mormora.

Kay Scarpetta avrebbe voglia di chiedere all’agente speciale Weber come mai l’FBI ha aperto un’inchiesta sulla morte di Gilly Paulsson, ma si trattiene perche la madre della vittima e presente. Prova comunque ad acquisire informazioni in forma indiretta.

«E della sede di Richmond?» domanda.

«Quantico» risponde Karen Weber. «Sono dell’unita Scienze comportamentali. Ha visitato i nuovi laboratori di Quantico?»

«No.»

«Sono bellissimi. Ne vale la pena.»

«Mi fa piacere.»

«Signora Paulsson, come mai e qui?» chiede poi l’agente speciale.

«Non lo so, sono venuta per il referto» risponde la donna. «E per i gioielli di Gilly. Aveva un paio di orecchini e un braccialetto di pelle, che non si toglieva mai… E mi hanno detto che il direttore voleva salutarmi.»

«Il dottor Marcus l’ha invitata alla riunione?» chiede la Weber stupefatta.

«Non lo so.»

«E venuta a ritirare gli effetti personali di Gilly, signora Paulsson?» si intromette Kay Scarpetta, cominciando a capire.

«Si. Mi hanno detto di venire verso le nove. Prima di oggi non ce l’ho fatta. Non riuscivo nemmeno a pensare di poter fare una cosa del genere, non so se mi spiego. Devo anche pagare qualcosa, mi sembra.» Ha la faccia spaventata. «Forse non dovevo venire qui. Nessuno mi ha parlato di riunioni.»

«Be’, gia che ci siamo, posso farle una domanda?» chiede l’agente Weber. «Si ricorda che l’altro giorno mi ha detto che suo marito — il suo ex marito — e pilota? Me lo conferma?»

«No, ha capito male. Io ho detto che Frank non e pilota.»

«Capisco. Perche non risulta che abbia il brevetto di volo» continua l’agente speciale. «Allora ho capito male io.» Sorride.

«Lo credono in tanti, comunque, che abbia il brevetto di volo» replica la signora Paulsson.

«Gia.»

«Perche frequenta un sacco di piloti, specie di sesso femminile. Come se io non l’avessi capito…» Sospira. «Bisognerebbe essere ciechi, sordi e muti, per non capirlo…»

«Capire cosa, signora Paulsson?» chiede l’agente speciale Weber.

«Be’, Frank fa le visite mediche per il rinnovo dell’idoneita al volo. Quindi gli arrivano in studio un sacco di donne in tuta da pilota. Se lo immagina?»

«Suo marito e stato mai accusato di molestie sessuali?»

«Non e mai stato denunciato» replica la signora Paulsson. «E, se lo chiedete a lui, nega. Secondo me, e perche ha una sorella nell’aviazione, capisce? Cioe, mi sono sempre chiesta se non e per quello. Sorella maggiore. Una bella differenza di eta.»

Il dottor Marcus entra in quel preciso momento, con una camicia di cotone semitrasparente e una cravatta blu troppo stretta. Lancia un’occhiata veloce a Kay Scarpetta e quindi alla signora Paulsson.

«Piacere, Marcus» le dice in tono autorevole ma cordiale.

«Signora Paulsson, il dottor Marcus e il direttore dell’Istituto di medicina legale della Virginia» spiega Kay.

«Avete invitato voi la signora?» chiede Marcus, rivolgendosi prima a Kay Scarpetta e poi a Karen Weber. «Non dovrebbe essere qui.»

La signora si alza lentamente, con fatica, come se non avesse il pieno controllo sulle gambe. «Non so cosa sia successo. Sono venuta a firmare delle carte e a ritirare i gioielli di mia figlia…»

«Temo sia stata colpa mia, signora» dice Kay Scarpetta alzandosi in piedi anche lei. «L’ho vista qui fuori e ho pensato erroneamente che fosse venuta per parlare con il dottor Marcus. Mi scusi tanto.»

«Sapevo che sarebbe passata stamattina, signora» dice Marcus. «Condoglianze vivissime.» Le fa un sorriso pieno di condiscendenza. «Stiamo dedicando il massimo impegno al caso di sua figlia.»

«Oh» risponde la signora Paulsson.

«La accompagno» dice Kay Scarpetta, aprendo la porta. «Mi dispiace. Spero di non averla messa troppo in imbarazzo» aggiunge poi nel corridoio.

«Mi dica dov’e Gilly» chiede a un certo punto la donna, fermandosi. «Mi dica dov’e esattamente.»

Kay e titubante. Non e la prima volta che le viene rivolta quella difficile domanda. «Oltre quelle porte, signora.» Si volta e indica una serie di porte all’altra estremita del corridoio.

«E in una bara? Avete bare molto semplici, vero? Di legno di pino?» Le si riempiono gli occhi di lacrime.

«No, non e in una bara. Non abbiamo bare. E in una cella frigorifera.»

«Povera figlia mia, chissa che freddo!» Singhiozza.

«Gilly non sente piu ne freddo ne dolore, signora Paulsson» la conforta Kay Scarpetta. «Glielo assicuro.»

«Lei l’ha vista?»

«Si» risponde Kay Scarpetta. «L’ho visitata.»

«Mi dica che non ha sofferto, per favore. Mi dica che non ha sofferto.»

Kay Scarpetta non puo dirglielo. Sarebbe una bugia. «Dobbiamo effettuare una serie di esami» risponde. «I risultati impiegheranno un po’ ad arrivare. Ma stiamo mettendocela tutta per scoprire che cosa e successo a sua figlia.»

La signora Paulsson continua a piangere. Kay Scarpetta la accompagna negli uffici amministrativi e chiede a un’impiegata di consegnarle copia del referto e gli effetti personali di Gilly, ovvero un paio di orecchini d’oro a forma di cuoricino e un braccialetto di pelle. Il pigiama, le lenzuola e le altre cose che sono state prelevate dalla sua stanza sono considerate prove e non possono essere riconsegnate alla famiglia. Tornando nella sala riunioni, Kay incontra Marino. Ha la testa china e la faccia tutta rossa.

«Buongiorno» lo saluta. «Io ho cominciato male la giornata, ma neanche tu mi sembri in gran forma. Ti ho cercato, hai visto?»

«Che cosa ci faceva qui?» chiede Marino agitato, riferendosi alla signora Paulsson.

«E venuta a ritirare gli effetti personali della figlia e alcuni referti.»

«Pensavo che non potesse ritirare referti. La salma e ancora qui…»

«Be’, e comunque la madre. Non so che referti le abbiano dato. Non so niente di niente, per la verita» protesta. «Alla riunione c’e anche un’agente speciale dell’FBI. Non so chi altri sia stato invitato. L’ultima che ho sentito e che Frank Paulsson molesta le sue pazienti.»

«Ah.» Marino si comporta in un modo strano, puzza di alcol e ha la faccia stravolta.

«Come stai?» gli domanda Kay Scarpetta. «Non troppo bene, sembra.»

«Niente di preoccupante» risponde lui.

26

Marino mette lo zucchero nel caffe. Deve stare veramente male per prendere zucchero bianco raffinato, che e proibito dalla sua dieta e gli fa malissimo.

«Sicuro di volercene mettere cosi tanto?» gli chiede Kay. «Non e che poi te ne penti?»

«Vorrei sapere cosa e venuta a fare qui.» Mette un altro cucchiaino di zucchero nel caffe. «Entro nell’istituto e me la trovo davanti: possibile? Non mi dire che e venuta a vedere Gilly perche non ci credo. Cos’e venuta a fare, mi domando.»

Marino indossa gli stessi vestiti di ieri: pantaloni neri, giacca a vento nera e berretto del Dipartimento di polizia di Los Angeles. Non si e fatto la barba e ha gli occhi pesti. Forse, dopo aver bevuto con i suoi amici e andato a trovare una delle sue amichette, donne in genere volgari e appariscenti che rimorchia al bowling.

«Se sei di questo umore, forse e meglio che alla riunione vada io sola» gli dice Kay. «In fondo tu non sei invitato. Non voglio fare brutte figure. So benissimo che effetto ti fa lo zucchero, da quando sei a dieta.»

«Se sono di questo umore ho le mie buone ragioni» borbotta Marino guardando la porta chiusa.

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