«Forse fareste bene a tagliare la corda, finche potete», intervenne Kevin, ponendo fine al suo mutismo.

«Questa e un’osservazione abbastanza criptica da richiedere una spiegazione», replico Trent. «Per caso il signore ha qualche informazione privilegiata di cui noi comuni mortali non siamo al corrente?»

«Non mi credereste, se ve lo dicessi», rispose Kevin, fissando il fuoco. Il riflesso delle braci sulle sue lenti spesse gli conferiva un aspetto spettrale, come se non avesse occhi.

«Provaci», lo incoraggio Steve.

David osservo sua moglie per cercare di capire come stesse prendendo quella serata deprimente. Per lui quell’esperienza era molto peggiore di quella al lago. Poteva sopportare qualche battuta spinta, ma l’ostilita e la depressione, soprattutto se chiaramente manifestate, gli creavano dei problemi.

«Ho scoperto qualcosa di piu su Randy Portland», annuncio Kevin senza distogliere gli occhi dal fuoco. «Ma voi non mi crederete, visto come avete reagito alla mia supposizione che la sua morte non sia stata un suicidio.»

«Dai, Kevin», lo esorto Trent. «Smettila di tergiversare e dicci che cosa hai saputo.»

«Sono stato a pranzo con Michael Caldwell. Voleva coinvolgermi in una delle sue innumerevoli commissioni. Mi ha detto che il presidente del consiglio di amministrazione dell’ospedale, Harold Traynor, aveva avuto una strana conversazione con Portland, lo stesso giorno in cui e morto, e che Traynor l’aveva riferita a Charles Kelley.»

«Arriva al punto, Yansen.» Trent era impaziente.

«Portland aveva detto che c’era qualcosa che non andava nell’ospedale.»

Trent fece una smorfia, fingendo di essere impressionato. «Qualcosa che non va nell’ospedale? Sono scioccato, davvero scioccato.» Scosse la testa. «Buon Dio, Kevin, c’e un’infinita di cose che non vanno, nell’ospedale; se questo e il clou della storia, non mi impressiona piu di tanto.»

«C’e dell’altro», continuo Kevin. «Portland ha anche detto a Traynor che non si sarebbe assunto la colpa.»

Trent guardo Steve. «C’e qualcosa che mi sfugge?»

«Portland si stava riferendo a un paziente, quando ha detto queste cose?» domando Steve.

«Evidentemente», rispose Kevin. «Ma questo e troppo sottile perche un chirurgo come Trent lo possa capire. Cio che mi e chiaro e che Portland pensava che ci fosse qualcosa di strano in uno dei suoi pazienti. Credo che avrebbe fatto meglio a tenere la bocca chiusa: oggi sarebbe ancora vivo.»

«A me sembra che Portland fosse un po’ paranoico», osservo Trent. «Era gia depresso. Tu vuoi a tutti i costi vedere un complotto in una cosa da nulla. Di che cosa e morto il paziente di Portland, comunque?»

«Polmonite e choc da tossine endogene», rispose Steve. «Il referto dice cosi.»

«Vedi?» Trent si rivolse a Kevin. «Non c’e nulla di misterioso in una morte, quando nel cadavere se ne vanno a spasso un bel po’ di batteri gram-negativi. Mi spiace, non mi hai convinto.»

Kevin si alzo di scatto. «Perche sto qui a preoccuparmi?» quasi grido. «Siete tutti ciechi come pipistrelli, ma la sapete una cosa? Non me ne importa un fico secco.»

Scavalcando Gayle, che era distesa davanti al camino, si diresse su per le scale fino alla camera da letto che occupavano lui e Nancy e chiuse la porta sbattendola forte.

Gli altri rimasero a fissare il fuoco, senza parlare. Si poteva udire la pioggia battere sul lucernario come se si trattasse di tanti granelli di riso. Nancy si alzo per ritirarsi anche lei in camera.

«Mi spiace per Kevin», le disse Trent. «Non avevo intenzione di provocarlo.»

«Non e colpa tua», lo rassicuro lei. «Negli ultimi tempi e peggio di un orso. C’e qualcosa che non vi ha detto. Di recente ha perduto anche lui un paziente e non e una cosa che capita spesso a un oftalmologo.»

Il giorno dopo, pioveva, tirava vento e gravava una pesante cappa di nebbia. Quando Angela guardo fuori, emise un grido che fece correre David alla finestra.

«Che cosa dovrei vedere?» le chiese con aria assonnata.

«Gli alberi: sono spogli e tutte le foglie sono sparite.»

«Dev’essere stato il vento. Ha soffiato tutta la notte, facendo sbattere le imposte.» David ritorno sotto la trapunta, mentre Angela rimase come ipnotizzata a guardare fuori dalla finestra.

«Sembrano tutti morti.», mormoro. «E difficile non scorgervi un presagio. Questo si aggiunge alla sensazione che ho che stia per accadere qualcosa di brutto.»

«Sono solo i postumi della discussione di ieri sera», cerco di tranquillizzarla David. «Non coinvolgermi nelle tue visioni funeste, e troppo presto. Torna a letto ancora per qualche minuto.»

La temperatura costitui la successiva brutta sorpresa: alle nove del mattino era ancora sotto zero. L’inverno era ormai alle porte.

La tetraggine del tempo non aiuto certo a migliorare l’atmosfera generale, gia compromessa la sera prima. I bambini all’inizio erano allegri, ma poi si lasciarono contagiare dall’umore dei genitori.

Quando fu il momento di partire, David e Angela ne furono sollevati e, mentre scendevano verso la pianura, David prego la moglie di ricordargli di non giocare mai piu a tennis con Kevin.

«Voi uomini siete davvero dei bambini, quando c’e di mezzo lo sport», commento Angela.

«Ehi!» sbotto David. «Non sono io il problema, e lui. E troppo competitivo. Io non volevo nemmeno giocare.»

«Non scaldarti cosi!»

«Ma tu stai insinuando che e stata colpa mia!»

«Non stavo insinuando niente del genere.» Angela cerco di calmare il marito. «Stavo solo facendo un commento sugli uomini e lo sport.»

«Va bene, scusa, suppongo di essere un po’ agitato, ma mi sui ai nervi avere intorno gente cupa. Non e stato un fine settimana tanto divertente.»

«E uno strano gruppo di persone», riflette Angela. «In superficie sembrano normali, ma sotto sotto non ne sono sicura. Per lo meno stavolta non si sono lasciati andare a insinuazioni sessuali, anche se hanno cercato di rivangare di nuovo la tragedia di Portland. Per Kevin e una specie di ossessione.»

«Kevin e strano», convenne David. «E questo che cercavo di dirti. Detesto sentire parlare di quel suicidio e odio entrare in quella stanza, giu all’ambulatorio. Tutte le volte che se ne parla, non posso fare a meno di immaginare come doveva essere la parete dietro la mia scrivania, imbrattata di sangue e materia cerebrale.»

«David!» esclamo Angela, «per favore! Se non ti preoccupi per me, pensa almeno a Nikki!»

David guardo nello specchietto e vide che la figlia stava fissando davanti a se, immobile.

«Mi fa male la gola», annuncio la bimba. «Non mi sento bene.»

«Oh, no!» Angela si volto e le tocco la fronte, poi borbotto: «E tu hai insistito per partecipare a questa stupida gita!»

David fece per difendersi, ma cambio idea. Non voleva imbarcarsi in una lite, si sentiva gia abbastanza irritabile.

11

Lunedi 18 ottobre

Nikki non passo una buona nottata e nemmeno i suoi genitori. Al mattino, Angela le fece eseguire i suoi soliti esercizi, ma quando finirono e l’ausculto, senti rantoli e ronchi che non lasciavano presagire nulla di buono.

Prima delle otto, David e Angela telefonarono al lavoro spiegando che sarebbero arrivati in ritardo, poi coprirono bene la figlia e la portarono dal dottor Pilsner. In un primo tempo, l’impiegata alla reception disse loro di ritornare il giorno dopo, perche il dottore aveva gia troppi pazienti da visitare, ma Angela non si arrese. Si presento come il dottor Wilson, del reparto di patologia, e insistette per parlare immediatamente con il dottor Pilsner. Questi arrivo subito e si scuso.

«La ragazza credeva che foste pazienti del CMV», spiego. «Qual e il problema?»

Angela spiego che durante la notte un mal di gola aveva provocato una congestione e il medico, dopo aver auscultato Nikki, confermo che le sue vie respiratorie erano ostruite.

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