«Oh, Signore! Non c’e mai tregua. Potresti portare a casa gli antibiotici, durante la pausa?»
«Si.»
«Io andro a Burlington, come previsto.»
«Ci vai lo stesso?»
«Certo. Calhoun mi ha telefonato per confermare. Ha gia parlato con l’ufficiale responsabile del reparto di polizia scientifica di Burlington.»
«Buon viaggio.» David riattacco prima di dire qualcosa di cui poi avrebbe potuto pentirsi. Era oltremodo irritato nel vedere che, con quello che stava accadendo a Caroline, con i rischi per Nikki, Angela continuasse a essere ossessionata dal caso Hodges.
«La ringrazio per avermi ricevuto», disse Calhoun sedendosi davanti alla scrivania di Helen Beaton. «Come ho detto alla sua segretaria, ho solo poche domande da farle.»
«E io ne ho una per lei.»
«Chi comincia per primo?» chiese Calhoun, che poi tiro fuori la scatola dei sigari, chiedendo: «Posso fumare?»
«No, non si puo fumare in ospedale e penso che dovro essere io a fare per prima la domanda. Dalla sua risposta dipendera la lunghezza di questo incontro.»
«Come vuole.»
«Chi l’ha assunto?»
«Questa e una domanda indiscreta.»
«Perche?»
«Perche il mio cliente ha diritto alla riservatezza. Adesso tocca a me. So che il dottor Hodges era un assiduo frequentatore del suo ufficio.»
«Scusi se la interrompo!» interloqui Helen Beaton. «Se i suoi clienti scelgono di rimanere anonimi, allora io non vedo motivo di collaborare.»
«Questo dipende da lei. Naturalmente ci sara qualcuno che si chiedera come mai il presidente di un ospedale ha difficolta a parlare del suo immediato predecessore. Potrebbero persino pensare che lei sa chi ha ucciso Hodges.»
«La ringrazio per essere venuto», replico Helen, alzandosi e sorridendo. «Non mi convincera a parlare, se non mi dice che sta dietro alla faccenda. La mia principale preoccupazione e l’ospedale. Buongiorno, signor Calhoun.»
Lui si alzo. «Ho la sensazione che ci rivedremo molto presto», disse mentre usciva.
La sua tappa successiva fu l’ufficio tecnico, dove Werner Van Slyke stava sostituendo i motori elettrici di alcuni letti.
Calhoun si presento e gli disse che aveva bisogno di parlargli.
«Di che cosa?»
«Di Dennis Hodges.»
«Se non le spiace, continuo a lavorare», rispose Van Slyke, voltandosi di nuovo verso i motori.
«Questi letti costituiscono un problema frequente?» s’informo Calhoun.
«Purtroppo.»
«Dato che lei e il capo del reparto, come mai li aggiusta di persona?»
«Voglio essere sicuro che il lavoro sia fatto bene.»
Calhoun si sedette su uno sgabello accanto al banco da lavoro. «Le spiace se fumo?»
«Come vuole.»
«Pensavo che in ospedale fosse vietato fumare», osservo l’investigatore, estraendo di tasca una scatola di sigari e offrendone uno a Van Slyke. Questi sembro pensarci sopra, poi lo accetto e lui glielo accese.
«Ho sentito che lei conosceva molto bene Hodges», comincio Calhoun.
«Era come un padre per me», rispose Van Slyke, dando una tirata soddisfatta al sigaro. «Piu del mio vero padre.»
«Addirittura.»
«Se non fosse stato per lui, non sarei mai andato al college. Mi faceva fare alcuni lavoretti a casa sua. Io mi fermavo a dormire li all’aperto e parlavamo. Con mio padre avevo un sacco di problemi.»
«Davvero?» Calhoun desiderava che il suo interlocutore continuasse a parlare.
«Era un figlio di puttana», gli spiego Van Slyke, poi tossi. «Quel bastardo mi picchiava fino a lasciarmi mezzo morto.»
«Come mai?»
«Si ubriacava quasi tutte le notti. Mi picchiava e mia madre non poteva farci niente, anzi, le buscava anche lei.»
«Ma voi due, lei e sua madre, non riuscivate a unirvi contro di lui?»
«Eh, no! Lei lo difendeva sempre, sostenendo che lui non aveva intenzione di farmi male. Cercava persino di convincermi che mio padre mi bastonava perche mi voleva bene.»
«Non ha molto senso.»
«Certo che no!» sbotto Van Slyke. «Perche diavolo mi fa tutte queste domande, comunque?»
«M’interesso alla morte di Hodges.»
«Dopo tutto questo tempo?»
«Perche no? Non vorrebbe scoprire chi l’ha ucciso?»
«Che cosa dovrei fare, se lo scoprissi? Dovrei uccidere quel bastardo?» Van Slyke rise finche comincio a tossire un’altra volta.
«Non stara fumando troppo?» osservo Calhoun.
Van Slyke riusci a controllare la tosse e scosse la testa. Il viso gli era diventato rosso. Ando a bere un sorso d’acqua a un lavandino li vicino e, quando torno indietro, il suo umore era cambiato.
«Penso che abbiamo chiacchierato abbastanza», disse con tono canzonatorio. «Ho un sacco di lavoro da fare. Non dovrei nemmeno stare qui a gingillarmi con questi letti.»
«Allora me ne vado», ribatte Phil Calhoun, scendendo dallo sgabello. «E una regola che mi sono dato: mai stare fra i piedi, quando non si e desiderati. Le spiace se ritorno un’altra volta?»
«Ci pensero.»
Calhoun arrivo fino all’Imaging Center e porse il suo biglietto da visita all’impiegata della reception, chiedendo di parlare con il dottor Cantor.
«Ha un appuntamento?» gli chiese la ragazza.
«No, ma gli dica che sono venuto per parlare del dottor Hodges.»
«Del dottor Dennis Hodges?» chiese lei, sorpresa.
«Proprio cosi. Mi siedo qui in sala d’aspetto.»
Non dovette attendere molto.
«Che cosa significa che vuole parlare del dottor Hodges?» gli chiese Cantor appena lui entro nel suo ufficio.
«Esattamente questo: fare due chiacchiere su di lui.»
«A quale scopo, si puo sapere?»
«Le spiace se mi siedo?»
Cantor gli indico una delle sedie davanti alla scrivania, Calhoun la libero da una pila di riviste mediche ancora avvolte nel cellophane e, nel sedersi, chiese se poteva fumare.
«Se ne da uno anche a me», gli rispose Cantor. «Ho smesso di fumare, tranne quando posso scroccare.»
Calhoun accese i sigari a tutti e due e disse che era stato assunto per scoprire chi era l’assassino di Hodges.
«Non ho nessuna voglia di parlare di quel bastardo», chiari subito Cantor.
«Le posso chiedere perche?»
«Perche dovrei?»
«Evidentemente, per assicurare l’assassino alla giustizia.»
«Penso che giustizia sia gia stata fatta. Chiunque ci abbia sbarazzati di quella peste dovrebbe avere una