scoppia uno scandalo e il governatore ci va di mezzo, non saro l’unico a pagarne le conseguenze, caro Joel.”
“Potremmo chiamare Kay Scarpetta” ha suggerito allora Marcus. Strano che gli fosse venuto in mente cosi, spontaneamente. Un’intuizione geniale.
“Ottima idea” ha replicato il commissario alla Sanita, entusiasta. “La conosci?”
“La conoscero presto” ha risposto lui, congratulandosi con se stesso.
Non si era mai accorto di essere un brillante stratega prima di quel momento ma, non avendo mai criticato apertamente la dottoressa Kay Scarpetta — non poteva parlare male di lei perche non la conosceva -, era legittimato a raccomandarla come possibile consulente. Poteva telefonarle personalmente, dato che non aveva mai espresso il proprio disprezzo nei suoi confronti, e cosi aveva fatto, felice di avere l’occasione di conoscerla. Almeno poi avrebbe potuto dirne peste e corna, umiliarla e farle fare una pessima figura.
Le avrebbe dato la colpa di tutto quello che non andava bene, nel caso Paulsson e non solo, in maniera che il governatore si dimenticasse che lui non era andato a prendere il caffe a casa sua. Nel caso l’avesse invitato nuovamente alle otto e trenta di un lunedi o giovedi, le avrebbe detto che purtroppo a quell’ora si teneva la quotidiana riunione con lo staff, alla quale non poteva mancare: era possibile vedersi un po’ piu tardi? Peccato che quella scusa non gli fosse venuta in mente la prima volta.
Marcus prende il telefono in camera da letto e guarda fuori dalla finestra la strada deserta, contento di poter stare tranquillo per un po’ di giorni prima del nuovo passaggio del camion della nettezza urbana. Soddisfatto, sfoglia una rubrica nera che possiede da moltissimo tempo, tanto che la maggior parte degli indirizzi e dei numeri di telefono sono cancellati. Compone un numero e vede passare dalla finestra una vecchia Chevrolet Impala azzurra. Gli viene in mente l’Impala bianca di sua madre, che slittava sulla neve a Charlottesville.
«Scarpetta» risponde la voce al cellulare.
«Sono Marcus» si presenta lui in tono affabile ma autorevole. Fra tante voci possibili, opta per quella affabile.
«Buongiorno» replica la donna. «Spero che il dottor Fielding le abbia riferito che abbiamo visto Gilly Paulsson.»
«Si, purtroppo. Mi ha riferito anche le sue opinioni in proposito.» Parla apposta di “opinioni”, anziche di “conclusioni”, per metterla in difficolta. Parlare di “opinioni”, in quel contesto, e lievemente offensivo.
«Ha saputo dei risultati delle prove di laboratorio?» le chiede poi, riferendosi alla e-mail ricevuta da quel rompiscatole di Junius Eise il giorno prima.
«No» replica Kay.
«Assolutamente inaspettati» dice lui, misterioso. «Dobbiamo vederci per parlarne tutti insieme.» Ha fissato la riunione ieri, ma la avverte solo ora. «Vorrei che si facesse trovare nel mio ufficio per le nove e trenta.» Guarda la vecchia Impala azzurra fermarsi nel vialetto di una casa vicina e si chiede di chi e, e perche ha posteggiato proprio li.
Kay ha un attimo di esitazione, forse infastidita dal fatto di essere avvertita con cosi poco preavviso, e dice: «D’accordo. Saro li fra mezz’ora».
«Posso chiederle che cosa ha fatto ieri? Non l’ho vista tutto il pomeriggio» le domanda Marcus. Vede un’anziana signora di colore scendere dalla vecchia Impala azzurra.
«Ho sbrigato delle pratiche e fatto alcune telefonate. Perche? Mi ha cercato? Aveva bisogno di me?»
Marcus ha un lieve senso di vertigine, mentre guarda la vecchia di colore accanto all’Impala azzurra e la grande Kay Scarpetta gli domanda se aveva bisogno di lei, come se lavorasse per lui. E infatti la famosa anatomopatologa lavora per lui. Incredibile!
«No, per il momento non ho bisogno di niente» risponde. «Ci vediamo nel mio ufficio, allora.» Riattacca con grande soddisfazione.
Va in cucina a prepararsi un decaffeinato, ciabattando sul parquet con le scarpe fuori moda, marroni e con i lacci. La prima tazza che si e preparato stamattina e ormai fredda. Era troppo preoccupato e agitato per berla e alla fine l’ha buttata nel lavandino. Mette sul fuoco la caffettiera e torna in salotto a controllare la vecchia Impala.
Dalla sua finestra preferita, quella da cui tiene sotto controllo la situazione seduto sulla poltrona di pelle, osserva l’anziana signora di colore che tira fuori dal baule le borse della spesa. “Sara una domestica” pensa, irritato che una domestica di colore guidi la stessa automobile che aveva sua madre quando lui era piccolo. Un tempo era una bella macchina: non era da tutti avere un’Impala bianca con una striscia azzurra di lato. Era fiero dell’Impala di sua madre. Peccato che a furia di slittare sulla neve fosse finita fuori strada. Sua madre guidava malissimo, non avrebbe dovuto andare in giro su un’Impala. L’impala e un’antilope africana, agile e timida. Anche sua madre si spaventava facilmente. Non avrebbe dovuto mettersi al volante di un’automobile con un nome cosi.
L’anziana domestica nera scarica lentamente le borse della spesa dal baule e va verso la porta di servizio della casa. Poi torna alla macchina, prende altre borse dal bagagliaio e chiude la portiera con il fianco. Marcus pensa che l’Impala era proprio una bella macchina: quella della domestica nera deve avere una quarantina di anni, eppure sembra in buone condizioni. Marcus non ricorda l’ultima volta che ha visto un’Impala del ’63 o del ’64. Vederne una proprio oggi e certamente significativo. Torna in cucina a prendere il caffe. Se aspetta un’altra ventina di minuti, arrivera in ufficio quando tutti sono gia al lavoro e non dovra parlare con nessuno. Mentre aspetta, gli viene di nuovo la tachicardia, si agita.
Li per li da la colpa al caffe, benche sia decaffeinato e l’abbia appena assaggiato, ma poi si rende conto del perche di tanta agitazione: e stato vedere l’Impala a renderlo inquieto. Sarebbe stato molto meglio se quella domestica nera avesse fatto un’altra strada e non gli fosse passata davanti proprio oggi, subito dopo il camion della nettezza urbana. Torna in salotto e si siede sulla poltrona nera, appoggia la testa allo schienale e cerca di rilassarsi, ma il cuore gli batte talmente forte che gli sembra di vederlo pulsare sotto la camicia bianca. Respira profondamente e chiude gli occhi.
Abita in quella casa da quattro mesi e non ha mai visto quell’Impala. Probabilmente e talmente vecchia che non ha airbag, ne sul volante ne sul cruscotto, e ha cinture di sicurezza del tipo vecchio. Immagina gli interni dell’auto, ma non e tanto all’Impala azzurra posteggiata piu avanti che pensa, quanto a quella bianca di sua madre. Dimentica il caffe sul tavolino accanto alla poltrona e chiude gli occhi. Ogni tanto si alza a guardare dalla finestra e, quando finalmente l’Impala azzurra non c’e piu, si alza, inserisce l’allarme, esce, chiude a chiave la porta di casa e va in garage. Improvvisamente gli viene il dubbio di essersela inventata. Ma no, non e possibile. L’ha vista benissimo. Era li…
Sale in macchina, esce in strada e, passando davanti alla casa dove ha visto entrare la domestica nera con le borse della spesa e l’Impala azzurra, rallenta e si ferma. Resta seduto sulla sua Volvo dotata di tutti i piu sofisticati sistemi di sicurezza a osservare il vialetto vuoto. A un certo punto si decide e scende. E abbastanza elegante, sebbene il cappotto grigio e il cappello in tinta siano un po’ fuori moda e i guanti neri siano vecchissimi. Ma nel complesso ha un’aria rispettabile. Suona il campanello. Dopo un attimo suona di nuovo, e la porta si apre.
«Si?» chiede una signora sulla cinquantina, in tuta da ginnastica e scarpe da tennis. Ha un’aria familiare ed e abbastanza gentile.
«Sono Joel Marcus, abito qui di fronte» si presenta lui con voce affabile. «Ho visto una vecchia Impala azzurra parcheggiata qui davanti, poco fa.» Ha gia deciso che, se vedra che la donna cade dalle nuvole, ammettera di aver sbagliato casa.
«Ah, si! La signora Walker ce l’ha da una vita, ma non vuole cambiarla» spiega la signora sorridendo. Marcus tira un sospiro di sollievo.
«Eh, gia» replica. «Sa, mi sono incuriosito perche colleziono auto d’epoca.» Non e vero, naturalmente, ma doveva assolutamente accertare di non essersi inventato tutto.
«Non gliela vendera, si rassegni» replica la donna, allegra. «La signora Walker e troppo affezionata a quella macchina. Non ci siamo mai presentati, ma io la conosco di fama. E il nuovo coroner della citta, vero? Ha preso il posto della dottoressa… Oddio, mi sono scordata come si chiama. Mi e dispiaciuto un sacco, quando e andata via, mi era simpatica. Come mai si e trasferita in Florida, comunque? Lei lo sa? Oh, ma non stia fuori al freddo. Venga, si accomodi. Bella donna, oltre che in gamba, la dottoressa… Oh, com’e che si chiamava piu?»
«No, no, devo andare» risponde Marcus con voce rigida e seccata. «Ho appuntamento con il governatore e sono gia in ritardo» mente.