Ma a me importa, io lo so che soffri. Fatti aiutare da me, non permettere che quella persona ti usi come una marionetta. Tu non conti nulla per lui, vuole che sia tu a rimetterci. Vogliono farti soffrire.»

«Zitto!» grido Van Slyke.

«La persona che ti usa ha parlato di te a un sacco di gente, non solo a me. E tutti si sono fatti una bella risata sul fatto che sara Van Slyke ad accollarsi la colpa di tutto.»

«Zitto!» grido ancora Van Slyke. Balzo verso David e gli premette la canna della pistola sulla fronte.

Immobilizzato dal terrore, lui lascio cadere a terra la pala.

«Ritorna la dentro», urlo il suo carceriere, continuando a premergli contro la canna della pistola.

David era terrorizzato all’idea che da un momento all’altro potesse partire un colpo, data l’agitazione di Van Slyke, che ormai stava diventando panico.

Retrocesse fin dentro lo stanzino e soltanto allora l’altro abbasso la pistola, per poi richiudere la porta e applicarvi nuovamente il lucchetto.

David lo senti correre per la cantina, sbattendo contro gli oggetti che vi erano accatastati, poi salire le scale e quindi chiudere con un colpo la porta che conduceva in cucina. Poi la luce si spense.

David rimase perfettamente immobile, sforzandosi di cogliere qualche rumore. Attutito dalla distanza, udi un motore che veniva messo in moto, poi il rombo si affievoli. Dopo, ci fu soltanto il silenzio e il battito del suo cuore.

Mentre rimaneva immobile al buio, David penso a cio che aveva scatenato. Van Slyke se n’era andato in uno stato acuto di psicosi maniacale. Non poteva sapere che cosa avesse in mente, ma qualunque cosa fosse, non poteva essere buona.

Gli si riempirono gli occhi di lacrime. Era riuscito a smuovere in quell’uomo la paranoia psicotica, ma il risultato non era stato quello sperato. Avrebbe voluto farlo parlare dei suoi problemi e intanto riuscire a liberarsi e invece lui era ancora li, imprigionato, e aveva lasciato andare un pazzo in giro per la citta. L’unica consolazione che gli restava era che Angela e Nikki erano al sicuro ad Amherst.

Lottando per tenere a bada le emozioni, cerco di pensare razionalmente, chiedendosi se ci fosse una via d’uscita, ma la sola idea delle spesse mura di pietra che lo circondavano gli faceva venire la claustrofobia. Si lascio andare ai singhiozzi e si getto contro la pesante porta di pietra, gridando in cerca d’aiuto.

Dopo un po’ riusci a riprendere il controllo di se, almeno quel tanto che gli permise di smetterla di martellare in modo autodistruttivo contro la porta. Smise anche di piangere. Penso che la Volvo azzurra e il furgoncino di Calhoun erano la sua unica speranza. Poi, abbandonandosi alla rassegnazione, si lascio scivolare per terra, in attesa del ritorno di Werner Van Slyke.

26

Lunedi 1° novembre, pomeriggio

Angela dormi molto piu a lungo di quanto avesse pensato. Quando si sveglio, alle quattro e mezzo, si stupi nello scoprire che David non era rientrato e non aveva nemmeno telefonato. Senti una punta di preoccupazione, ma la scaccio via. Mentre le lancette si avvicinavano inesorabilmente alle cinque, la preoccupazione cresceva di minuto in minuto.

Alla fine si decise a chiamare la Green Mountain National Bank, ma trovo solo una registrazione che informava sull’orario di apertura: dalle nove alle quattro e mezzo. Si chiese come mai David non l’avesse chiamata con il suo telefonino portatile. Non era da lui e inoltre sapeva che lei si sarebbe preoccupata, vedendolo tardare.

Chiamo il Bartlet Community Hospital e cerco il banco centrale delle informazioni, chiedendo di David. Le risposero che il dottor Wilson non si era visto per tutto il giorno. Alla fine, Angela provo a telefonare alla loro casa di Bartlet, ma dopo dieci squilli riattacco, chiedendosi se David non avesse deciso di giocare all’investigatore. L’idea la fece preoccupare ancora di piu, allora ando in cucina e chiese alla suocera se le poteva prestare la macchina.

«Ma certo», rispose Jeannie. «Dove vai?»

«A Bartlet. Ho dimenticato a casa alcune cose che mi servono.»

«Vengo anch’io», disse Nikki.

«Credo che sia meglio che tu rimanga qua», cerco di convincerla Angela.

«No, vengo anch’io!»

Lei si costrinse a sorridere a Jeannie, poi prese Nikki per un braccio e la porto fuori dalla cucina.

«Nikki, voglio che tu rimanga qui», le ripete.

«Ho paura a stare qua da sola», gemette lei, mettendosi a piangere.

Angela fu presa in contropiede. Preferiva che sua figlia rimanesse li con la nonna, ma non aveva tempo di mettersi a discutere con lei e nemmeno voleva spiegare a Jeannie perche era meglio cosi. Alla fine si arrese.

Erano quasi le sei, quando arrivarono a Bartlet. C’era ancora un po’ di luce, ma ben presto sarebbe calata la notte. Alcune auto avevano gia i fari accesi.

Angela non aveva un piano preciso, pensava piu che altro di mettersi a cercare la Volvo. Dapprima passo dalla banca e, nell’avvicinarsi, vide Barton Sherwood e Harold Traynor che camminavano verso i giardini. Accosto al marciapiede e salto giu, dicendo a Nikki di aspettarla in macchina.

«Scusatemi», disse quando raggiunse i due uomini.

Loro si voltarono.

«Mi spiace disturbarvi. Sto cercando mio marito.»

«Non ho idea di dove sia», le rispose irritato Sherwood. «Non si e presentato all’appuntamento che avevamo questo pomeriggio e non ha nemmeno telefonato.»

«Mi dispiace», mormoro Angela.

Sherwood si tocco la falda del cappello e prosegui il suo cammino, insieme a Traynor.

Angela ritorno di corsa alla macchina. Adesso era proprio sicura che era successo qualcosa di brutto.

«Dov’e papa?» le domando Nikki.

«Vorrei saperlo anch’io», le rispose eseguendo un’inversione a U nel mezzo di Main Street, facendo stridere i pneumatici. Nikki punto le mani contro il cruscotto. Aveva gia intuito che sua madre era scombussolata, ora ne era sicura.

«Andra tutto bene», le disse Angela. La tappa successiva fu la loro casa. Sperava che nel frattempo David fosse arrivato li, ma le basto imboccare il vialetto per rimanere delusa: niente Volvo.

Si fermo accanto alla casa e uno sguardo sommario le rivelo che tutto era come loro l’avevano lasciato, ma volle esserne sicura.

«Resta in auto», disse a Nikki. «Faccio in un attimo.»

Entro e chiamo David, ma non ottenne risposta. Sali al piano di sopra, per vedere se il letto nella loro stanza fosse stato usato, ma era intatto. Ritornando al pianterreno vide il fucile e lo prese, controllando il caricatore. C’erano quattro proiettili.

Con il fucile in mano, ando nel salottino e prese la guida del telefono, quindi cerco gli indirizzi di Devonshire, Forbs, Maurice, Van Slyke e Ullhof e li copio su un foglietto. Poi ritorno alla macchina.

«Mamma, guidi come una pazza», si lamento Nikki quando sua madre lascio una strisciata di gomma sull’asfalto.

Angela rallento un poco e disse a Nikki di rilassarsi. Non voleva farle capire quanto fosse in ansia.

Il primo indirizzo era una drogheria. Angela vi si fermo davanti e Nikki le chiese che cosa ci facevano li.

«Non lo so, di sicuro», le rispose lei. «Diamo un’occhiata qui intorno e vediamo se c’e la Volvo.»

«Non c’e.»

«Me ne sono accorta.»

L’indirizzo seguente era quello di Forbs. Angela rallento nell’avvicinarsi alla casa. Le luci erano accese, ma non c’era traccia della sua auto.

Delusa, premette sull’acceleratore e riparti a gran velocita.

«Stai di nuovo guidando da pazzi», le fece notare Nikki.

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