«La faremo ritornare a posto in un battibaleno», promise, strofinandosi la barba bianca, «ma penso che sia meglio ricoverarla. Voglio iniziare con gli antibiotici per via endovenosa e con una terapia respiratoria intensiva.»

«Tutto quello che occorre», acconsenti David e accarezzo Nikki sulla testa. Si sentiva colpevole di avere insistito per il weekend nel New Hampshire.

All’accettazione c’era Janice Sperling, che riconobbe immediatamente David e Angela e accolse Nikki amichevolmente, annunciandole: «Vedrai che bella camera ti diamo, ha una vista stupenda sulle montagne», poi si diede da fare per sveltire al massimo le procedure del ricovero.

Nikki annui e si lascio infilare al braccio la targhetta plastificata di riconoscimento. Era la numero 204. Salirono al secondo piano e arrivarono davanti alla camera che portava quel numero, ma Janice, dopo avere aperto la porta, si blocco, confusa, mormorando: «Mi scusi!» La stanza era gia occupata.

«Signora Kleber!» esclamo Nikki, sorpresa.

«Marjorie, che cosa ci fa qui?» domando David.

«La mia solita fortuna. L’unico weekend in cui lei e andato via ho avuto dei problemi. Ma il suo sostituto e stato molto gentile.»

«Mi spiace davvero averla disturbata», si scuso ancora Janice. «Non capisco come mai il computer mi ha dato la camera 204, quando era gia occupata.»

«Non c’e problema», la rassicuro Marjorie. «Mi piace la compagnia.»

David le disse che sarebbe tornato da lei poco dopo e poi segui l’infermiera all’accettazione.

Dopo avere fatto una telefonata, Janice comunico ai Wilson che la camera per Nikki era la numero 212 e, dopo pochi minuti, la bambina vi era stata sistemata e un’equipe di infermiere e di tecnici comincio a occuparsi di lei, prima con gli antibiotici, poi iniziando la terapia respiratoria.

Vedendo che tutto era sotto controllo, David si accomiato dalla figlia, promettendole di tornare spesso a farle visita durante la giornata e raccomandandole di obbedire alle infermiere. Poi ando subito da Marjorie, che le appari minuscola nel largo letto ortopedico.

«Allora», l’apostrofo, fingendosi in collera, «che storia e questa?»

«E iniziato tutto venerdi pomeriggio. I problemi cominciano sempre il venerdi, quando si e riluttanti a chiamare il medico. Non mi sentivo per niente bene, poi, sabato mattina, ha cominciato a dolermi la gamba destra. Allora ho chiamato il suo ambulatorio dove mi hanno detto di rivolgermi al dottor Markham che mi ha ricevuto subito e ha detto che avevo la flebite e che dovevo essere ricoverata e curata con gli antibiotici.»

David esamino Marjorie e confermo la diagnosi.

«Pensa che fosse necessario farmi ricoverare?» chiese lei.

«Assolutamente, non bisogna correre rischi con la flebite. L’infiammazione delle vene va di pari passo con l’embolia, ma mi sembra che ci sia gia stato un miglioramento.»

«Oh si, mi sento venti volte meglio di quando sono entrata, sabato.»

Anche se era gia tardi e doveva andare in ambulatorio, David rimase a parlare con lei qualche altro minuto, poi passo dalle infermiere per leggere la sua cartella clinica, che trovo in ordine, quindi telefono a Dudley Markham, ringraziandolo per cio che aveva fatto per Marjorie.

«Figurati! E stato un piacere», si schermi Dudley. «Pensa che era la maestra del mio figlio maggiore.»

Prima di andarsene, David domando alla caposala, Janet Colburn, come mai Marjorie fosse stata messa in un letto ortopedico.

«Non c’e un motivo, era li e non serviva da altre parti… Comunque stara meglio che in un letto normale: ci sono i comandi elettronici per alzarlo e abbassarlo.»

David scrisse qualche annotazione sulla cartella clinica, poi fece una scappata da Nikki, che stava gia molto meglio e si reco all’ambulatorio.

Susan era molto agitata, aveva provato a cancellare o a spostare un certo numero di appuntamenti, ma la sala d’aspetto era ugualmente strapiena. David la calmo ed entro nella propria stanza per infilarsi il camice, mentre lei lo seguiva come un segugio, mettendolo al corrente dei messaggi telefonici.

Con il camice mezzo infilato, David si fermo all’improvviso e Susan lo vide impallidire.

«Che cosa c’e?» domando allarmata.

Lui resto immobile, senza parlare, fissando la parete dietro la scrivania. Davanti ai suoi occhi stanchi, la parete era coperta di sangue.

«Dottor Wilson!» grido Susan. «Che cos’ha?»

David sbatte le palpebre e quell’immagine raccapricciante svani. Si avvicino alla parete e vi passo sopra la mano per assicurarsi che si fosse trattato solo di un’allucinazione.

Sospiro, meravigliandosi di quanto fosse divenuto suggestionabile, e si scuso con Susan. «Forse ho guardato troppi film dell’orrore, quand’ero bambino. La mia immaginazione lavora troppo.»

«Credo sia meglio che cominci a ricevere i pazienti», disse Susan.

«Certo.»

David si immerse nel lavoro e a meta mattinata aveva gia recuperato il ritardo iniziale. Si concesse allora un intervallo fra una visita e l’altra per rispondere alle telefonate ricevute. Cerco per primo Charles Kelley.

«Mi chiedevo quando mi avrebbe chiamato», disse Kelley con una voce insolitamente seria. «Ho qui da me Neal Harper. E dell’ufficio ottimizzazione risorse della sede di Burlington. Temo che ci sia qualcosa da discutere con lei.»

«Durante il mio orario di ambulatorio?»

«Non ci vorra molto, purtroppo devo insistere. Puo venire subito?»

David riabbasso lentamente il ricevitore. Anche se non sapeva perche, si senti immediatamente in ansia, come un adolescente chiamato nell’ufficio del preside.

Kelley lo accolse nel suo ufficio alzandosi e andandogli incontro, ma i suoi modi erano diversi da come David li conosceva: era serio, quasi arcigno. Gli presento Neal Harper, un uomo magro dal colorito pallido, con un accenno di acne, il prototipo del burocrate che sta sempre rinchiuso nel suo ufficio a riempire moduli.

Si sedettero tutti e tre e Kelley comincio a giocherellare con una matita, poi annuncio: «Ho visto le statistiche del suo primo quadrimestre. Non sono buone».

David sposto lo sguardo da uno all’altro dei due uomini, sentendosi sempre piu ansioso.

«La sua produttivita non e per nulla soddisfacente», continuo Kelley. «E fra i medici che visitano meno pazienti all’ora. Evidentemente, dedica troppo tempo a ogni paziente. Per renderete cose peggiori, le sue richieste di analisi ai laboratori del CMV superano di gran lunga la percentuale media. Quanto poi alle richieste a laboratori esterni, sono completamente al di fuori di ogni grafico.»

«Non sapevo faceste simili statistiche», mormoro David.

«E non e tutto. Troppi suoi pazienti si sono presentati al pronto soccorso, anziche all’ambulatorio.»

«Questo e comprensibile, visto che ho appuntamenti in arretrato da piu di due settimane. Se chiama qualcuno con problemi acuti che richiedono una visita immediata, li mando al pronto soccorso.»

«Male!» sbotto Kelley. «Non deve mandarli al pronto soccorso, deve visitarli nel suo studio, a meno che non stiano per tirare le cuoia.»

«Ma questo manderebbe all’aria la programmazione del mio lavoro», obietto David. «Se mi dedico alle emergenze, non posso ricevere i pazienti che hanno preso appuntamento in anticipo.»

«Allora rimandi le loro visite, oppure faccia aspettare le cosiddette emergenze finche non avra visitato i pazienti regolari. Come vuole, ma qualsiasi cosa decida, non usi il pronto soccorso.»

«Ma allora che cosa ci sta a fare, il pronto soccorso?»

«Non cerchi di fare lo spiritoso con me, dottor Wilson, lo sa benissimo a che cosa serve. Serve per i casi di vita o di morte e non consigli ai suoi pazienti di chiamare l’ambulanza, il CMV non la paghera, a meno che l’intervento non sia stato approvata in precedenza, e questo succede solo nei casi in cui c’e un vero pericolo di vita.»

«Ma alcuni dei miei pazienti vivono soli», obietto David. «Se si ammalano…»

«Non la faccia troppo lunga, dottor Wilson», lo interruppe Kelley. «Il CMV non e un servizio di autobus. Allora, riassumendo: deve aumentare considerevolmente la sua produttivita, abbassare le richieste di analisi ai nostri laboratori e ridurre, o ancora meglio, far cessare le visite al di fuori del CMV e deve tener lontani i suoi pazienti dal pronto soccorso. Tutto qua. Capito?»

David usci barcollando dall’ufficio, sbalordito. Non aveva mai pensato di esagerare nell’uso delle risorse

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