, quando gli fu dimostrato che quella casa non gli apparteneva si rassegno a traslocare nel suo vecchio canile.
Zucchina si mise seduto e si affaccio al finestrino, mentre il sor Mirtillo gli si sdraiava sui piedi.
— Che bella notte, — diceva Zucchina, — che notte tranquilla. Ci sono perfino i fuochi artificiali.
Nel bosco, difatti, il Principe Limone faceva i fuochi artificiali per divertire le Contesse. Come faceva? Legava un paio di Limoncini alla bocca dei cannoni e li sparava nel cielo. I Limoncini volando con una fiaccola per mano facevano un bellissimo vedere.
Ad un certo punto, tuttavia, Pomodoro si accosto al Principe e gli bisbiglio all'orecchio:
— Altezza! State consumando tutto l'esercito.
Il Principe, a malincuore, fece sospendere i fuochi.
— Ecco, — disse Zucchina guardando dal suo finestrino, — i fuochi artificiali sono finiti.
Il Principe conto i soldati che gli rimanevano per continuare nella caccia dei prigionieri. Gliene restavano sempre abbastanza, ma era prudente aspettare il mattino.
Fece preparare una bella tenda per le Contesse, che per la curiosita e per l'eccitazione non riuscirono a dormire.
Verso mezzanotte Pomodoro usci in esplorazione. Sali su una collinetta pensando che di li avrebbe scorto il fuoco del bivacco degli evasi, se per caso ne avessero fatto uno. Invece, con sua grande sorpresa, vide le finestre del Castello illuminate.
— Il Barone e il Duchino fanno baldoria, — penso contrariato. — Quando gli evasi saranno catturati e sara risolto l'affare Cipollino, bisognera pensare anche a quei due mangiapane a ufo.
Rimase per un pezzo ad osservare il Castello, e la rabbia gli cresceva di minuto in minuto.
— Fannulloni, — pensava irritato, — banditi da strada. Ridurranno in miseria le mie signore e a me non resteranno che gli ossi da leccare.
Una dopo l'altra le finestre si andavano spegnendo. Alla fine ne resto accesa una sola, quella di Mandarino.
— Il Duchino non puo dormire al buio, — sibilo Pomodoro tra i denti, — ha troppa paura. Ma cosa fa adesso? Guarda che razza di sciocco. Si diverte a spegnere e ad accendere la luce. Spegne, riaccende. Finira col guastare l'interruttore. Provochera un corto circuito e il Castello andra in fiamme. Finiscila! Finiscila dunque!