Di lontano sembrava proprio che il Duchino si divertisse a fare la gibigianna con la lampadina, con grande rabbia di Pomodoro. Il quale pero a un certo punto comincio ad insospettirsi.
— E se fossero dei segnali? — riflette colpito dall'insistenza del gioco.
— Gia, ma segnali di che? A che scopo? E diretti a chi? Darei un soldo bucato per capire che cosa possano mai significare. Tre colpi brevi… tre lunghi… altri tre colpi brevi… Buio. Ed ora ricomincia: tre colpi brevi… tre colpi lunghi… tre colpi brevi… Scommetto che ha la radio accesa e accompagna la musica spegnendo e accendendo la luce.
Torno verso l'accampamento e, incontrato un dignitario di corte che aveva l'aria di essere un uomo istruito, gli domando se conosceva il linguaggio dei segnali.
— Naturalmente, — rispose il Limone, — sono dottore in segnalazioni, laureato all'universita di Segni.
— E che cosa significa un segnale cosi e cosi? — E Pomodoro gli descrisse il segnale che veniva dalla finestra del Duchino Mandarino.
— S..O..S… Significa «salvate le nostre vite». Significa: 'Aiuto!' insomma.
— Aiuto? — riflette Pomodoro sorpreso. — Ma allora non e un gioco. Il Duchino sta cercando di farci sapere qualcosa. Dev'essere in pericolo, per trasmettere quel segnale.
E senza pensarci sopra due volte si diresse a grandi passi verso il Castello.
Giunto presso il cancello, fischio per chiamare Mastino. Si aspettava che sbucasse dalla elegante casetta di Zucchina, ma con sorpresa lo vide uscire a orecchie basse dal suo vecchio canile.
— Che succede? — gli domando.
— Io rispetto la legge, — rispose il cane di malumore. — I legittimi proprietari mi hanno mostrato documenti di indubbio valore e non ho potuto far altro che cedere loro il passo.
— Quali proprietari?
— Un certo Zucchina e un certo Mirtillo.
— E adesso dove sono?
— Nella loro casa, e dormono. Almeno lo spero, per quanto non riesca a capire come potra dormire il signor Zucchina, che nella casetta ci puo stare solamente seduto.
— E al Castello chi c'e?
— Oh, molta gente, un sacco di invitati. Gente di basso rango, come ciabattini, professori d'orchestra, cipolle e via dicendo.
— Vuoi dire Cipollino?
— Si, credo che si chiami cosi. Da quello che mi e sembrato di capire il Duchino Mandarino e molto offeso: si e rinchiuso nei suoi appartamenti e non si e fatto vedere per tutta la serata.
— Questo vuoi dire che e prigioniero, — riflette Pomodoro, che passava da una sorpresa all'altra.
— Dal canto suo, — prosegui Mastino, — il Barone Melarancia si e rinchiuso in cantina. Da diverse ore si sente da quella parte un bombardamento di bottiglie stappate che mette allegria.
— Maledetto ubriacone, — penso Pomodoro.
— Quello che non mi spiego, — continuo il cane, — e che il Visconte Ciliegino faccia comunella con gente di cosi bassa estrazione, dimenticando i doveri del suo rango.
Pomodoro corse subito a svegliare il Principe e le Contesse e diede loro la terribile notizia. Le Contesse avrebbero voluto tornare subito al Castello, ma il Principe osservo:
— I divertimenti di questa notte hanno molto menomato la efficienza del mio esercito. Non possiamo tentare un assalto notturno. Attenderemo l'alba.
Fece chiamare don Prezzemolo, che era forte in aritmetica, e gli fece fare il conto delle forze che rimanevano dopo il salasso provocato dai fuochi d'artificio. Don Prezzemolo si armo di gesso e lavagna e fece il giro delle tende, segnando una croce per ogni soldato e una doppia croce per ogni dignitario di corte o generale. Risulto che restavano diciassette Limoncini e quaranta generali circa, piu Pomodoro, don Prezzemolo stesso, il Principe Limone, le Contesse, Carotino, Segugio e i cavalli.
Pomodoro non vedeva l'utilita dei cavalli, ma don Prezzemolo fece osservare che negli assedi i reparti di cavalleria sono molto utili. Si accese una discussione strategica, alla fine della quale il Principe Limone, sinceramente conquistato, affido a don Prezzemolo il comando di un reparto di cavalleria.
Il piano di battaglia fu studiato con l'aiuto di Mister Carotino, elevato per l'occasione al rango di Consigliere Militare Straniero.
Per prima cosa egli consiglio che tutti si tingessero le facce di nero, per spaventare gli assediati. Il Principe fece stappare molte bottiglie e con i turaccioli bruciacchiati si diverti egli stesso a tingere le facce dei suoi generali.
— Quale onore per noi! — dicevano i generali inchinandosi. Il Principe approfittava di quell'inchino per tingergli anche il collo.
Allo spuntar del sole l'operazione della tintura era felicemente ultimata. Il Principe appariva molto soddisfatto e insistette per tingere di nero anche Pomodoro e le Contesse.
— La situazione e molto grave, — ammoni, — e inoltre non abbiamo adoperato tutti i turaccioli.
Le Contesse si rassegnarono con le lacrime agli occhi. L'attacco comincio alle sette precise.
Capitolo XXII
Il Barone vola senz'ali e schiaccia venti generali
Secondo il piano d'attacco, il cane Segugio, approfittando dell'amicizia naturale che lo legava al cane Mastino, avrebbe dovuto farsi aprire da quest'ultimo il cancello del parco: e dietro a lui sarebbero penetrati, alla carica, gli squadroni di cavalleria comandati da don Prezzemolo.
Questa prima parte, pero, falli in pieno, perche il cancello non era per niente chiuso, anzi, era spalancato, e Mastino, in posizione di attenti sulla soglia, presentava le armi, ossia la coda.
Segugio torno indietro spaventatissimo e riferi lo strano avvenimento.
— Qui gatta ci cova, — disse Mister Carotino, usando una espressione cara ai Consiglieri Militari Stranieri.
— Molte, molte gatte ci covano, — rinforzo Segugio.
— Dove le avranno prese? — domando il Principe?
— Che cosa?
— Tutte queste gatte.
— Altezza, non si tratta di felini. Se hanno lasciato aperto il cancello, ci dev'essere un trabocchetto.
— Allora entreremo dal di dietro, — decise il Principe.
Ma anche il cancello posteriore era aperto. Gli strateghi del Principe non sapevano che pesci pigliare. Il Principe cominciava a essere stufo di quella guerra.
— Dura troppo, — diceva, lamentandosi con Pomodoro, — e troppo lunga e troppo difficile. Se l'avessi saputo prima, non l'avrei nemmeno cominciata.
Infine decise di compiere un atto di valore personale. Mise in fila i suoi quaranta generali e ordino:
— Att-enti!
I quaranta generali scattarono come un solo caporale.
— Avanti, march! — Uno, due, uno, due…
II cancello fu oltrepassato e l'eroico plotone marcio verso il Castello, che come sapete, si trovava un po' in cima alla collina. La salita era abbastanza faticosa. Il Principe comincio a sudare e torno indietro, lasciando il comando a un Limone di prima classe.
— Continuate voi, — disse, — io vado a preparare l'attacco generale. Ormai la prima linea, grazie al mio intervento personale, e stata sfondata.
Il Limone di prima classe gli presento le armi e prese il comando. Fatti dieci passi, ordino cinque minuti di