mediche. Cio che metteva al primo posto erano le esigenze dei pazienti e la ramanzina ricevuta lo aveva a dir poco irritato.
Rientrando in ambulatorio, intravide Kevin che spariva dietro una porta con un paziente e si ricordo della sua profezia sugli indici di valutazione. Aveva avuto ragione. Era stata una cosa devastante e lui era seccato ancora di piu perche Kelley non aveva fatto il minimo riferimento alla qualita del servizio o al gradimento da parte dei pazienti.
«Fara meglio a mettersi sotto o rimarra di nuovo indietro», gli consiglio Susan appena lo vide.
A meta mattinata, Angela passo da Nikki e fu contenta di vedere che stava decisamente meglio: la febbre era sparita e la congestione polmonare si era notevolmente ridotta.
«Quando posso tornare a casa?» chiese la bimba.
«Per ora devi restare qui, ma, se continui a migliorare cosi, sono sicura che il dottor Pilsner non ti terra qui a lungo», le rispose Angela, giocherellando con i suoi capelli, poi la lascio per tornare al lavoro.
Stava per sedersi alla scrivania, quando noto che la porta di comunicazione con la stanza del dottor Wadley era socchiusa. Si avvicino e sbircio dentro: il suo capo era chinato su un microscopio didattico con due oculari. Scorgendola, le fece cenno di entrare.
«Voglio farle vedere qualcosa», le disse.
Lei si sedette di fronte al suo maestro e le loro ginocchia quasi si toccarono. Appoggio gli occhi al microscopio e riconobbe immediatamente un campione del tessuto di un seno.
«E un caso delicato», le spiego Wadley. «La paziente ha solo ventidue anni. Dobbiamo fare la diagnosi e dobbiamo farla esatta. Prenda tutto il tempo che occorre.» Nel dire cosi, allungo una mano sotto il tavolo e le strinse la gamba, appena sopra il ginocchio. «Non sia impulsiva, non si lasci guidare dalle prime impressioni, osservi attentamente tutti i canali.»
Angela cerco di concentrarsi sul vetrino, ma faceva fatica. Wadley non aveva spostato la mano e intanto continuava a parlare, spiegandole quali erano i punti chiave per fare la diagnosi. Lei quasi non riusciva a seguire le sue spiegazioni, sentendosi a disagio per quella mano sulla sua coscia.
In precedenza era capitito diverse volte che Wadley l’avesse toccata, ma si era trattato di una stretta a un braccio, di una pacca sulla schiena, magari di un abbraccio un po’ esuberante; durante la partita di softball, al picnic, avevano piu volte espresso la soddisfazione per un punto messo a segno con il tipico saluto palmo contro palmo, ma fino a quel momento non c’erano mai stati gesti cosi intimi.
Angela avrebbe voluto spostarsi o fargli togliere la mano, ma non si decideva. Sperava che Wadley si rendesse conto di quanto lei fosse a disagio e la togliesse di sua spontanea volonta, invece lui la tenne li ferma per tutto il tempo della loro conversazione sulla paziente.
Alla fine Angela si alzo. Si rese conto di tremare e, mordendosi la lingua, rientro nel suo ufficio.
«Quando sara pronta con quei vetrini per l’esame ematologico, li esamineremo insieme», le disse Wadley.
Angela chiuse la porta del suo ufficio e si lascio cadere sulla sedia. Prossima alle lacrime, affondo la testa fra le mani e si lascio sommergere da un’ondata di pensieri. Alla luce di cio che era appena accaduto, alcuni episodi dei mesi precedenti assunsero ai suoi occhi un nuovo significato: Wadley si era offerto spesso di rimanere oltre l’orario di lavoro per esaminare i vetrini insieme a lei; tutte le volte che lei andava al bar, se lo ritrovava seduto al suo stesso tavolo; per quanto riguardava il contatto fisico, poi, adesso che ci pensava, non si era mai lasciato scappare un’occasione. A questo punto, la proposta di recarsi insieme a lui a un convegno di patologia a Miami assumeva un significato imbarazzante.
Provo a ricomporsi e a chiedersi se non stesse reagendo in modo sproporzionato, come David l’accusava spesso di fare. Forse stava gonfiando troppo quello che era accaduto, forse Wadley non si era reso conto di cio che faceva, impegnato com’era nel suo ruolo di maestro.
Eppure, dentro di se, Angela era sicura di non avere frainteso. Pur essendo grata a Wadley per i suoi insegnamenti, sapeva che il suo gesto era stato fatto deliberatamente. Che cosa poteva fare lei per mettere fine a quella familiarita indesiderata? Dopotutto, lui era il suo capo.
Alla fine del suo orario di lavoro, David passo a trovare Marjorie Kleber e qualche altro paziente che aveva fatto ricoverare, poi si fermo da Nikki, sedendosi sul suo letto.
«Vedo che ti stai dando alla pazza gioia», scherzo, alludendo al televisore acceso.
«Su, papa, non ne ho guardata tanta. Prima e venuta a trovanni la signora Kleber e mi ha persino fatto fare un po’ di compiti.»
«Terribile! E come va la respirazione?»
Ormai Nikki era un’esperta nel valutare le proprie condizioni fisiche. «Bene», rispose. «Ancora un po’ chiusa, ma va molto meglio.»
Arrivo anche Angela, che si sedette dall’altra parte del letto e Nikki chiacchiero con loro per una mezz’oretta.
«Voglio andare a casa», si lamento, quando li vide alzarsi.
«Lo credo bene e anche noi ti vorremmo a casa», replico Angela, «ma dobbiamo seguire gli ordini del dottor Pilsner. Parleremo con lui domattina.»
Nikki saluto i genitori asciugando una lacrima e afferrando il telecomando con l’altra mano. Pur essendo abituata ai ricoveri in ospedale, soffriva restare lontana da casa. L’unica nota positiva era che poteva guardare la televisione quanto voleva e scegliere i programmi desiderati, cosa che normalmente non le era permesso.
Per tutta la strada fino a casa, David e Angela non parlarono. L’unico rumore fu quello del tergicristallo. Ognuno dei due pensava che l’altro fosse giu di corda per Nikki, per il weekend deludente e per la pioggia.
Quando imboccarono il vialetto di casa, Angela informo David che un esame preliminare alla coltura dello sputo di Nikki faceva pensare allo
«Non c’e bisogno che me lo dici», replico David.
Senza Nikki, la cena fu malinconica. Mangiarono in cucina, ascoltando la pioggia che batteva insistente contro le finestre. Quando ebbero finito, Angela trovo le parole per raccontare al marito cio che era accaduto fra lei e il suo capo.
David l’ascolto a bocca aperta e, quando lei ebbe finito, esclamo sbalordito: «Che bastardo!» Batte la mano a palmo aperto contro la tavola e scosse la testa. «Un paio di volte mi e passato per la testa che forse si comportava in modo un po’ troppo sdolcinato, come quel giorno al picnic, ma poi mi convincevo che si trattava di ridicola gelosia da parte mia e invece le mie intuizioni erano giuste.»
«Non lo so, non ne sono sicura. E per questo che esitavo a parlartene, non voglio che saltiamo subito alle conclusioni. Ma e una cosa che mi mette estremamente a disagio. Non e giusto che noi donne dobbiamo affrontare questo genere di situazioni.»
«Si, e un vecchio problema. Le molestie sessuali ci sono sempre state, soprattutto da quando voi donne siete entrate nel campo del lavoro. Anche nel settore della medicina: ai vecchi tempi tutti i medici erano maschi e tutte le infermiere femmine.»
«E anche adesso che il numero di medici donna e aumentato, non e cambiato molto», aggiunse Angela. «Ti ricorderai qualcuna delle situazioni che ho dovuto sopportare alla facolta di medicina.»
David annui. «Mi spiace per quello che e accaduto», disse. «So quanto ti trovavi bene con il dottor Wadley. Se vuoi, salto immediatamente in macchina, vado a casa sua e gli do un pugno sul naso.»
Angela sorrise. «Grazie per il sostegno.»
«Pensavo che stasera tu fossi silenziosa perche eri preoccupata per Nikki o arrabbiata per il weekend.»
«Il weekend e acqua passata e Nikki sta migliorando.»
«Anch’io ho avuto una brutta giornata», si decise a rivelare David. Prese una birra dal frigo, ne bevve una lunga sorsata, poi racconto alla moglie dell’incontro con Kelley e con il burocrate di Burlington.
«Ma e scandaloso!» esclamo lei. «Che coraggio, parlarti in quel modo! Specialmente con la valutazione positiva che hai avuto da parte dei tuoi pazienti.»
«Pare che questo non conti poi molto.»
«Ma stai scherzando? Lo sanno tutti che il rapporto medico-paziente e il pilastro per una buona assistenza