«Giocava alla soldatessa anche quando sua figlia era in casa e la poteva vedere?» domanda Kay Scarpetta, guardandola negli occhi. «So che quel gioco a Frank piaceva molto. E stato lui a insegnarglielo o e lei l’inventrice? Lo facevate anche davanti a Gilly? E con chi? Coinvolgevate altre persone? E a costoro che si riferisce quando dice che le hanno portato via la sua bambina? A quelli che partecipavano ai vostri giochetti erotici?»
«Non mi parli in questo modo!» esclama, con una smorfia di rabbia e di disprezzo sul volto. «Non capisco a che cosa si riferisce.»
«Penso che lei capisca benissimo, signora» ribatte Kay Scarpetta avvicinandosi al letto e afferrando le lenzuola con le mani protette dai guanti. «Non le ha cambiate, vedo. Molto bene. Ci sono macchie di sangue. Scommetto che risultera essere di Marino e non suo.» La fissa. «Marino e pieno di graffi e di morsi, lei no. Vorra dire qualcosa, vero? Non dovrebbe esserci anche un asciugamano sporco di sangue, da queste parti?» Si guarda intorno. «Lo ha gia lavato? Non ha importanza. Anche se e stato lavato, riusciremo comunque ad accertare quel che ci serve.»
«Lei e ancora peggio di lui, dottoressa. Infierire cosi su una povera donna in lutto!» La signora Paulsson protesta, ma ha cambiato faccia. «Da una donna mi sarei aspettata maggiore compassione.»
«E perche dovrei provare compassione per una donna che fa del male a un uomo e poi lo accusa di averla aggredita? Non ne vedo il motivo, in tutta sincerita.» Comincia a disfare il letto.
«Che cosa sta facendo? Non si permetta.»
«Mi permetto eccome, invece. Stia a vedere.» Toglie le lenzuola dal letto e le avvolge, assieme alle federe, dentro la trapunta.
«Non puo farlo. Non e una poliziotta.»
«Sono peggio. Si fidi.» Posa il fagotto di biancheria sul materasso. «Vediamo.» Si guarda intorno. «Forse quando stamattina lo ha incontrato all’Istituto di medicina legale, non se ne e accorta, ma Marino ha ancora i pantaloni che indossava ieri sera. Non si e cambiato neppure la biancheria. Lei sa che quando un uomo ha un rapporto sessuale, poi dagli slip si vede. In certi casi, si vede anche dai calzoni. Invece sulla biancheria di Marino ci sono solo ed esclusivamente macchie di sangue. Inoltre, signora Paulsson, forse lei non si e resa conto che anche con le tende tirate da fuori si vede se lei e con qualcuno, se litiga o se ha un incontro amoroso. Naturalmente finche e in piedi. Percio non escluda che qualche vicino si sia accorto che era in compagnia, visto che c’erano le luci e il caminetto accesi.»
«Potremmo aver cominciato bene e poi…» dice la signora Paulsson, che sembra aver deciso quale posizione assumere. «Non c’e niente di male, no? Un uomo e una donna si trovano bene l’uno con l’altra, fanno delle cose… Poi, pero, se non si va avanti la donna rimane frustrata. Mi ha fatto vestire come voleva lui e poi… Capisce? Non ce l’ha fatta. Da un omone grande e grosso come lui non me l’aspettavo.»
«Gli ha dato da bere troppo bourbon, forse» rimarca Kay Scarpetta. A questo punto e abbastanza sicura che Marino non abbia fatto niente alla signora Paulsson. Il problema e che lui invece e tuttora convinto del contrario e l’idea di non esserci riuscito lo terrorizza, quindi e meglio non insistere.
Kay Scarpetta si china a prendere gli anfibi e li posa sul letto: sembrano enormi e minacciosi.
«Sono di Frank» precisa la signora Paulsson.
«Se lei li ha indossati, risultera dalle tracce biologiche.»
«Mi stanno troppo grandi.»
«Ha sentito che cosa le ho detto, signora Paulsson? Possiamo fare la prova del DNA.» Va nel bagno a prendere la maglietta mimetica. «Suppongo che anche questa sia di Frank.»
La signora Paulsson resta zitta.
«Se la sua offerta e ancora valida, adesso potremmo accomodarci in cucina» dice Kay Scarpetta. «Un caffe mi farebbe molto piacere. Che bourbon avete bevuto ieri sera? Non stara granche bene neppure lei, oggi, a meno che non abbia riempito solo il bicchiere di Marino. Lui e a pezzi. Ha avuto addirittura bisogno di cure mediche.» Si dirige verso la cucina.
«Cure mediche?»
«Si, ha avuto bisogno di un dottore.»
«E andato dal dottore?»
«E stato visitato. E gli sono state fatte alcune fotografie. E molto sofferente» spiega Kay Scarpetta. Entra in cucina e vede la caffettiera vicino al lavandino. Li accanto, ieri, c’era lo sciroppo per la tosse, che adesso non c’e piu. Si sfila i guanti di cotone e se li mette in tasca.
«E giusto che soffra, dopo quello che mi ha fatto…»
«La pianti con questa sceneggiata» la interrompe Kay Scarpetta, mettendo l’acqua nella caffettiera. «E inutile. Se le ha lasciato dei segni, me li mostri.»
«Se mai, li mostro alla polizia.»
«Dove posso trovare il caffe?»
«Non so che cosa le ha raccontato, ma di certo non la verita» ribatte la signora Paulsson, aprendo il frigo per prendere un sacchetto di caffe. Poi cerca i filtri di carta e li posa sul bancone.
«La verita e sempre difficile da scoprire» replica Kay Scarpetta. Apre il sacchetto, sistema un filtro nella caffettiera, e ci mette il caffe. «Mi chiedo come mai non riusciamo a scoprire che cosa e successo a Gilly e adesso nemmeno ad accertare come sono andate veramente le cose ieri sera. Qual e la sua verita, signora Paulsson? Sono qui per ascoltarla.»
«Non voglio denunciare Pete» dice lei con amarezza. «Altrimenti l’avrei gia fatto, non crede? Il fatto e che credevo che a lui piacesse.»
«Credeva che gli piacesse?» Kay Scarpetta si appoggia al bancone e incrocia le braccia. Dalla caffettiera comincia a uscire un buon aroma di caffe. «Be’, se lo vedesse oggi, probabilmente cambierebbe idea.»
«Non so come sia, oggi.»
«Lei si muove bene, senza problemi. Da questo deduco che Marino non le ha fatto del male. Non credo che le abbia fatto niente di niente, se devo dire. Aveva bevuto troppo… E poi l’ha ammesso lei stessa, no?»
«Avete una relazione? E per questo che e venuta da me?» Lancia a Kay Scarpetta un’occhiata in tralice, incuriosita.
«Si, abbiamo una relazione profonda, ma non come pensa lei. Le ho detto che sono laureata anche in giurisprudenza, a proposito? Vuole che le spieghi che cosa succede a chi accusa falsamente una persona di violenza carnale? E mai stata in carcere, signora Paulsson?»
«La sua e gelosia, si vede benissimo.» Sorride.
«Pensi quello che vuole. Ma tenga conto che rischia il carcere. Se lo accusa di averla violentata e le prove dimostrano che non e vero, verra condannata.»
«Non accusero nessuno, stia tranquilla» replica lei, assumendo un’espressione dura. «Anche perche io non sono una donna che si possa violentare. Chi ci prova, fa una brutta fine. Un bambino, ecco cos’e il suo amico: un bambino. Credevo che fosse una persona interessante, ma mi sbagliavo. Se lo tenga pure, dottoressa, avvocato o che cos’altro e.»
Il caffe e pronto. Kay Scarpetta chiede dove sono le tazze e la signora Paulsson le prende, assieme a due cucchiaini. Lo bevono in piedi. A un certo punto, la signora Paulsson si mette a piangere. Si morde il labbro e le lacrime cominciano a scorrerle sulle guance. Scuote la testa, sconsolata.
«Non andro in carcere.»
«Certo, sarebbe meglio. Nessuno vuole che lei ci vada» dice Kay Scarpetta, sorseggiando il caffe. «Perche lo ha fatto?»
«E una cosa personale fra me e Pete.» Non la guarda in faccia.
«Se ci sono di mezzo lividi e lesioni, la cosa cessa di essere personale e diventa un reato. Lei fa sempre sesso in maniera cosi violenta?»
«Cos’e, una puritana?» ribatte la donna. Va a sedersi al tavolo. «Non ha molta esperienza, immagino.»
«Probabile. Mi spieghi i suoi giochi erotici.»
«Se li faccia spiegare da Pete.»
«Gia fatto.» Beve un sorso di caffe. «Lei li fa spesso, vero? Li faceva anche con Frank, il suo ex marito?»
«Perche dovrei dirle certe cose, scusi?» protesta. «Non ne vedo il motivo.»
«La rosa nel cassetto di Gilly. Ha detto che forse Frank ne sapeva qualcosa. Che cosa intendeva?»
La signora Paulsson non vuole rispondere. Fa una smorfia rabbiosa, piena di odio, e stringe la tazza fra le