armadietto e osservandola. «Spero che tu ci capisca qualcosa, perche io non ho cavato un ragno dal buco. Eppure mi sono incaponito…»

«Emorragie petecchiali? Gli occhi sono in cattivo stato. Ormai non si vede piu niente.»

«Quando e arrivata, era congestionata» spiega Fielding. «Difficile dire se avesse emorragie petecchiali. Io non ne ho viste.»

Kay Scarpetta immagina il corpo di Gilly Paulsson al suo arrivo in obitorio, a poche ore dalla morte, con la faccia paonazza e gli occhi rossi. «Edema polmonare?» domanda.

«Si.»

Kay Scarpetta ha trovato la lingua. Va a lavarla nel lavandino e la asciuga con una salvietta di spugna, bianca, da pochi soldi. Avvicina una lampada e la sistema vicino alla lingua. «Hai una lente di ingrandimento?» domanda, spostando leggermente la lampada.

«Te la vado a prendere.» Fielding apre un cassetto e le porge la lente. «Vedi qualcosa? Io non ho trovato nulla.»

«Soffriva di convulsioni?»

«Non mi risulta.»

«Non vedo lesioni.» Cerca i segni che sarebbero potuti rimanere sulla lingua se Gilly Paulsson se la fosse morsa. «Hai fatto qualche tampone sulla lingua e sulle mucose della bocca?»

«Si, dappertutto» risponde Fielding tornando dov’era prima. «Non ho visto niente. Finora i laboratori non hanno trovato nulla che indichi che e stata stuprata. Non so se hanno scoperto altro.»

«Dal CME-1 risulta che e arrivata in pigiama. Con la parte superiore alla rovescia.»

«Si, mi pare.» Prende la cartella e incomincia a sfogliarla.

«Hai fotografato tutto.» Non e una domanda, ma un’affermazione. Bisogna fare cosi.

«Certamente» risponde Fielding sorridendo. «Da chi ho imparato il mestiere?»

Kay Scarpetta gli lancia un’occhiata come a dire che, se veramente avesse imparato da lei, sarebbe piu preciso nel suo lavoro, ma resta zitta. «Ti comunico con sommo piacere che sulla lingua non ti sei lasciato sfuggire niente.» Ripone la lingua nel sacchetto, in cima al mucchio di organi marroni e semidecomposti. «Giriamola. Dobbiamo tirarla fuori dal sacco.»

Procedono per gradi. Fielding afferra il corpo della morta sotto le ascelle e la solleva, mentre Kay Scarpetta sfila via il sacco da sotto. Poi Fielding gira il cadavere a faccia in giu e Kay finisce di togliere il sacco di plastica, che piega e posa su una lettiga. Lei e Fielding vedono il livido sulla schiena contemporaneamente.

«Porca miseria!» esclama lui, irritato.

E appena rosato, tondeggiante, delle dimensioni di una moneta da un dollaro, appena sotto la scapola sinistra.

«Giuro che l’altra volta non c’era» dice Fielding chinandosi a guardare da vicino e regolando la lampada. «Merda. Non riesco a credere di essermelo lasciato sfuggire.»

«Sai come succede» dice Kay Scarpetta, guardandosi bene dal dirgli quello che pensa perche non ha senso criticarlo, a quel punto. «Le contusioni si vedono molto meglio una volta finita l’autopsia» dice.

Prende un bisturi dal carrello e pratica alcune incisioni profonde per controllare se l’arrossamento e superficiale e quindi magari provocato durante l’esame del cadavere. Non e cosi: il sangue nei tessuti sottostanti e diffuso, a indicare che un trauma ha rotto i capillari quando il sangue era ancora sotto pressione. I lividi altro non sono che questo: piccoli versamenti di sangue provocati da capillari rotti. Fielding posa un righello di plastica vicino alle incisioni e scatta alcune fotografie.

«Hai mandato le lenzuola in laboratorio?» chiede Kay Scarpetta.

«Io non le ho manco viste. Le avra prese la polizia. Comunque si, dovrebbero essere arrivate ai laboratori. Maledizione, non capisco come ha fatto a sfuggirmi quel livido.»

«Chiediamo che cerchino tracce di siero da edema polmonare su lenzuoli e federa. Nel caso, che analizzino il campione per vedere se c’e epitelio respiratorio ciliato. Se c’e, e probabile che la ragazza sia morta per asfissia.»

«Merda» esclama Fielding. «Non so come ho fatto, a non vedere quel livido. A questo punto ritieni probabile che sia stata uccisa, immagino.»

«Si, penso che l’assassino si sia seduto sopra di lei» risponde Kay Scarpetta. «La ragazza era prona e l’assassino le ha puntato un ginocchio sulla parte superiore della schiena con tutto il suo peso, tenendole le braccia sopra la testa, palmi all’ingiu. Questo spiegherebbe i lividi sulle mani e sulla schiena. Asfissia meccanica, direi. Quindi si, omicidio. Se qualcuno ti si siede sulla cassa toracica, non riesci piu a respirare. Una morte orribile.»

14

La vicina di Lucy abita in una villa bianca con il tetto piatto e ampie vetrate, circondata dal verde. A Lucy fa venire in mente certe case che ha visto in Finlandia. La sera, illuminata, sembra una gigantesca lanterna.

Davanti alla villa, fra palme e cactus, c’e una fontana. Accanto alla porta di ingresso c’e un Grinch gonfiabile, verde, che Lucy troverebbe comico, se ad abitare in quella casa fosse qualcun altro. In alto a sinistra c’e una telecamera che dovrebbe essere invisibile. Lucy suona il campanello e immagina che la vicina la veda sugli schermi del suo impianto a circuito chiuso. Nessuna risposta. Suona di nuovo. Di nuovo nessuna risposta.

“E va bene. So che sei in casa perche il giornale non c’e e la bandierina sulla cassetta della posta e alzata” pensa Lucy. “So che mi stai guardando. Probabilmente sei in cucina con gli occhi fissi sullo schermo e l’orecchio vicino all’altoparlante per sentire se sbuffo o impreco fra me e me. Comunque ti avverto: finche non mi apri la porta, non mi muovo da qui.”

La sceneggiata continua per circa cinque minuti, con Lucy impalata davanti alla porta che suona il campanello a intervalli regolari e immagina la sua vicina davanti allo schermo. Non puo farle paura, vestita com’e — jeans, T-shirt, marsupio e scarpe da ginnastica — ma di sicuro le sta dando fastidio. Forse e sotto la doccia. Forse non la sta fissando. Lucy suona ancora una volta. La vicina continua a non aprire. “Lo sapevo” si dice Lucy. “Potrei avere un attacco di cuore e tu mi lasceresti qui. Come faccio a costringerti ad aprire questa cavolo di porta?” Ripensa a Rudy che ha tirato fuori il distintivo spaventando a morte il sudamericano un paio di ore prima e decide di passare alla fase due: a mali estremi, estremi rimedi. Tira fuori il portafoglio nero dalla tasca posteriore dei jeans e piazza il distintivo davanti alla telecamera.

«Buongiorno» dice a voce alta. «Sono della polizia. Non si allarmi, abito nella casa vicina. Ho bisogno di parlarle. Mi puo aprire?» Suona di nuovo, continuando a tenere il distintivo davanti alla telecamera.

Batte le palpebre, abbagliata dal sole, sudata. Aspetta, tende le orecchie, ma non capta nessun suono. Sta per rimettere il distintivo falso davanti alla telecamera, quando sente una voce stizzita.

«Che cosa vuole da me?» chiede la voce da un altoparlante nascosto vicino alla telecamera che dovrebbe essere invisibile.

«Sono la sua vicina» spiega Lucy. «C’e stata un’effrazione a casa mia: immagino che lei si sia accorta del trambusto.»

«Non mi ha detto che e della polizia?» ribatte la voce in tono di accusa, con un marcato accento del Sud.

«Sono tutte e due.»

«Tutte e due cosa?»

«Sono della polizia e sono la sua vicina. Mi chiamo Tina. Mi apre, per favore?»

Silenzio. Poi, meno di dieci secondi dopo, Lucy vede avvicinarsi alla porta a vetri una sagoma scura, che piano piano si trasforma in una donna fra i quaranta e i cinquant’anni, in tenuta da tennis e scarpe da jogging. Traffica per un’eternita con le serrature, poi disattiva l’allarme e finalmente apre la porta. Sembra non avere nessuna intenzione di invitare Lucy ad accomodarsi e la fissa con freddezza.

«Facciamo in fretta, per piacere» esordisce. «Sono una persona riservata e non do confidenza agli sconosciuti. Non mi interessa mantenere relazioni di buon vicinato. Anzi, sono venuta a stare in questo quartiere proprio per non averne. Nel caso non se ne fosse accorta, qui ognuno si fa i fatti suoi.»

«“Qui” in che senso?» chiede Lucy, facendo l’ingenua.

Вы читаете La traccia
Добавить отзыв
ВСЕ ОТЗЫВЫ О КНИГЕ В ИЗБРАННОЕ

0

Вы можете отметить интересные вам фрагменты текста, которые будут доступны по уникальной ссылке в адресной строке браузера.

Отметить Добавить цитату