— Vedi cosa puoi capirne — gli ordinai. — Ti richiamo piu tardi.
— D’accordo, senatore — concluse, senza celare quello che identificai come un sospiro d’invidia. Non potevo biasimarlo. Nyla e una ragazza decisamente bella, tanto da giustificare l’invidia di chiunque, ma nel caso di Jock la bellezza non c’entrava: era un maniaco della musica classica, e non s’era perso uno solo dei concerti di Nyla. Talvolta, seduto nel palco che lei faceva riservare apposta per me, mi accadeva di guardare giu in platea e lo vedevo la, magari in ventesima fila, che la fissava con rapita e incrollabile venerazione.
Quando riaprii la porta della camera da letto mi chiesi come l’avrebbe fissata, se l’avesse vista come la vedevo io in quel momento: ondeggiava sui fianchi per tirarsi giu la gonnella stretta, l’unica cosa che avesse ancora indosso, col Guarnerius deposto li accanto nell’astuccio. I suoi occhi ebbero un lampo arrogante. — Non ti sei ancora tolto neppure la cravatta — mi accuso.
— A questo si puo sempre trovare un rimedio — dissi, cominciando a dimostrarle che il rimedio c’era, e molto veloce anche.
Nel corso normale degli eventi non e molto probabile che un uomo sposato, nella mia posizione, arrivi ad avere una relazione con una donna sposata come Nyla Christophe Bowquist. I nostri rispettivi mondi non si intersecavano affatto. Io ero un fisico fallito che s’era dedicato alla legge e poi alla politica. Nyla era una creatura del tutto particolare. Era cresciuta pazza e selvaggia — diceva questo, di se stessa — e se non avesse casualmente deciso di presentarsi a un’audizione, alla Juilliard School, con ogni probabilita sarebbe finita in galera. O in un posto ancora peggiore.
Invece era diventata «NYLA CHRISTOPHE BOWQUIST», una VIP della musica, con un marito nel ramo investimenti bancari e un lussuoso attico sulla Lake Shore Drive. Mentre io avevo un appartamento in un condominio a Marine e una moglie ambiziosa. Se Marilyn, mia moglie, avesse potuto fare a suo modo, sarei diventato Presidente. Se io avessi saputo fare a mio modo forse sarei gia diventato Presidente, ma con una diversa First Lady. Trovavo ironico che fosse stata la sua stessa ambizione a spingermi ad entrare nel Chicago Arts Council, cosa che, secondo lei, avrebbe migliorato la mia immagine pubblica. Era stato la che avevo conosciuto Nyla. Un mercoledi ci eravamo trovati seduti accanto, durante un pranzo per una raccolta di fondi. Il venerdi mattina avevamo partecipato a uno show radiofonico di Radio Terkel. Il venerdi sera eravamo a letto insieme. Reazione chimica? Questo e il termine che usano adesso, ma qualunque cosa fosse fra noi aveva funzionato.
Quando infine ci rilassammo, esausti, sul disordine dei cuscini fumando quella che e la sigaretta dal sapore migliore, notai lo sguardo distante che aveva negli occhi e chiesi: — A cosa stai pensando?
— A noi — disse.
— Anch’io. — Sporsi il braccio sopra di lei per raggiungere il portacenere, senza tralasciare di sfiorarle i seni, e quando vidi che si eccitava ancora prolungai quel giochetto. Poi aggiunsi: — Pensavo a come avrebbero potuto andare le cose se ci fossimo incontrati in un altro modo.
— O in un altro tempo — annui lei.
Anch’io feci cenno di si. — Per esempio se ci fossimo conosciuti prima che tu sposassi Fred… o io Marilyn. Se fosse stato un caso a farci incontrare, quando eravamo ancora liberi. Che ne pensi?
— Di cosa, Dom? — chiese lei, premendo il mozzicone nel portacenere.
— Credi che ci saremmo sposati, tu ed io? — volli sapere.
Lei si volse e per un po’ tacque, sfiorandomi amichevolmente un orecchio con la punta della lingua. Poi disse: — E ovvio, no? — Anche se in quell’ipotesi non c’era niente di ovvio. Non avevamo molto in comune, a parte quel che provavamo a letto. Io continuavo a non capire nulla di musica (non andavo piu in la della musica country e di quella dei western) e Nyla non nascondeva di detestare buona parte della mia vita politica. Cio malgrado, se avessimo desiderato sposarci non avremmo avuto gravi problemi di divorzio da affrontare. Ne io ne lei avevamo figli, non dipendevamo finanziariamente dal coniuge, e agli elettori non importa come si puo credere della vita maritale di un senatore. Se divorziare e risposarvi potesse tenervi lontano dalle cariche pubbliche, adesso Reagan non sarebbe Presidente.
No, quel che ci tratteneva dall’idea di sposarci era che nessuno di noi due voleva correre il rischio. Fu per questo che Nyla ripete — E ovvio — in tono fermo, e poi si alzo. — Adesso bisogna che cominci a pensare a cosa dovro indossare. Mi raggiungi nel bagno?
— E ovvio — dissi, e le andai dietro. «E ovvio» era una cosa che ci dicevamo spesso, per spazzar via i dubbi su tutto cio che non era ovvio per niente. Nell’acqua ridacchiammo e facemmo quei giochetti che a tutti piace fare in una vasca da bagno; ma non duro a lungo perche, proprio quando stavamo terminando d’insaponarci a vicenda con reciproca soddisfazione, il telefono del bagno ci distrasse.
— Oh, all’inferno! — si secco Nyla. — No, lascia che risponda io, Dom. — Li c’era un altro «e ovvio». E ovviamente lasciai che ci pensasse lei, perche a chiamare poteva essere qualcuno (il marito, il direttore artistico, un giornalista, un ammiratore giunto in possesso di quel numero riservato… o magari mia moglie!) che non avrebbe capito perche ero io a rispondere dal suo appartamento. O l’avrebbe capito benissimo. Ma entrambi sapevamo che la cosa non era probabile. Non era nessuno di costoro. Era invece chi immaginavo io, perche chi altro sarebbe stato ancora in un ufficio la domenica sera? Nyla mi porse il ricevitore con una smorfia; Jock non le piaceva troppo. O forse non le piaceva il fatto che lui sapesse di noi due. Le sue mani avevano lasciato uno strato di sapone sul ricevitore, che guizzo via dalle mie come un pesce. Lo agguantai per il filo e sbuffai: — Si, Jock?
Ci manco poco che la risposta di lui finisse sott’acqua, perche quel dannato oggetto mi scivolo fra le dita insaponate. — E per quella richiesta d’identificazione da Sandia — disse. — Veniva dalla Casa dei Gatti, senatore.
Erano telefonate del genere che potevano darmi dei guai, perche la Casa dei Gatti era un argomento di cui non solevamo parlare su una linea telefonica non controllata. — Si? — chiesi, secco.
— Hanno richiamato, senatore. Quest’individuo… gli hanno controllato le impronte, la foto d’identita, tutto quanto, anche l’impronta vocale. Adesso lo tengono in custodia. Sembra che costui affermi di essere voi. E, senatore… e quel che dicono anche loro.
Non c’erano molti voli da Washington ad Albuquerque la domenica notte, e nessuno di loro era diretto. Per un po’ mi chiesi se non sarei stato costretto a chiamare l’Air Force per avere un aiuto dai militari. Alla fine Jock riusci a procurarmi un posto su un volo della TWA, in partenza dal National alle nove in punto. Era un viaggio di quattro ore, attraverso due fusi orari, e per fortuna riuscii a dormire un poco fra Kansas City e Albuquerque. Li terminavano per me i trasporti civili, e cominciavano quelli forzatamente militari. Gli uomini del Dipartimento della Difesa che mi accolsero all’aeroporto avevano l’aria di chi non ha bisogno di dormire e disprezza farlo. Mi caricarono su un’auto dello Stato Maggiore e filammo via in autostrada, svoltando poi nel deserto fino all’ingresso della Base di Sandia. A guidare l’auto era una sottotenente del WAC, con la fascia della MP. Le guardie al cancello si limitarono a identificarla a vista. Non domandarono nessun documento, ma mentre proseguivamo vidi che a noi si accodava un furgone pieno di MP. Ci tenne dietro sulla strada che aggirava la Base, oltre la centrale a energia solare e la Zona Nucleare, fino all’Edificio A-440.
Ero gia stato nell’Edifico A-440. Si trattava di quello che chiamavamo la Casa dei Gatti. E il Re dei Gatti era un colonnello dell’esercito di nome Martineau. Fra una riunione e l’altra eravamo diventati abbastanza amici, percio ero stupito del fatto che non mi avesse chiamato lui personalmente. Si sarebbe trattato di una telefonata informale e del tutto lecita fra amici.