Dopo che i timori di Nikki furono placati, David parti per l’ospedale, dove si diresse subito all’archivio. Trovo i numeri di sicurezza sociale e le date di nascita delle venticinque persone individuate da lui e da Calhoun e comincio a richiedere i referti medici per ognuna di esse, quando si senti toccare la spalla. Si volto e vide Helen Beaton. Dietro di lei stava Joe Forbs, della sorveglianza.

«Le dispiacerebbe dirmi che cosa sta facendo?» gli chiese Helen Beaton.

«Sto soltanto usando il computer», balbetto David. Non si aspettava d’imbattersi in qualcuno dell’amministrazione, dato che era sabato.

«A quanto ne so, lei non e piu un dipendente del CMV», ribatte la donna, glaciale.

«Si, ma…»

«Poteva utilizzare le attrezzature dell’ospedale in quanto dipendente del CMV. Ora non e piu cosi.» Helen Beaton si rivolse a Joe Forbs: «Vuole accompagnare per favore il dottor Wilson fuori dall’ospedale?»

L’agente si avvicino a David e gli fece cenno di alzarsi. Lui, sapendo che era inutile protestare, raccolse i suoi fogli pregando che Helen Beaton non glieli strappasse di mano. Per fortuna, questo non accadde e fu soltanto accompagnato alla porta.

Imperterrito, aspetto che Forbs si fosse allontanato per rientrare in ospedale e dirigersi verso il reparto di radioterapia, dove, dopo avere aspettato mezz’ora, pote incontrare il dottor Holster.

Il suo collega aveva circa dieci anni piu di lui, ma sembrava piu vecchio, forse a causa dei capelli quasi completamente bianchi. Nonostante avesse molto da fare, fu molto cordiale e gli offri una tazza di caffe.

«Mi dica, che cosa posso fare per lei, dottor Wilson?»

«Volevo farle qualche domanda a proposito del dottor Hodges.»

«Che strana richiesta. E come mai le interessa proprio il dottor Hodges?»

«E una storia lunga, ma, per farla breve, ho avuto alcuni pazienti il cui decorso ospedaliero assomigliava a quello di alcuni ex pazienti del dottor Hodges. Alcuni di questi sono stati curati da lei.»

«Mi chieda pure.»

«Prima vorrei assicurarmi che questa nostra conversazione rimanga fra noi.»

«Sta pungolando sempre di piu la mia curiosita», osservo il dottor Holster, che poi annui. «Sara confidenziale.»

«Ho saputo che il dottor Hodges le ha fatto visita il giorno in cui e scomparso.»

«Per essere precisi, ci siamo visti a colazione.»

«So che lui voleva parlarle di un paziente di nome Clark Davenport.»

«Esatto e abbiamo parlato a lungo del caso. Purtroppo, il signor Davenport era appena morto. Lo avevo curato per un cancro alla prostata, credendo di avere sconfitto il male, e il dottor Hodges e io siamo rimasti entrambi sorpresi e rattristati dalla sua dipartita.»

«Il dottor Hodges le ha detto esattamente di che cosa e morto il signor Davenport?»

«Non che mi ricordi. Allora pensai che fosse a causa della ricomparsa del cancro alla prostata. Perche me lo chiede?»

«Il signor Davenport e morto a causa di uno choc settico derivante da una serie di attacchi epilettici. Non penso che questo c’entri con il suo cancro.»

«Non so se si possa escludere del tutto», obietto Holster. «Magari aveva delle metastasi al cervello.»

«La risonanza magnetica nucleare era normale. Naturalmente, non c’e stata autopsia, per cui non possiamo essere sicuri di niente.»

«Forse c’erano tanti tumori multipli, troppo piccoli per essere rilevati dalla risonanza magnetica nucleare.»

«Il dottor Hodges non le disse che c’era qualcosa di strano nel decorso ospedaliero di quel paziente?»

«Solo la sua morte.»

«Non salto fuori nient’altro durante la colazione?» chiese ancora David.

«Non che mi ricordi. Mentre finivamo di mangiare, gli ho chiesto se voleva venire con me al centro di radioterapia per vedere la nuova macchina che avevamo ricevuto.»

«Che macchina e?»

«Il nostro acceleratore lineare», rispose Holster, sorridendo come un genitore fiero dell’ultimo nato. «E una cannonata. Hodges non l’aveva ancora vista e cosi e venuto e gliel’ho mostrata. Ma venga, la faccio vedere anche a lei.»

David non era in vena di fare giri turistici in radioterapia, ma per non essere scortese segui il dottor Holster, che lo porto davanti a una macchina in acciaio inossidabile e gli disse orgoglioso: «Eccola qua», mentre intanto le dava una pacca affettuosa. Assomigliava a un apparecchio a raggi X, con un tavolo attaccato. «Se non fosse stato per l’impegno del dottor Hodges, l’ospedale non avrebbe mai avuto questa bellezza. Staremmo ancora usando quell’altra.»

«Che cos’aveva l’altra, che non andava?» chiese David, osservando quel gioiello della tecnica.

«Niente, ma ormai era superata. Era una macchina per la cobaltoterapia. Un apparecchio di quel tipo non e preciso come un acceleratore lineare. E una questione fisica che ha a che fare con il diametro della sorgente di cobalto, che e di circa dieci centimetri. Come risultato, i raggi gamma escono in ogni direzione e sono difficili da collimare.»

«Capisco», mormoro David, che invece non era sicuro di capire. La fisica non era mai stata il suo forte.

«Invece l’acceleratore lineare e tutta un’altra cosa», continuo Holster. «Ha un’apertura molto piccola dalla quale hanno origine i raggi e puo essere programmata per avere un’energia superiore. Inoltre, la macchina al cobalto richiede che la fonte di energia sia cambiata ogni cinque anni o giu di li, dato che il tempo di dimezzamento del cobalto-60 e di circa sei anni.»

David lotto per reprimere uno sbadiglio. L’incontro con il collega gli ricordava il periodo dell’universita.

«La macchina al cobalto l’abbiamo ancora», prosegui imperterrito il dottor Holster. «E giu in cantina. Sta per essere venduta al Paraguay o all’Uruguay, a uno dei due. E quello che succede spesso quando i nostri ospedali rinnovano le attrezzature: quelle vecchie le vendono a un Paese in via di sviluppo. Vede, una macchina al cobalto, anche se vecchia, funziona bene e ha il vantaggio di guastarsi difficilmente, dato che la sorgente emette in continuazione raggi gamma, ventiquattrore al giorno, che piova o che ci sia il sole.»

«Bene, penso di averle gia rubato fin troppo del suo tempo», cerco di tagliare corto David.

«Il dottor Hodges aveva mostrato molto interesse, quando gli ho fatto fare questo giro.» Il suo interlocutore non pareva avere fretta. «Quando gli ho detto che le vecchie macchine hanno quel vantaggio, rispetto alle nuove, il viso gli si e illuminato e ha persino voluto vedere la macchina vecchia. E lei? Vuole che scendiamo a vederla?»

«No, non importa.» David si chiese come avrebbero reagito Helen Beaton o Joe Forbs, se lo avessero visto circolare per l’ospedale, quindi ringrazio il dottor Holster e ando a riprendere la bici.

Mentre pedalava verso casa, si sentiva piuttosto frustrato per come era andata la mattinata. Aveva le date di nascita e i numeri della sicurezza sociale delle persone con i tatuaggi, ma la speranza che Hodges avesse confidato al radioterapista i suoi sospetti era andata delusa. Si domando se il fatto che Hodges si fosse illuminato nell’udire le virtu della vecchia macchina al cobalto fosse una realta o un’illusione del dottor Holster, che forse proiettava il proprio entusiasmo sul pubblico che gli capitava a tiro.

Calhoun dormi fino a tardi e arrivo a Bartlet a meta mattinata, deciso a iniziare gli incontri con i dipendenti dell’ospedale che avevano i tatuaggi. In un bar in Main Street consulto l’elenco telefonico e copio i cinque indirizzi, dopo di che, avendo deciso di seguire l’ordine alfabetico, arrivo fino alla casa di Clyde Devonshire, che abitava sopra una drogheria.

Dopo avere suonato tre volte il campanello senza ottenere risposta, scese in negozio e chiese se l’avessero visto. Intanto ne approfitto per comprarsi una scatola di sigari.

«E uscito presto», gli rispose il commesso. «Forse e al lavoro. Fa l’infermiere in ospedale.»

«Di solito quando rientra?»

«Verso le tre e mezzo o le quattro, a meno che non faccia il turno serale.»

Calhoun riprovo a suonare, poi giro la maniglia e vide che la porta non era stata chiusa a chiave.

«C’e nessuno?» disse forte.

Uno dei vantaggi di non appartenere piu alla polizia era di non doversi preoccupare di mandati di perquisizione e altre amenita simili. Cosi, entro e richiuse la porta dietro di se.

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